Se il settecento è il secolo dei caffè, l’ottocento è quella del tè. Almeno, nel Regno Unito, si può datare al 1840 la nascita dei “tea party”, che non sono ancora partiti ultra-conservatori ma simpatiche festicciole in case eleganti e tappezzate dove, in compagnia, si chiacchiera e si beve il tè. È lì che nasce il mito e la realtà dell’inglese che beve il tè, immagine che troverà la sua celebrazione nella scena del tè di Alice nel Paese delle Meraviglie.
E allora, visto che è abitudine mentale anglosassone rintracciare le origini di tutto (e, magari, individuarle proprio in terre anglofone), si può dire che la tradizione di ritrovarsi a bere il tè nel pomeriggio risale, o può risalire, ad Anne Marie Russell duchessa di Bedford, grande amica della regina. Visto che, all’epoca, l’inglese (quello fortunato) mangiava due volte al giorno (grandi colazioni e grandi cene) e le donne come lei, non molto indaffarate, languivano durante le ore in mezzo, ecco l’idea di un pasto centrale, leggero, fatto di tè e dolciumi, verso le quattro (allora l’ora del tè era ancora alle quattro, non alle cinque). L’idea piacque a tanti, la regina la approvò e divenne in poco tempo un’abitudine diffusa. La borghesia arrembante dell’epoca, nell’ansia di elevarsi a livello sociale, la fece propria e in poco tempo nacquero “tea party” di ogni tipo. Associati ad, esempio, a sport come il tennis e il croquet. Infine, il tè arrivò anche agli strati più bassi, nella forma del “meat tea”, cioè non tanto una cerimonia, ma una specie di cena da offire al lavoratore che tornava a casa, tè e cibi consistenti.
In ogni caso, la cerimonia del tè, almeno nelle classi più raffinate, non era cosa da improvvisare. Esistevano regole precise, rituali da seguire e norme di comportamento rigorose. Chi non le conosceva, poteva sempre documentarsi attraverso manuali specifici. È da qui che, anche oggi, chi volesse resuscitare il “tea party” vittoriano, può attingere informazioni importanti. LinkPop, setacciando regole e regolette (prese, già un po’ setacciate, da qui), ve ne fornisce cinque che si possono definire basilari per un tè pomeridiano, di quelli che erano considerati “leggeri”, cioè informali, sia nelle cerimonie che nel cibo:
1) In primo luogo, gli inviti. La signora (perché il tè lo organizzano le signore) deve specificare che sarà “in casa” nel pomeriggio di una data specifica. Gli invitati, però, non dovranno rispondere. Non si fa.
2) Il tè, con tutto l’apparato del tè, sarà posizionato accanto alla padrona di casa (il salotto della signora è il posto giusto), che lo verserà e lo servirà di persona (cose informali, ricordate?)
3) Cucchiaini, tazze e contenitori, in rigorosa porcellana, dovranno essere di dimensioni modeste (sempre perché “leggero”). Si mangerà della torta con la panna, panini e burro con la marmellata.
4) In ogni caso, non devono essere quantità abbondanti. Gli invitati uomini devono, con cortesia, servire le dame accanto, ma senza particolare enfasi. Non si frequentano queste feste per mangiare. Ma per chiacchierare.
5) Proprio per questa ragione, è essenziale che gli ospiti siano disposti in modo intelligente: le sedie posizionate in modo da creare piccole cerchie che aumentano l’intimità tra gli invitati. Mai cercare un cerchio uno e grande, che imbarazzerebbe i più timidi. La padrona di casa orchestra le conversazioni, le avvia e le ravviva, come una cerimoniera. I servi, se ci sono, devono sparire. Occorre sentirsi a proprio agio, e liberi di poter parlare di tutto.