Formaggio o bufala? L’Ue non ci ha mai imposto il latte in polvere

Formaggio o bufala? L’Ue non ci ha mai imposto il latte in polvere

La Coldiretti ha pensato addirittura a un referendum. Sulla messa in mora dell’Italia da parte dell’Ue per il divieto d’uso del latte in polvere per produrre i formaggi, i toni sono allarmistici. “Ok a polvere di latte addio a 487 formaggi”, “Con polvere di latte a rischio l’export dei formaggi”, “No all’Ue del cibo falso, “No al formaggio senza latte”, “L’Ue ci impone il formaggio senza latte”. Ed è già partita una raccolta firme, da Sel a Fratelli d’Italia, per salvaguardare la “purezza” dei prodotti italiani. Il problema è una legge italiana del 1974, caso unico in Europa, che vieta l’uso del latte in polvere per la produzione di yogurt e formaggi. Ma davvero la Ue ci impone il “formaggio senza latte”? E perché improvvisamente ce la prendiamo con il latte in polvere?

Ma davvero l’Ue ci impone il “formaggio senza latte”? E perché improvvisamente ce la prendiamo con il latte in polvere?

Come ricorda il Fatto Alimentare, la storia comincia quando l’europarlamentare leghista Oreste Rossi nel 2013 presenta un’interrogazione alla Commissione europea sulla legge italiana del 1974 che vieta la detenzione, la commercializzazione e l’utilizzo del latte in polvere e di latte conservato con qualunque trattamento chimico per la produzione di latte UHT, formaggi, yogurt e mozzarelle. Rossi sostiene che la normativa crei un danno economico e competitivo alle aziende produttrici di yogurt, obbligate a trasportare una quantità di latte maggiore di quella di cui avrebbero bisogno.

A fine maggio la Commissione europea invia al governo italiano una lettera di costituzione in mora in cui dice che la legge del 1974 viola il principio della libera concorrenza all’interno dell’Ue e chiede di eliminare la norma. Nessuna imposizione per la produzione di formaggi e mozzarelle con il latte in polvere. Si chiede solo che, chi vuole, possa farlo. Come già si fa in Belgio e Francia. Potranno esserci ricotte e pecorini con il latte in polvere. Ma i produttori che vorranno potranno continuare a lavorare come hanno fatto finora. Senza dimenticare che i formaggi Dop e Igp, dal parmigiano reggiano alla mozzarella di bufala, hanno disciplinari di produzione specifici e non sarebbero interessati. Basterà indicare in etichetta quali formaggi sono prodotti con il latte in polvere e quali no: sarà il consumatore a scegliere, come già avviene con migliaia di prodotti di qualità diversa.

La realtà, insomma, sembra diversa da quella dipinta da Coldiretti, che dal canto suo non fa altro che difendere la categoria. «Per ogni centomila quintali di latte in polvere importato in più», scrivono, «scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati nell’agricoltura». E con la categoria si è schierato anche il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, che in teoria ha tempo fino a fine luglio per mettersi in regola prima che scatti l’ennesima procedura di infrazione per l’Italia. 

Potranno esserci ricotte e pecorini con il latte in polvere, ma i produttori potranno continuare a lavorare come hanno fatto finora. Senza dimenticare che i formaggi Dop e Igp hanno disciplinari di produzione specifici e non sarebbero interessati

Ma cos’ha il latte in polvere che non va? La polvere di latte è già presente in molto di quello che mangiamo. A parte il latte artificiale per bambini, lo troviamo già in snack, gelati, merendine, yougurt e formaggi (non prodotti in Italia). Prendiamo la Kinder Fetta al latte. Tra gli ingredienti figura il “latte scremato in polvere”. O ancora il Cornetto Algida, fatto anch’esso con latte scremato reidratato e latte scremato in polvere. Pure diversi yogurt stranieri che mangiamo sono prodotti con l’aggiunta del latte artificiale. Ora, se qualcuno vuole il gelato o lo yogurt con il “latte latte”, andrà in una gelateria artigianale a comprarlo o sceglierà quello nel reparto surgelati fatto solo con latte fresco. Perché la stessa cosa non può accadere con la fontina italiana? Basta scriverlo sull’etichetta. Oggi non è obbligatorio scrivere sul vasetto dello yogurt se è prodotto con il latte liquido o il latte in polvere. Se ci fosse l’obbligo, il consumatore potrebbe scegliere. 

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MESSAGGIO PROMOZIONALE

Il latte in polvere è il derivato del latte più prodotto e commercializzato, con la Nuova Zelanda in testa come produttore, che da sola esporta in media quasi quattro volte l’intera Europa. E con la diffusione delle allergie alimentari e delle scelte vegane, è sempre più diffusa anche la variante di soia. Ma produrre il formaggio interamente con il latte in polvere risulta difficile (anche se non impossibile) e poco conveniente. La cagliatura non riuscirebbe bene e verrebbe un prodotto informe, brutto da vedere e dal sapore non troppo gradevole. Il latte in polvere oggi viene per lo più aggiunto dalle aziende al latte liquido per standardizzare la composizione di grassi e proteine del latte degli animali, che varia durante l’arco dell’anno in base alle stagioni. 

Niente di cui scandalizzarsi. Accade già per molti prodotti lattiero-caseari che mangiamo, come per molti altri cibi. Sugli scaffali del supermercato ci sono succhi con frutta vera e quelli con concentrato di frutta disidratato. E si può, per giunta, scegliere anche tra diverse concentrazioni di frutta. Molti marchi si fanno concorrenza su questo (stessa cosa si potrebbe fare con i formaggi). Anche i tè freddi in bottiglia nella maggior parte dei casi sono fatti con la polverina di tè liofilizzato e non con le foglie. O prendiamo i surimi, i bastoncini di pesce arancioni: sono un tritato di merluzzo, sgombro, carpe, fecola di patate e altre farine, che in totale contiene circa il 30-40% di pesce. Se si vuole il pesce vero, si va al reparto accanto, o in pescheria. Alla fine a decidere è il consumatore.

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