«La Grexit? Una catastrofe, andrebbero al potere le forze antidemocratiche»

L’intervista

Il giorno dopo la vittoria del No al referendum greco, la partita per tenere Atene nell’euro diventa più complessa. Ma le dimissioni di Yanis Varoufakis, arrivate a sorpresa questa mattina, potrebbero giocare un ruolo chiave. Fabian Zuleeg del think tank dello European Policy Center le considera «un atto a favore della ripresa dei negoziati». Oltre alla permanenza di Atene nell’euro, in gioco c’è la stabilità politica europea, e non soltanto quella dell’Eurozona. 

Una domanda molto semplice: e ora? 
La situazione è molto incerta. Sicuramente la Grexit avrebbe dei costi sociali, finanziari e soprattutto politici molto alti per la Grecia e per l’intera Euroozona. Per questo credo sia necessario cercare un compromesso, che vada bene a entrambe le parti. 

Cosa possiamo aspettarci dall’Eurogruppo di domani? Cosa avrà di diverso rispetto agli incontri tra i ministri delle finanze che si sono succeduti negli ultimi venti giorni? 
L’Eurogruppo deve iniziare a lavorare in modo costruttivo con il Governo greco, si deve cercare una soluzione. Entrambe le parti devono capire che l’unica strada è un compromesso. E alcuni dei cambiamenti tra i negoziatori greci potrebbero facilitare le cose.

Si riferisce alle dimissioni di Yanis Varoufakis? Che significato hanno? 

Sono il segnale che il Governo greco è alla ricerca di una relazione costruttiva con i creditori europei. Ma è soltanto un primo passo. 

«La Grexit sarebbe una catastrofe per la Grecia. Condurebbe il Paese verso un collasso economico, sociale e finanziario. Il Paese vivrebbe una destabilizzazione pericolosa anche a livello geopolitico, con conseguenze serie per l’intera regione»

Ma in caso di un fallimento delle trattative, l’unico scenario possibile resta la Grexit. Qual è il costo dell’uscita di Atene dall’eurozona? 

La Grexit sarebbe una catastrofe per la Grecia. Condurebbe il Paese verso un collasso economico, sociale e finanziario. Il Paese vivrebbe una destabilizzazione pericolosa anche a livello geopolitico, con conseguenze serie per l’intera regione. Sono soprattutto i risvolti politici di lungo termine che preoccupano l’Eurozona, uniti ai costi che anche quest’ultima dovrebbe affrontare in un primo tempo a causa del default di Atene. Una Grecia destabilizzata, segnata da un’altissima inflazione e dal potenziale arrivo al governo di formazioni antidemocratiche renderebbe impossibile il proseguimento della collaborazione. Difficile anche la permanenza nell’Ue. Ma è uno scenario che mette a repentaglio l’intero progetto d’integrazione europea, creato proprio per evitare scenari di questo tipo.

MESSAGGIO PROMOZIONALE

Qualunque saranno le conseguenze, però, possiamo già dirlo: la storia comunitaria sarà segnata dal referendum greco. Qual è il valore della giornata di ieri in Paesi come Spagna o Italia, dove esistono movimenti che hanno supportato la scelta di Alexis Tsipras?  

Diciamo che l’impatto del referendum sul resto dei Paesi europei dipenderà in larga misura da quanto accadrà nelle prossime ore. Se la Grecia dovesse ottenere un accordo ragionevole, un compromesso accettabile per il popolo, sicuramente sarà vista come esempio anche negli altri Paesi colpiti dalla crisi e dalle misure di austerità. Ed è proprio questo lo scenario che oggi preoccupa i grandi partiti tradizionali. 

Se la Grecia dovesse ottenere un accordo ragionevole, un compromesso accettabile per il popolo, sicuramente sarà vista come esempio anche negli altri Paesi colpiti dalla crisi e dalle misure di austerità. Ed è proprio questo lo scenario che preoccupa i grandi partiti tradizionali

E quale impatto ha il referendum su un Paese come il Regno Unito, che pure sta lavorando alla preparazione di un’altra consultazione pubblica: quella sulla permanenza nell’Ue o la sua uscita, sempre che prima non arrivino le riforme richieste da Cameron? 

L’interesse di David Cameron è mantenere il Paese nell’Unione europea, per questo starà molto attento a non fare richieste impossibili agli altri Paesi. Però la presenza di ulteriori agitazioni nell’area euro renderanno l’Unione sempre meno in grado di attrarre gli altri Paesi. E questo potrebbe avere degli effetti sugli elettori, influenzandoli negativamente. 

Ma qual è lo scenario che si apre oggi in Europa? È la fine dello status quo difeso da Bruxelles e Berlino? 

Viviamo già in un’Europa caratterizzata da mancanza di fiducia e forte frammentazione. Dobbiamo ammettere che le diverse crisi che l’Ue attraversa, dalla Grecia alla Russia ai migranti, creano dei seri problemi al principio di integrazione comunitaria. È giunto il momento di riformare l’Europa, ma anche di lottare per vederla esistere ancora e assicurarci di non tornare ai 28 Stati nazionali che, come la storia ha mostrato, hanno prodotto scenari altamente negativi.