Prima di tutto un piccolo esperimento. Guardate le gif che seguono e provate a non ridere.
«È comico ogni incidente che richiama la nostra attenzione sul fisico laddove ciò che è in causa è il morale»
Henri Bergson, filosofo francese che al riso e all’umorismo dedicò una parte importante dei suoi studi, scrisse agli inizi del Novecento che «è comico ogni incidente che richiama la nostra attenzione sul fisico laddove ciò che è in causa è il morale», sostenendo anche che il riso avrebbe a che fare con il mantenimento dell’ordine sociale: in parole povere, ridere di una situazione in cui le regole della normalità vengono sovvertite, un po’ come il carnevale, servirebbe ad esaurire la carica rivoluzionaria dell’eccezione, normalizzata da una risata liberatoria.
In realtà non è così vero. Ridere, per gli anarchici degli stessi anni in cui Bergson scriveva, era l’atto più rivoluzionario ed efficace per annientare il potere costituito. Questo perché l’ironia, essendo una strategia narrativa la cui inclinazione prospettica è alto-basso, permette a chi la usa — e ride — di porsi più in alto della cosa di cui ride, che molto spesso è il potere e l’autorità.
Un secolo è passato dagli anarchici e dalla loro “risata che vi seppellirà”, e lo stesso tempo è passato dai tempi di Bergson e del suo Il riso, eppure non abbiamo ancora capito veramente perché, di fronte a certe scene, non riusciamo proprio a trettenerci e scoppiamo a ridere. Una delle scene a più alto tasso di risata istantanea e inarrestabile è la caduta, l’inciampo, lo scivolamento, il ribaltamento o, come dicono a genova, l’imbelinarsi.
Non sappiamo se c’entrino i neuroni a specchio, che ci fanno immedesimare nella caduta, o se sia per la rottura della normalità piatta e noiosa delle nostre vite, oppure, ancora, perché siamo tutti un po’ cinici, in fondo, sta di fatto che quando qualcuno inciampa o si ribalta all’improvviso ridiamo un sacco.
Volete riprovare? Guardate questi due video: