Soldi, potere e zero trasparenza: un Paese nelle mani delle fondazioni

Fondi pubblici e regalie

Matteo Renzi con Open. Enrico Letta con Vedrò. E, prima ancora, Mario Monti nel direttivo dell’Aspen Institute. Per non parlare, poi, della marea di ministri, ex ministri e parlamentari che siedono nei comitati di enti, associazioni e pensatoi. Insomma, per ogni politico, la sua fondazione. Specie negli ultimi anni, sembra quasi diventata una questione di prestigio, uno status symbol. Ma, in realtà, c’è ben altro, perché alla cassaforte di consensi che assicura la fondazione, se ne aggiunge anche un’altra, più tintinnante, fatta di fondi pubblici e regalie. Non è un caso, allora, che secondo quanto emerge da uno studio realizzato da OpenPolis, sono state censite 65 fondazioni, nelle quali sono presenti ben 557 politici. Di destra e di sinistra. E, spesso, in perfetto stile bipartisan.

Una rete senza fine

Da uno studio realizzato da OpenPolis sono state censite 65 fondazioni, nelle quali sono presenti ben 557 politici. Di destra e di sinistra. E, spesso, in perfetto stile bipartisan

Già, perchè così com’è vero che possiamo parlare, secondo i dati raccolti da OpenPolis, di 20 fondazioni di area di centrosinistra, 7 di sinistra, 16 di centrodestra, 9 di centro e 4 di destra, rispondenti ognuna al politico di turno, è altrettanto vero che in tanti enti destra e sinistra convivono beatamente. È il caso, ad esempio, dell’Aspen Institute, ente presieduto da Giulio Tremonti, nel cui direttivo troviamo, tra gli altri, il già citato Mario Monti, Romano Prodi, Giuliano Amato e Franco Frattini.

Ma ecco che, analizzando i comitati dei vari enti e fondazioni, comincia ad allargarsi a macchia d’olio un’impressionante rete di nomi e contatti. L’ex ministro Frattini, infatti, oltre ad essere membro dell’Aspen, è presidente di un altro ente, Sioi (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale), nel cui comitato troviamo anche un altro ex ministro, Giulio Terzi di Sant’Agata, insieme all’attuale direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis, che fa capo direttamente a Palazzo Chigi), Giampiero Massolo. Il quale Massolo, a sua volta, siede anche nell’Iai (Istituto Affari Internazionali), insieme, ad esempio, a Lapo Pistelli, viceministro degli Esteri fino a ieri, prima di diventare il numero due di Emma Marcegaglia all’Eni.

Cambia l’incarico istituzionale per Pistelli, dunque, ma non la sua partecipazione a enti e fondazioni, dato che, oltre all’Iai, siede anche nel Cespi (Centro Studi Politica Internazionale, insieme peraltro a Enrico Letta, Piero Fassino e Sandro Gozi) e nella fondazione dalemiana Italianieuropei, in cui, peraltro, abbondano i Dem, da Gianni Cuperlo ad Anna Finocchiaro, fino al redivivo Luciano Violante che, allontanatosi dalla scena politica, non disprezza i think-tank. E allora eccolo presiedere la fondazione Italiadecide (nel cui direttivo anche il presidente dell’Aspen Tremonti) e sedere anche nella Fondazione Lelio e Lisli Basso, ente presieduto dall’ex parlamentare Ds Elena Paciotti e nel cui direttivo troviamo ancora Giuliano Amato che, oltre ad essere membro dell’Aspen, è stato dal 2002 al 2013 presidente del Centro Studi Americani, prima che il suo posto fosse preso dal presidente di Finmeccanica ed ex sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni De Gennaro, il quale, per non farsi mancare nulla, siede anche nel già citato Iai e nell’Ispi (Istituto Studi Politica Internazionale), insieme, tra gli altri, a Emma Marcegaglia che ritroviamo, ancora una volta, anche nell’Aspen.

La regina indiscussa di incarichi in enti e fondazioni è senza dubbio l’ex viceministro degli Esteri (con Letta) e attuale consigliere in Finmeccanica (dopo la nomina di Renzi): Marta Dassù

Insomma, una rete incredibile. Ma la regina indiscussa di incarichi in enti e fondazioni è senza dubbio l’ex viceministro degli Esteri (con Letta) e attuale consigliere in Finmeccanica (dopo la nomina di Renzi). Stiamo parlando di Marta Dassù: direttore di “Aspenia” (nomen omen, rivista dell’Aspen), nel direttivo di Italianieuropei, della Fondazione Italia-Usa (diretta dall’ex senatrice Barbara Contini, nel cui comitato, tra gli altri, anche Franco Bassanini, a sua volta direttore di Astrid), di Human Foundation di Giovanna Melandri e del già citato Iai. Senza dimenticare che, fino a qualche anno fa, era anche direttore del Cespi. Giusto per non farsi mancare nulla.

