Dopo la maratona di 17 ore che si è svolta a Bruxelles nella notte tra domenica e lunedì, è stato trovato l’accordo tra Unione Europea e Grecia — qui nella versione PDF pubblicata dalla Commissione europea —.
Un voto favorevole da parte del Parlamento greco non basterà. La prosecuzione delle trattative all’Eurogruppo è vincolata alla decisione di altri sei parlamenti dell’Unione
Prima di approvare una nuova intesa su quello che sarebbe il terzo programma di aiuti per la Grecia, il contenuto dell’accordo dovrà essere approvato dal Parlamento greco. Ma anche un suo voto favorevole non basterà. La prosecuzione delle trattative all’Eurogruppo è vincolata alla decisione di altri sei parlamenti dell’Unione. Nel dettaglio, le assemblee coinvolte, quelle dei paesi che prevedono l’approvazione parlamentare delle decisioni dell’Eurogruppo, sono le seguenti: Francia, Germania, Slovacchia, Finlandia, Estonia e Lettonia.
L’infografica di Le Monde sui parlamenti europei che devono ratificare gli accordi dell’Eurogruppo
Altri quattro parlamenti potrebbero essere chiamati a votare sul nuovo accordo: Irlanda e Austria, i cui governi potrebbero decidere di passare dal parlamento, e quelli di Malta e Slovenia, i cui statuti prevedono il passaggio in parlamento soltanto nel caso in cui il nuovo programma di aiuti dovesse richiedere un aumento dei fondi messi a disposizione da ogni stato membro. Cosa che non è ancora chiara dal testo di accordo pubblicato dal Consiglio europeo. Le situazione dei sei stati membri dell’eurozona i cui parlamenti dovranno prendere una decisione cambia di caso in caso. Si va dalle “colombe”, come la Francia, uno degli unici due paesi, insieme all’Italia, che ancora dichiara di non accettare la Grexit come possibile soluzione. Fino ai “falchi”, quei paesi che vedono l’uscita della Grecia dall’Eurozona come una soluzione possibile, se non auspicabile.
Francia
Il partito di governo è il Partito Socialista del Presidente François Hollande, che nelle ultime ore si adoperato moltissimo per riuscire a raggiungere un accordo tra Grecia e UE che scongiurasse la Grexit. Parigi ha addirittura inviato in Grecia alcuni funzionari del ministero dell’Economia e delle Finanze per “aiutare” i greci a redigere la nuova proposta da discutere all’Eurogruopo. Il passaggio parlamentare sembra scontato per il sì.
Germania
Quello tedesco, presieduto dalla Cancelliera Angela Merkel, è un governo di coalizione tra il CDU-CSU. Il partito cristianodemocratico della Merkel e del ministro delle finanze Schauble — uno dei più grandi sostenitori della Grexit —, e l’SPD, il partito socialdemocratico di Sigmar Gabriel, vice cancelliere. Sebbene l’opinione pubblica sia molto divisa sulla questione degli aiuti alla Grecia, il fatto che la Merkel e Schauble siano stati tra i protagonisti del nuovo accordo, dovrebbe presupporre l’appoggio del loro partito e, quindi, del sì parlamentare.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Slovacchia
Il governo slovacco è di matrice socialdemocratica. Ciononostante, il ministro delle finanze Peter Kažimír, che ha partecipato per la Slovacchia all’Eurogruppo, ha spiegato: «Una scissione consensuale tra Atene e i suoi partner dell’Eurozona sarebbe meglio del permettere alla Grecia, o all’intero blocco monetario, di trasformarsi in uno stato “zombie”». L’ipotesi è dunque che il parlamento slovacco voti negativamente.
Finlandia
Il governo finlandese traballa. È sostenuto da una maggioranza formata dal partito conservatore e dalla formazione di estrema destra “Veri finlandesi”. Proprio quest’ultimo ha minacciato di togliere l’appoggio al governo in caso di nuovi aiuti alla Grecia. L’11 luglio il Parlamento aveva dato il mandato al ministro delle finanze Alexander Stubb di discutere della Grexit. Ora l’ipotesi più probabile sembra il voto negativo da parte del Parlamento.
Estonia
In carica dal 2014, quello estone è un governo di coalizione sostenuto dal partito di maggioranza, il Partito Riformatore Estone (centrodestra) e il Partito Socialdemocratico. Il primo ministro Tavi Rooivas, scrive su Linkiesta Stefano Grazioli, «ha lanciato via Twitter l’idea di tenere un referendum per vedere se gli estoni sono disposti ad aprire ancora il portafoglio per i greci vicini al collasso». Pare dunque probabile il voto negativo del Parlamento.
Lettonia
Il partito di governo lettone, Unity — VIENOTĪBA — in lituano, è un partito liberal conservatore, di matrice pro euro. Ciononostante, come scrive sempre Stefano Grazioli, Janis Reirs, il ministro delle finanze lituano, è stato in questi giorni tra i più critici dell’Eurogruppo. «Già nel 2012 la Lettonia si era dichiarata per un’uscita della Grecia dalla Moneta unica». Il voto parlamentare, quindi, sarà probabilmente negativo.
Non tutti i membri dell’Eurozona contano allo stesso modo, però. In base al meccanismo di funzionamento del Fondo Salva Stati (Esm), un accordo di salvataggio non ha bisogno del via libera all’unanimità da parte degli Stati. È sufficiente che l’accordo passi con più dell’85 per cento delle quote del fondo di salvataggio. I Paesi piccoli possono fare la voce grossa o votare contro, ma la parola definitiva spetta agli Stati maggiori. Germania, Francia, Italia e Spagna hanno da soli un peso complessivo del 76,8 per cento. Tra i Paesi che potrebbero votare contro la Finlandia pesa per l’1,78 per cento, la Slovacchia per lo 0,81 per cento, l’Estonia per lo 0,18 e la Lettonia per lo 0,27 per cento.