Portineria MilanoIl Pd non capisce, altri schiaffi dai grillini: «Non siamo comprabili»

Il Pd non capisce, altri schiaffi dai grillini: «Non siamo comprabili»

Porte in faccia. Prese per i fondelli. Due di picche a raffica. Il Partito Democratico continua a sbattere contro il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo. Ormai c’è materiale per un romanzo Harmony per raccontare quante volte i democratici hanno cercato di avvicinare i grillini e coinvolgerli nei loro progetti politici. Dal governo insieme, vedi alla voce Pier Luigi Bersani nel 2013, fino alle giunte, ultimo è il caso di Michele Emiliano, passando per gli sterili tentativi di accordi elettorali, basti pensare all’ultimo ballottaggio a Venezia con la sconfitta di Felice Casson, un senatore neppure tanto vicino a Matteo Renzi. Niente di niente. Nulla su nulla. L’ex magistrato di Venezia non è stato l’unico a tentare un accordo elettorale durante le ultime amministrative: i risultati sono facilmente intuibili. Beppe Grillo, leader lontano dall’apparato, ha sempre dato la linea dell’autarchia, nel senso politico del termine. Così è stato. Non è cambiato mai niente. L’identità è quella. E, a differenza dei Radicali che spesso hanno cambiato casacca nel corso delle legislature, è ormai evidente che coinvolgere i grillini è impraticabile.

C’è ormai materiale per un romanzo Harmony per raccontare quante volte i democratici hanno cercato di avvicinare i grillini e coinvolgerli nei loro progetti politici

D’altra parte, ci fu una sterile apertura nel giugno dell’anno scorso, sulla legge elettorale, da parte dell’ex comico e del guru Gianroberto Casaleggio, ma anche quella è rimasta lettera morta. Anzi, pochi mesi fa il nome di Renzi è stato bandito dal blog di Grillo, dopo che il segretario si è beccato insulti di ogni tipo. E così si va avanti da anni, senza un risultato. Correva l’anno 2013, giorno 27 marzo. Il premier incaricato Bersani va in diretta streaming a parlare con Roberta Lombardi e Vito Crimi, all’epoca capogruppo di Camera e Senato. Ne esce malconcio, con la deputata pentastellata che dice che le pare di «stare a Ballarò». Su quell’incontro si è discusso a lungo, anche perché fu la pietra tombale del tentativo dell’ex segretario del Pd di costruire un governo. Due anni dopo Grillo spiegò che a Bersani interessavano solo i voti in Parlamento e che un esecutivo insieme non era nemmeno contemplato. 

Di acqua ne è passata sotto i ponti. Persino Enrico Letta da presidente del Consiglio auspicava di «scongelare» i grillini. Anche l’ex presidente del Consiglio, poi silurato da Renzi, incontrò i fedeli del grillismo in streaming. Pure in questo caso si scatenarono discussioni infinite su chi ne fosse uscito vincitore e chi no. Sta di fatto che al momento Letta jr si trova a Parigi, mentre i grillini sono ancora lì a presidiare le istituzioni forti di uno zoccolo elettorale che non sembra volerli mollare.

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MESSAGGIO PROMOZIONALE

Altro giro, stessi risultati. Che dire di Giuseppe Pippo Civati, da sempre assiduo frequentatore dei pentastellati, ma più volte mandato a quel paese dagli stessi. «Non sei credibile». Nel dicembre dell’anno scorso Ignazio Marino, sindaco di Roma, dopo l’ondata di arresti per Mafia Capitale escogitò l’ennesima giunta con qualche assessore M5s: ci aveva provato già a inizio mandato. La proposta era di Francesco Rutelli, ex sindaco, «per una giunta di salute pubblica». Ne nacque una bagarre con il risultato finale di una mozione di sfiducia da parte degli stessi grillini contro il primo cittadino romano. Grillo lanciò persino l’iniziativa Occupy Campidoglio, tra insulti e paragoni con il Cecato Massimo Carminati. Peggio di così non poteva proprio andare. Che dire dell’ultimo tentativo di Casson a Venezia per recuperare i voti dei cinque stelle al ballottaggio contro Luigi Brugnaro. Peggio che andar di notte. A vincere è stato il berlusconiano, dopo vent’anni di governo di centrosinistra in laguna. 

Che dire dell’ultimo tentativo di Casson a Venezia per recuperare i voti dei cinque stelle al ballottaggio contro Luigi Brugnaro. Peggio che andar di notte. A vincere è stato il berlusconiano

Ma il Pd non sembra voler imparare la lezione. Come un uomo che non si ostina a mollare la sua amante, incassando due di picche in serie. Emiliano, magistrato e nuovo governatore della Puglia, ha provato con un blitz a nominarne tre nella nuova giunta, «a loro insaputa». Il risultato è stato tragico. Le tre prescelte erano tutte consigliere regionali: Rosa Barone all’Agricoltura, Viviana Guadini alle Risorse umane e Antonella Laricchia all’Ambiente. Quest’ultima era anche candidata alla presidenza della Regione ed è giunta seconda alle scorse elezioni regionali. I Cinque Stelle hanno ribadito di non essere disponibili: «Abbiamo ricevuto sempre rifiuti alle nostre proposte di collaborazione. Questo è il tempo per il lavoro serio, non abbiamo intenzione di vendere il nostro silenzio in cambio di poltrone e piuttosto attendiamo lui, il suo partito e le sue sedicenti aperture al M5S alla prova dei voti quando si tratterà di votare gli incarichi di garanzia e di controllo per le quali abbiamo già dato la nostra disponibilità: Presidenza del Consiglio Regionale e Presidenza delle Commissioni Ambiente e Bilancio». Insomma bene non è andata. Neppure questa volta. Anzi lo hanno definito un satanasso, accusandolo di stalking. Come nelle peggiori storie d’amore finito. O meglio, mai iniziato.