Fondazioni al governo

Il geverno in carica è targato Open: la fondazione renziana vede nel suo direttivo Maria Elena Boschi e Luca Lotti. Ma ogni ministro ha la sua fondazione di riferimento

Quello che sembra, dunque, è che fondazioni, enti e pensatoi giochino un ruolo centrale nella vita politica italiana. Prendiamo in esame, velocemente, il governo in carica. Un governo, se così vogliamo dire, targato “Open”. La fondazione renziana, infatti, vede nel suo direttivo personaggi centrali del cerchio magico del premier, a cominciare dal ministro Maria Elena Boschi e dal sottosegretario (e braccio destro di Renzi) Luca Lotti. Ma non è finita qui. Perché nell’attuale esecutivo ognuno ha il suo think-tank di riferimento.

E così ritroviamo, ad esempio, il ministro Pier Carlo Padoan nella già citata Italiadecide, fondazione diretta da Luciano Violante; il ministro Marianna Madia nel Centro Futuro Sostenibile, associazione guidata da Francesco Rutelli; e il titolare del Viminale, Angelino Alfano, a capo della Fondazione Alcide De Gasperi. Né sono da meno i sottosegretari, a cominciare da quello degli Esteri, Benedetto Della Vedova, che ritroviamo in Libertiamo, o da Claudio De Vincenti (Sviluppo Economico) che invece siede nel direttivo di Astrid. Esattamente come Gianclaudio Bressa, sottosegretario agli Affari Regionali. Ogni carica istituzionale, insomma, ha il suo think-tank. A maggior ragione se si è, per dire, vicepresidente del Senato: Linda Lanzillotta, per dire, non compare solo nel direttivo della Fondazione Italia-Usa, ma ha anche pensato di metterne in piedi una tutta sua, Glocus.

Bilanci Top Secret 

Enti e associazioni raccolgono, meglio dei partiti, importanti finanziamenti privati. Ma sui bilanci dei think-tank c’è una trasparenza pari a zero

Insomma, oggi avere una fondazione alle spalle sembra quasi necessario. Ma non solo per una questione di bacino elettorale. Oggi, infatti, enti e associazioni raccolgono, molto meglio dei partiti, anche importanti finanziamenti privati. In altre parole, le fondazioni stanno pian piano diventando vere e proprie casseforti per i politici. Peccato però che intorno ai bilanci dei think-tank ci sia una trasparenza pari a zero.

A rivelarlo ancora il dossier di OpenPolis, in cui si precisa che senz’altro «la scelta di non pubblicare introiti ed elenco dei finanziatori è legittima perché non si tratta di soggetti pubblici», ma allo stesso tempo stiamo parlando di «realtà molto vicine alla realtà politica del nostro Paese». Eppure, su 65 associazioni solo 5 hanno pubblicato una forma più o meno aggiornata del proprio bilancio (alcune sono ferme al 2013). Linkiesta ha provato a contattare diversi enti e fondazioni. Ma la risposta è stata sempre la stessa: «Non siamo tenuti a fornire queste informazioni». Solo una fondazione ha reso pubblico anche l’elenco dei finanziatori privati. E stiamo parlando proprio di quella che fa capo a Matteo Renzi, Open.

I privati che finanziano, tra colossi americani e banche

Il principale finanziatore della fondazione renziana è il colosso del tabacco internazionale British American Tobacco, con 100mila euro versati

Partiamo, allora, proprio dall’associazione renziana. La lista dei finanziatori è decisamente lunga (anche se, come rivelato tempo fa dal Fatto Quotidiano, ne conosciamo meno del 50%). Tra i nomi pubblicati sul sito spiccano diversi parlamentari, come la stessa Maria Elena Boschi che ha versato oltre 8 mila euro, mentre 9 mila è stata la quota di Luca Lotti (presenti anche altri parlamentari renziani come Ivan Scalfarotto, Ernesto Magorno, Ermete Realacci, Simona Bonafè). Ma a incuriosire è soprattutto l’autore del finanziamento maggiore (almeno tra quelli pubblicati). Parliamo dei 100mila euro versati dal colosso del tabacco internazionale: la British American Tobacco. Perché abbia finanziato la fondazione di Renzi, però, resta un mistero.

Ma il capitolo finanziatori privati non finisce qui. Linkiesta, infatti, ha potuto consultare una relazione riguardante gli ultimi bilanci resi noti da altri enti che pullulano di politici. Ed ecco allora che il Cespi, nel cui direttivo siede tra gli altri il sindaco di Torino Piero Fassino, riceve oltre 70mila euro dalla Compagnia San Paolo di Torino, appunto. Ma, d’altronde, non è l’unico legame fondazione-banca che emerge. La Alcide De Gasperi, il cui presidente è Angelino Alfano, ha ricevuto 50mila euro nel 2013 (ultimo anno a disposizione) direttamente da Intesa San Paolo. Ma, anche qui, le ragioni del finanziamento restano poco chiare. Interessante, poi, il dato dell’Aspen Institute che, tra quote associative e donazioni private, raggiunge oltre i 6 milioni di fondi raccolti. Da dove arrivino questi soldi, però, resta un mistero.

