Nonostante si faccia prendere in giro con facilità nelle pubblicità del caffè, George Clooney è, per l’Italia (e in particolare per la Brianza) un affare molto serio. Si calcola (almeno secondo una stima dell’Ufficio Studi della Camera di Commercio di Monza e Brianza) che se l’attore americano decidesse di vendere la villa e lasciare Laglio (Como), tutta l’area perderebbe, con lui, 130 milioni di euro. Possibile? Sparate?
Secondo la stima, dentro a questo cifrone ci sarebbe una parte di indotto (in che senso? Fan e turisti che comprano caffè e brioche mentre stanno appostati ad aspettare di vedere Clooney?). E anche, soprattutto, una molto meno tangibile questione di branding. Se Lui se ne andasse, tutta la zona si troverebbe priva dell’associazione concettuale Clooney-Laglio, che a quanto pare è molto redditizia. No Clooney, no party, insomma. Si tratta di “reputazione” del territorio, che coinvolge non solo il Lago ma tutti i paesi limitrofi. Aiuta a renderli più “conoscibili” ai turisti e anche agli operatori economici (“Ah sì, il lago di Como. Dove c’è Clooney”, potrebbe dire un imprenditore kazako. Come, per dire, “Ah, Roma. Dove c’è il Papa”). Clooney, insomma, è essenziale. Fondamentale, altro che ristretto.
Parlando invece in termini più concreti, e scendendo dall’astratto e ideale concetto di brand per finire sul solido elemento del denaro, si vede che il Lago ha sempre una sua attrattiva per i turisti. Gli arrivi, dicono i numeri, sono superiori a quelli degli altri territori lombardi (non ci vuole tanto). Il 57,2% in più per gli arrivi e il 64,1% in più per le presenze. Alberghi e strutture simili ne sono felici.
Per cui, tra scatti rubati alle feste e mai pubblicati su Chi, viaggi in moto con la Canalis, matrimoni spettacolari a Venezia, il vecchio George è una delle risorse su cui può contare l’Italia per uscire dalla crisi. Guarda un po’ come siamo messi.