IotaI Laibach, la prima band occidentale a suonare in Corea del Nord

I Laibach, la prima band occidentale a suonare in Corea del Nord

Gli sloveni Laibach saranno la prima band occidentale a esibirsi in Corea del Nord, in due concerti, il 19 e 20 agosto, previsti per celebrare i 70 anni d’indipendenza del Paese dal Giappone. Un evento importante, per una band che ha fatto dell’analisi del legame tra “totalitarismo e arte” la sua ragion d’essere. E che per questo è stata spesso al centro di vibranti polemiche.

Nel marzo del 1989, a Belgrado, in un frangente in cui il nazionalismo in Serbia e le spinte secessioniste delle repubbliche federate stavano per portare la Jugoslavia socialista sull’orlo della guerra, i Laibach presero la rischiosa decisione d’inserire all’interno di un proprio concerto un comizio politico dai toni estremamente provocatori. Pronunciato intervallando tedesco e serbo, il discorso parodiava il tipo di retorica che in quel momento veniva usata da leader come Slobodan Milošević.

«Fratelli Serbi! Voi qui rappresentate l’alfa e l’omega», scandì il cantante del gruppo, Milan Fras: «Non lasceremo che vi stuprino! Le vostre città sante rimarranno sante. Sveti Sava [uno dei principali santi e protettori dell’ortodossia serba, ndR] dice che questa terra deve essere serba!». Il discorso, che rielaborava una delle dichiarazioni più famose di Milošević («non permetteremo che i Serbi vengano picchiati») si concludeva citando una frase del primo ministro inglese Neville Chamberlain, che negli anni trenta era stato uno dei principali sostenitori della politica di appeasement nei confronti di Adolf Hitler: «garantiremo i vostri confini, e questo significherà la pace del nostro tempo!».

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Non era la prima volta che i Laibach si esponevano in prima persona e in modo così dirompente sulla scena politica jugoslava. Il loro nome (Laibach è, in effetti, la denominazione che la capitale slovena Ljubljana assunse durante il periodo dell’occupazione nazista) e l’estetica da essi adottata (un mix di uniformi militari e simboli pseudofascisti) avevano immediatamente attirato loro la diffidenza, quando non anche l’aperta ostilità delle autorità della Jugoslavia socialista, che li avevano etichettati come “nemici del popolo”.

Nel 1987 i Laibach si erano trovati al centro di un enorme scandalo

Solo qualche anno prima del proprio comizio belgradese, nel 1987, i componenti della band si erano trovati al centro di un enorme scandalo a causa di un poster realizzato per celebrare il Dan Mladosti, la giornata della gioventù che in Jugoslavia festeggiava, ogni 25 maggio, la nascita di Tito.

Il leader era morto nel 1980, ma in un Paese a corto di simboli comuni e ormai avviato verso la propria dissoluzione la festa per il suo compleanno, una sorta di grande coreografia comune cui partecipavano i giovani di tutta la Jugoslavia, continuava ad essere celebrata.

Per realizzare il manifesto dell’edizione del 1987, che sarebbe stata anche l’ultima, il collettivo Neue Slowenische Kunst (“Nuova arte slovena”, NSK, di cui i Laibach sono tra gli esponenti più importanti) propose in modo provocatorio un manifesto nazista, in cui al posto della bandiera del Terzo Reich sventolava quella jugoslava.

Circostanza quasi grottesca, il comitato incaricato di scegliere il vincitore tra i manifesti proposti si accorse della propria gaffe soltanto dopo avere selezionato quello della NSK. Nella caccia alle streghe che ne seguì, i membri del collettivo rischiarono addirittura il carcere.

