Smemorati, distratti, condizionati dall’allarme terrorismo, dalle stragi che si susseguono in Tunisia, tutti sembrano essersi dimenticati di lui. Di Abdel Majid Touil, il ventiduenne marocchino arrestato il 20 maggio a Gaggiano, nell’hinterland milanese. Quando è stato fermato dalla Digos, sembrava fosse stato preso su richiesta del governo di Tunisi – che aveva emesso un mandato di cattura internazionale – un pericolosissimo terrorista. Un membro della cellula jihadista, responsabile della strage del museo del Bardo, avvenuta il 18 marzo scorso. Sulla richiesta di arresto da parte delle autorità tunisine sono elencati numerosi capi di imputazione fra cui persino la sobillazione popolare.
Pochi giorni dopo il fermo, il 20 maggio scorso, però, il suo ruolo è stato ridimensionato sempre di più, fino al punto che, come ha fatto intendere fra le righe il pool dell’antiterrorismo della procura di Milano, forse si potrebbe trattare di un errore giudiziario, oppure di un caso di omonimia. Di uno sbaglio, insomma. Anche perché è stato dimostrato che lui, sbarcato a febbraio da un gommone a Porto Empedocle, si trovava in Italia quando è stata organizzata la strage al museo del Bardo. Precisamente a Gaggiano, dove aveva raggiunto la famiglia e iniziato a frequentare una scuola serale di alfabetizzazione per stranieri.
Forse si potrebbe trattare di un errore giudiziario, oppure di un caso di omonimia. Di uno sbaglio, insomma
Il 15 giugno è stata respinta la richiesta di scarcerazione da parte del suo avvocato, Silvia Fiorentino, che aveva chiesto gli arresti domiciliari perché secondo lei non esisterebbe alcun pericolo di fuga come si sostiene, invece, nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal tribunale di Milano per trattenerlo dopo l’arresto. In attesa di decidere sulla base delle informazioni richieste al governo tunisino se concedere l’estradizione o meno in Tunisia. Secondo il suo difensore non esiste alcun rischio di fuga perché la sua famiglia – mamma fratello e sorella – vivono e risiedono a Gaggiano con un regolare permesso di soggiorno, mentre lui, Abdel Majid Touil, avrebbe avuto un solo obiettivo: ricongiungersi con la famiglia in Italia. E invece è ancora in cella, in una sezione di massima sicurezza del carcere di Opera.
Sia come sia, il giovane marocchino che doveva essere uno degli attentatori, poi un armiere della cellula, poi un fiancheggiatore e poi forse più nulla, sta ancora in carcere
Linkiesta.it ha appreso la notizia che le carte richieste dalla procura generale di Milano al ministero dell’Interno di Tunisi per valutare le sue responsabilità sono arrivate a destinazione. Perciò nei prossimi giorni si potrà sapere se si tratta di un clamoroso errore giudiziario. Intanto lui dimagrisce, mangia poco, parla ancora meno, anche perché conosce poche parole di italiano. Ed è convinto di essere finito dentro un incubo kafkiano. Anche perché nel frattempo, mentre si sta decidendo se sia il caso di concedere o meno l’estradizione per rispedirlo a Tunisi, c’è stata un’altra strage, nel resort di Sousse. E quindi probabilmente i magistrati della Corte d’Appello, cui spetta la decisone sulla sua estradizione, non vogliono rischiare di scarcerare un cittadino marocchino sospettato di essere un terrorista.
Il suo avvocato ha chiesto alla procura generale di poter leggere le carte arrivate da Tunisi e la settimana prossima valuterà la prossima mossa. E a Linkiesta.it dichiara: «È difficile che Touil venga rimandato a Tunisi perché, secondo il nostro codice penale, l’estradizione non può essere concessa verso quei paesi in cui si violano i diritti umani, si commettono torture o si eseguono condanne a morte, ma il presidente della Repubblica della Tunisia ha sospeso le pene capitali e la situazione è piuttosto ambigua».
Il nodo da sciogliere per il giovane marocchino è quello del suo passaporto finito nelle mani dei terroristi. La madre ne ha denunciato la scomparsa in Italia probabilmente per aiutarlo ad avere un permesso di soggiorno, visto che il figlio è entrato in Italia illegalmente a bordo di un barcone proveniente dalla Libia. «Non l’ha venduto ai libici», sostiene il suo avvocato, che promette di svelare presto l’arcano. «Sto ricostruendo cosa è successo, ma sono sicura che Touil è arrivato in Italia senza documenti». Secondo gli esperti del flussi dell’immigrazione illegale, l’enigma del passaporto di Touil è facile da svelare. In Libia, prima di salire sui barconi o gommoni, i trafficanti rapinano chi fugge. I passaporti sono un “bottino di guerra”molto ambito.
Sia come sia, il giovane marocchino che doveva essere uno degli attentatori, poi un armiere della cellula, poi un fiancheggiatore e poi forse più nulla, sta ancora in carcere. Sicuramente pentito di aver preso quel gommone dalla Libia per venire in un paese democratico e cercare un lavoro. E invece per ora dell’Italia conosce solo la parte peggiore: le sue sovraffollate e poco civili galere.
Perciò i casi sono due: o si dimostra che Abdel Majid Touil è un pericoloso islamista oppure lo si scarcera e lo si risarcisce per ingiusta detenzione. Non si può tenerlo in galera solo per timore di suscitare l’ira dei giustizialisti. La lotta contro terrorismo islamico non può diventare una notte in cui tutte le vacche sono nere.