La villa poco fuori Saint Peter Port, capoluogo dell’isola di Guernsey, ha l’aspetto delle grandi ville in stile coloniale e i mattoni rossi delle council house. Sul citofono è stato appiccicato un pezzo di scotch-carta. Il nome, così comune nelle Isole del Canale e così poco comune nel resto della Gran Bretagna, è stato scritto da una mano incerta, forse di fretta: Le Tissier. Per gli abitanti dell’Hampshire, a molte miglia marittime di distanza, semplicemente Le God.
Sulla porta, in boxer e pantaloncini corti coperti da una vestaglia di flanella, Matt Le Tissier fissa il vuoto davanti a casa sua con un Coca e Rum in mano. Dietro di lui la troupe sta smontando gli ultimi attrezzi del piccolo set utilizzato per l’intervista. Distante dal giornalista intento a farsi struccare in cucina, Matt pensa che il terzo cocktail se l’è meritato quando quell’idiota gli ha chiesto per l’ennesima volta perché avesse rifiutato il Tottenham. E di nuovo quando ha insinuato che la sua condizione fisica, mai ottimale, fosse dovuta a uno smodato consumo di birra. Avrebbe voluto rispondergli “birra un cazzo, ti sembro Sheringham? Malibu e Coca”. E invece gli ha sorriso, perché alla fine lui è Le Tissier, Le God, il gigante buono. Con gentilezza, ha chiarito di non essersi mai interessato alle pinte di lager. Malibu e Coca. Malibu e Coca.
L’intervista gli ha lasciato un po’ d’amaro in bocca. Alla fine lui amava il rosso e il bianco del Southampton e quel soprannome, i Saints. E poi gli piaceva l’Hampshire, che ci poteva fare? Anche se Southampton non sembra il massimo, l’importante è conoscerne gli angoli segreti. Forse è il porto, forse l’inevitabile riferimento al Titanic, forse la lunga fila per il sussidio di persone perennemente in tuta da ginnastica. Sta di fatto che nessuno vuole rimanere a Southampton. Nessuno tranne lui, l’unico uomo che per diciotto anni ha scelto di restare nella città costruita di fronte all’isola di Wight.