Da Trbovlje a Pyongyang

«Siamo fascisti nella stessa misura in cui Adolf Hitler fu pittore», è una delle loro dichiarazioni più famose e controverse

Fondati nel 1981 nella piccola cittadina operaia di Trbovlje, situata a una ventina di chilometri dalla capitale slovena, per oltre un trentennio i Laibach hanno fatto della provocazione un’arte. Considerati tra i pionieri del genere industrial, hanno raggiunto la fama internazionale (sono tra i gruppi dell’ex Jugoslavia di maggior successo al di fuori del paese d’origine) oltre che per il loro gusto estetico, da loro stessi definito “retroguardistico”, anche per avere stravolto dei grandi classici del pop e del rock mondiale (tra cui “Sympathy for the Devil” dei Rolling Stones, “One Vision” dei Queen, “Across the universe” dei Beatles e – soprattutto – “Life is Life” degli Opus, pezzo che più di ogni altro contribuì a renderli celebri negli anni Ottanta) trasformandoli in ideali inni totalitaristi.

Una questione estetica, soprattutto, che però vorrebbe anche rappresentare una riflessione sul ruolo che lega potere e arte. Spesso confondendo i piani tra parodia e convinzione sincera, tra allegoria e adesione reale a un messaggio politico. «Siamo fascisti nella stessa misura in cui Adolf Hitler fu pittore», è una delle loro dichiarazioni più famose e controverse, la quale porta, in ultima analisi, a esplorare il legame che esiste tra ideale artistico e totalitarismo.

Da Trbovlje, i Laibach presto si ritroveranno a Pyongyang. Il governo della Corea del Nord ha infatti deciso di invitare il gruppo sloveno a esibirsi in due date, di fronte a una platea piuttosto ristretta (di circa mille persone) in un conservatorio della capitale. I due concerti avranno luogo il 19 e il 20 agosto prossimi, per commemorare i settant’anni dalla liberazione del Paese dal Giappone.

I due concerti avranno luogo il 19 e il 20 agosto, per commemorare i 70 anni dalla liberazione del Paese dal Giappone

La band diventerà così il primo complesso occidentale a esibirsi nella Repubblica Democratica Popolare di Corea. Non che questo crei particolari problemi ideologici ai membri del gruppo, che anzi hanno assicurato la propria intenzione di «comportarsi da ospiti rispettosi, proponendo un repertorio adatto alla sensibilità locale», nel quale si alterneranno classici del repertorio dei Laibach, canzoni popolari coreane e brani tratti dalla commedia musicale Tutti insieme appassionatamente.

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MESSAGGIO PROMOZIONALE

«Noi riteniamo che la Corea del Nord sia un po’ la Amy Winehouse della comunità internazionale», hanno dichiarato recentemente alla BBC. «Da una parte, Pyongyang è vittima della propria propaganda interna; dall’altra, i media internazionali se ne occupano soltanto per descrivere gli aspetti più scabrosi della sua quotidianità. Anche se si critica spesso la sua politica, la Corea del Nord non è assolutamente l’unico esempio di governo autoritario esistente, e ce ne sono anzi molti altri con i quali l’Occidente intrattiene rapporti più che cordiali, come nel caso dell’Arabia Saudita. La repressione, la limitazione della libertà esiste ovunque nel mondo. Anche in Europa, nonostante ci piaccia pensare il contrario».

Al di là di qualche polemica, legata più che altro all’immagine della band, la notizia dell’esibizione dei Laibach a Pyongyang ha riscosso opinioni favorevoli anche tra gli attivisti e tra chi si oppone all’autoritarismo di Kim Jong-Un: «Sono nato in Romania, durante il periodo socialista. Allora il mio Paese aveva molto in comune con l’attuale Corea del Nord», ha scritto il Direttore del Comitato per i Diritti Umani in Corea del Nord, Gregory Scarlatoiu. «Gli anni Ottanta erano oppressivi e bui per noi, ma i teenager rumeni adoravano gli Scorpions, i Metallica, i Led Zeppelin o i Pink Floyd. E la scena rock locale ebbe un’importanza di primo piano, nel far cadere il regime. Molte band come i Laibach sono accusate per i loro messaggi controversi, ma questo importa poco nelle circostanze attuali».

Quello che importa è, per Scarlatoiu, «che la gioventù nord-coreana potrà avere un assaggio di musica occidentale. I Laibach non saranno gli Scorpions, certo, ma cerchiamo di seguire con interesse questo avvenimento, e vediamo come andrà a finire».

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