Il suo arresto era nell’aria da almeno un paio d’anni. Alla fine lo scorso 29 luglio sono arrivate le manette per Mauro Balini, ras del porto turistico e nipote di Vittorio, uomo che ha fatto fortuna sui diritti tv e affari con Silvio Berlusconi. Per gli inquirenti, che lo mettono nero su bianco nell’ordinanza che ha portato all’arresto di Balini e altre quattro persone, sarebbe “il gestore delle attività economiche e finanziarie facenti capo ad una delle strutture criminali insediate nel territorio di Ostia”. Sempre per citare il giudice per le indagini preliminari Maria Grazia Giammarinaro, Mauro Balini è “il terminale apparentemente legale degli interessi criminali”. Così arriva l’arresto e il sequestro di beni per oltre 400 milioni di euro.
I pm su Balini: “il gestore delle attività economiche e finanziarie facenti capo ad una delle strutture criminali insediate nel territorio di Ostia”
Le accuse nei suoi confronti sono di associazione per delinquere finalizzata alla spoliazione della società A.T.I. (Attività Turistiche Imprenditoriali), che in quel di Ostia significa soprattutto porto turistico. Con Balini sono finiti in manette anche Massimo Amicucci, amministratore unico del Porto di Roma, Edoardo Sodano, amministratore unico della Porto di Roma immobiliare e Sergio Capograssi, uomo di uno dei gruppi finanziari riconducibili a Balini. Le indagini della Guardia di Finanza hanno preso il via nel 2012 dopo la denuncia di una banca tedesca che vantava un credito di 25 milioni di euro mai rimborsati. Oltre all’associazione a delinquere sono contestati a Balini anche il trasferimento fraudolento di valori, per aver intestato a società apparentemente terze, il prestigioso attico sul litorale ostiense in cui vive.
MESSAGGIO PROMOZIONALE
Esattamente però, a quale struttura criminale di Ostia si lega Balini, stando alle indagini degli inquirenti? Già nel 2013 il patron del porto turistico di Roma compariva tra le pieghe dell’indagine Nuova Alba, che ha coinvolto i fratelli Vito e Vincenzo Triassi, ritenuti luogotenenti nel litorale romano della famiglia di cosa nostra Caruana Cuntrera, tra i più grandi trafficanti di droga del secolo scorso.
I siciliani, attraverso i Triassi fanno affari sul litorale romano in silenzio tra concessioni balneari facilitate dai contatti nella pubblica amministrazione, legami con i colletti bianchi e affari apparentemente leciti con personaggi e business considerati “presentabili”. I rapporti di potere cambiano, e Vito Triassi viene gambizzato da un gruppo di fuoco del clan Fasciani nel 2007. Durante l’inchiesta si scoprirà che lo stesso Balini da presidente del porto mantiene la famiglia di uno dei componenti del gruppo di fuoco dei Fasciani. Circostanza sottolineata dagli inquirenti nell’ordinanza del 29 luglio in cui si riportano gli incontri di Balini con la moglie di Roberto Giordani, uno dei due componenti del commando che gambizzò Vito Triassi arrestato nel maggio del 2010.
Eventi che attirarono anche l’attenzione della Direzione Nazionale Antimafia la quale nel 2013, riporta le minacce subite da Balini nell’ambito delle dinamiche criminali sul litorale. Le minacce a Balini, scrive la Dna «come altri episodi criminali, erano finalizzate ad un riposizionamento delle gerarchie criminali in Ostia» Nell’operazione Nuova Alba il nome di Balini, non indagato in quella occasione, ricorreva spesso. Tanto spesso che gli inquirenti scriveranno “è stato possibile avere conferma dell’esistenza di un ambiente economico-finanziario inquietante, all’interno del quale agivano appartenenti alla criminalità organizzata interessati ai rilevanti movimenti di capitali e ai grossi investimenti che si stavano realizzando nel territorio di Ostia Lido. Ed è apparso evidente che il Presidente Balini fosse in interessenze inquietanti con ambienti malavitosi”. Nella stessa operazione emergevano i rapporti con il narcotrafficante legato ai Cuntrera Caruana Cleto di Maria.
