Gli uragani atlantici sono fenomeni meteorologici abbastanza comuni, ricorrenti, solitamente tra fine estate e inizio autunno, e puntuali ad ogni stagione, tanto che per l’Organizzazione meteorologica mondiale il loro battesimo con nomi di persona è diventato prassi da oltre sessantanni. Si comincia dalla A e si procede secondo l’ordine alfabetico, con liste di nomi che si ripetono ogni sei anni.
Ma ci sono delle eccezioni. L’Uragano Katrina, che esattamente dieci anni fa sconvolse le coste del sud degli Stati Uniti ferendo mortalmente New Orleans, causando quasi duemila morti e accumulando danni inauditi fino ad allora per le conseguenze di un uragano, è una di quelle più drammatiche.
Katrina è stata l’undicesima tempesta tropicale del 2005 — come la K è l’undicesima lettera dell’alfabeto inglese — e la sua potenza è stata tanto sconvolgente da portare al ritiro — per sempre — del nome Katrina dalle liste di attribuzione dei nomi. Non ci potrà mai più essere un uragano Katrina, e se sul nome siamo sicuri, la speranza è quella che non si realizzi nemmeno nei fatti.
Sì, perché Katrina, per gli Stati Uniti, non è stata una tragedia, è stata una sorta di apocalisse, una catastrofe che, oltre a lasciare dietro di sé una scia di morte e distruzione, ha rivelato un lato della vita americana che, seppur qualcuno poteva immaginare, quasi tutto non avrebbero mai voluto scoprire.
«Il timore che una hobbesiana guerra tutti-contro-tutti si fosse scatenata», scrisse Rebecca Solnit (in una frase citata dal New Yorker di questa settimana), «ha giustificato il trattamento di New Orleans come di una zona di guerra o – perfino – di un paese nemico, piuttosto che un luogo dove nonne e nipotini sono stati dimenticati in condizioni terrificanti, in disperato bisogno di cibo, acqua, riparo e cure mediche».
Un paese ostile. Una zona di guerra. E chi si ricorda le immagini che provenivano dieci anni fa da quella che eravamo tutti abituati a pensare come la capitale del Jazz non può che essere d’accordo. E difatti per gli States fu uno shock, di quelli dello stesso campionato dell’11 settembre, anche se un po’ più in basso in classifica, essendo, almeno in partenza, una catastrofe naturale.
Uno shock. E come quasi sempre capita nella storia dell’uomo, con il passare degli anni, un po’ per affrontare e superare lo shock, un po’ per non dimenticarlo, dal trauma collettivo sono nati diversi prodotti culturali tra film, serie televisive, racconti, romanzi, canzoni e persino statue. Eccone tre:
Zeitoun, di Dave Eggers, Mondadori, 2010
Dave Eggers è senz’altro uno dei più importanti romanzieri americani contemporanei, ma non solo. Questo suo libro, Zeitoun, infatti, non è u romanzo, ma un libro documento tratto da una storia vera, quella di Abdulrahman Zeitoun. Abdulrahman nel 2005 era già da anni un cittadino americano. Abitava a New Orleans con la moglie e i suoi quattro figli, e in città aveva molte proprietà, soprattutto case, che affittava. Quando Katrina si avvicinò alle coste americane, Abdulrahman mandò la famiglia a Baton Rouge, la capitale della Louisiana, mentre lui restò in città. Appena il finimondo terminò, Abdulrahman uscì dalla sua casa — dal secondo piano della sua casa — con una canoa, facendo il giro della città e aiutando chi poteva. Dopo qualche giorno fu arrestato, accusato di sciacallaggio e terrorismo e rimase recluso senza possibilità di avere contatti con la sua famiglia. Il libro è stato tradotto in Italia nel 2010 e pubblicato da Mondadori.
Treme, David Simon e Eric Overmyer, HBO, 2010-2013
Una delle migliori modalità di rappresentazione della società americana degli ultimi anni è quella della serie tv, e questa prodotta da HBO non fa eccezione. Ambientata qualche mese dopo la tragedia di Katrina, Treme — che prende il nome da uno dei quartieri di New Orleans — racconta la vita degli abitanti della città dopo la distruzione dell’uragano. Creata da David Simon e Eric Overmyer, la seriem che è stata molto apprezzata negli Stati Uniti, conta 4 stagioni e 36 puntate in tutto. In Italia non è mai stata mandata in onda. Un’altra serie televisiva ha provato a raccontare il dopo Katrina a New Orleans, questa volta dal punto di vista della polizia. La serie si chiamava K-Ville, fu creata da Jonathan Lisco, ma non ebbe tanta fortuna e, a causa del grande sciopero degli sceneggiatori americani del 2007, gli ultimi due episodi della prima stagione no furono prodotti, e la serie finì lì.
Deja Vu, di Tony Scott, 2006
In realtà questo thriller fantascientifico, firmato dal mitico regista di Top Gun, Giorni di tuono e L’ultimo boy scout e interpretato da Denzel Washington, non racconta dell’uragano Katrina. Se rientra in questa selezione è a causa della storia che ci sta dietro, della sua produzione e realizzazione. Le riprese di Deja Vu, infatti, sarebbero dovute iniziare nel ottobre del 2005 proprio a New Orleans, ma, proprio a causa della tragedia, furono annullate. Qualche mese dopo, però, la produzione decise di aspettare il tempo necessario affinché la città si riprendesse per tornare a girare in quelle strade, come segno di sostegno alla città. Fu così che nel 2006 la troupe tornò a New Orleans e girò il film.