Una valanga (pure) di soldi pubblici

Ministero degli Esteri, dei Beni Culturali e dell’Istruzione. Ecco, in sintesi, da dove arrivano i fondi pubblici ai vari enti e fondazioni

Ministero degli Esteri, dei Beni Culturali e dell’Istruzione. Ecco, in sintesi, da dove arrivano i fondi pubblici ai vari enti e fondazioni, formalmente per l’attività che ogni anno svolgono, anche se i dubbi a riguardo non sono affatto pochi perché, in realtà, mancano controlli mirati sull’attività portata avanti da ognuno di questi. Ma andiamo con ordine. Cominciamo con la Farnesina. Ogni anno dal ministero diretto da Paolo Gentiloni vengono stanziati milioni di euro (nell’ultimo anno un milione e mezzo) per i cosiddetti “enti internazionalistici”, ovvero per quegli enti che svolgono “attività di studio, di ricerca e di formazione nel campo della politica estera o di promozione e sviluppo dei rapporti internazionali”. E chi troviamo, annualmente, tra i beneficiari? Molte delle associazioni che abbiamo già citato sino ad ora, come l’Iai, l’Ispi e la Sioi (a cui va la fetta più grande del contributo: 103mila euro ciascuno). E, ancora, la Fondazione Alcide De Gasperi di Alfano, il Cespi e l’Aspen Institute. Ma non è tutto. Perché gran parte di queste associazioni riescono ad accumulare anche fondi da regioni e enti locali. È il caso della De Gasperi, ancora, che riceve fondi specifici anche dal Lazio, o del Cespi che ha raccolto ben 121mila euro dagli enti locali.

La Fondazione Alcide De Gasperi che, ai 20 mila euro corrisposti dalla Farnesina, ne ha aggiunti altri 60 mila complessivi tra Miur e Mibac

Ma non è finita qui. Perché accanto ai fondi del ministero degli Esteri, alcuni di questi enti ricevono soldi anche perché ritenuti centri che svolgono “attività di ricerca” o perché “istituti culturali”. A breve i ministeri coinvolti (Beni Culturali e Istruzione) dovrebbero disporre i nuovi decreti di finanziamento. Ma, facendo riferimento agli stanziamenti relativi all’ultimo triennio (2012-2014) comprendiamo l’entità dello stanziamento. Parliamo di 10 milioni complessivi, cascati a pioggia su questa o quella fondazione. È il caso, ancora una volta, della Fondazione Alcide De Gasperi che, ai 20 mila euro corrisposti dalla Farnesina, ne ha aggiunti altri 60 mila complessivi tra Miur e Mibac. Tanti, poi, i casi di fondazioni che sono passati da un finanziamento all’altro. È il caso della Fondazione Bettino Craxi (diretta dalla figlia Stefania) che ha goduto dei fondi per gli enti internazionalistici fino al 2006. Esattamente dall’anno dopo, chiuso un rubinetto se n’è aperto un altro, col Miur che ha ammesso la fondazione tra i beneficiari del suo fondo (25 mila euro per il triennio 2012-2014 che si aggiungono ai 30 mila disposti dal Mibac). Stesso dicasi per la Fondazione Lelio e Lisli Basso (150 mila euro complessivi tra Beni Culturali e Istruzione) e Magna Carta di Gaetano Quagliariello, passata anche questa dall’essere ente internazionalistico a istituto culturale e centro di ricerca. 

MESSAGGIO PROMOZIONALE

Tutti a caccia del cinque per mille

Ma non è finita qui. Fa niente se la Corte dei Conti abbia rilevato in passato che diverse fondazioni squisitamente politiche abbiano beneficiato di una fetta del cinque per mille, nonostante questo sia da destinare a enti e associazioni che svolgono attività di ricerca, scientifica, volontariato o ricerca sanitaria. Eppure le cose continuano a non cambiare. Per carità: è bene precisare che non parliamo di quote altissime, ma desta stupore ritrovare tanti e tanti enti, in categorie che mai ci si aspetterebbe. Linkiesta, infatti, ha analizzato l’elenco dei beneficiari per la dichiarazione dei redditi 2013 (le quote a riguardo sono state assegnate poche settimane fa). E quello che emerge ha dell’incredibile. Già nell’ultima relazione della Corte dei Conti sulla gestione del cinque per mille si sottolineava, d’altronde, il curioso caso dell’associazione Liberal che, addirittura, “ha presentato domanda di iscrizione al contributo del 5 per mille nella categoria degli enti della ricerca scientifica”.

Ebbene, da allora non è cambiato nulla. Scorrendo le ultime assegnazioni, infatti, scopriamo ad esempio che la Fondazione Craxi ha raggranellato 14 mila euro complessivi proprio in quanto ente di ricerca scientifica e, addirittura, per la sua attività di volontariato. Ma non c’è da sorprendersi dato che lo stesso hanno fatto la Fondazione Lelio e Lisli Basso e l’alfaniana De Gasperi. Finita qui? Certo che no. Tra gli altri beneficiari per la loro solerte attività di volontariato, anche Nuova Italia di Gianni Alemanno, Astrid e Italianieuropei. E poi non si dica che i politici non pensano agli altri.

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