Gli inquirenti monitorano anche due agganci politici pesanti di Balini: prima le pressioni su Francesco D’Ausilio, capogruppo del Pd al Comune di Roma, dopo lo stop per l’ampliamento del porto, e poi il filo diretto con il capo gabinetto dell’ex sindaco Gianni Alemanno, Antonio Lucarelli sempre sullo stesso tema. In una mail inviata a D’Ausilio si legge: “Non ho parole, il porto, non ha parole, i dipendenti, coloro che hanno comprato un’unità da noi, i commercianti, sono tutti incazz… come bestie perché capiscono che questo ultimo attacco gravissimo delle istituzioni a noi è completamente falso”.
“La Regione sta facendo carte false per metterci in difficoltà, sia il governatore Zingaretti che il sindaco Marino non si degnano di difendere il porto dai denigratori”. Balini è pronto a denunciare stampa e istituzioni, l’autorizzazione per l’ampliamento arriverà, ma dal Campidoglio ci tengono a far sapere che «Il sindaco di Roma Ignazio Marino non ha ricevuto mai pressioni a proposito del Porto di Ostia, men che mai da Francesco D’Ausilio. Nell’ottobre del 2013 gli uffici capitolini sbloccarono i lavori di ampliamento (decisi con delibere dalle precedenti amministrazioni e dai precedenti consigli comunali e dall’amministrazione Regionale) sopravvenuta la decorrenza dei termini di legge per la presentazione di eventuali ricorsi contro l’avvio dei lavori, come richiesto dalle normali procedure amministrative».
Lo zio Vittorio che faceva affari con Silvio Berlusconi e Vittorio Cecchi Gori con le prima soap opera americane
Lo zio Vittorio che faceva affari con Silvio Berlusconi e Vittorio Cecchi Gori con le prima soap opera americane, come Dinasty o Dallas, glielo aveva detto: «Così rischi il nome della famiglia». Ma Mauro, ostiense doc e vip, non ci aveva dato peso. Aveva fatto di testa sua. E in quel litorale dove fu ucciso l’intellettuale Pierpaolo Pasolini nel 1975, finito pure nelle carte di Mafia Capitale, presidiato da mesi dall’assessore alla Legalità Alfonso Sabella – uno che per quei viali gira con la pistola – era quasi scontato che dovesse imbattersi con la criminalità organizzata.
Eppure dalla metà degli anni ’90, quando gli venne in mente un progetto che neppure gli antichi romani erano riusciti a realizzare, Balini di strada ne ha fatta molta. Tra la fine degli anni ’90, quando posò la prima pietra, fino all’inizio del nuovo millennio, il progetto di questa struttura che si staglia su una superficie di circa 22 ettari e dispone di 840 posti barca per lunghezze comprese fra gli 8 e i 60 metri ha ricevuto gli elogi delle giunte di centrosinistra, come quella del comune di Walter Veltroni e di centrodestra, di Francesco Storace in regione. Costò all’inizio 120 miliardi di vecchie lire. L’euro non c’era ancora.
Ci sono i video che ricordano ancora adesso il taglio del nastro nel 2001, con un Veltroni entusiasta: «Ricchezza per Ostia e anche opportunità per Roma, città di mare», spiegava l’allora primo cittadino. Yacht di lusso, negozi, i calciatori della Roma Vincenzo Montella e Marco Delvecchio ci avevano pure investito un po’ di soldi. Ma le cose hanno iniziato a incrinarsi da subito. Nemmeno quattro anni dopo l’inaugurazione del porto sono iniziati i problemi. Lo dicono i magistrati che ne hanno chiesto l’arresto, spiegando che «il disegno criminale nasce nel 2005, quando Balini si precostituì un ingente credito nei confronti della Ati per oltre 28 milioni di euro, simulando, tra l’altro, l’accollo meramente contabile di un debito in capo alla fallita originato dalla ricezione di false fatture emesse da società riconducibili a suoi fedeli sodali».
La giustificazione era “restituzione finanziamento soci”. In realtà Balini aveva «potuto prelevare ingenti somme dalle casse aziendali nonché distrarre beni immobili dal patrimonio sociale in favore di altre imprese a lui riconducibili». Nel 2008, in perfetta sintonia con il piano criminale in atto, «la Porto Turistico di Roma S.r.l. interamente posseduta da Balini – aveva ottenuto, dalla A.T.I. S.p.a., la voltura della concessione sull’intera infrastruttura portuale, ed era, così, subentrata nella possibilità di realizzare l’ampliamento del porto, poi autorizzato nell’agosto 2013, incassandone i conseguenti ingenti profitti».