Il paradosso del nuovo millennio: gli studi scientifici non sarebbero affidabili. Lo dice uno studio scientifico. Certo, si sa che il metodo è quello: ogni errore, nella storia della scienza, ha valore quanto e forse più di un risultato corretto, perché mette in questione le premesse e aiuta ad avvicinarsi alla verità, o a quel qualcosa che somiglia alla verità. Per cui, benvenuti errori. Lo studio, però, dice anche altro.
In cinque anni di ricerca, 270 studiosi di tutto il mondo hanno tentato di riprodurre i risultati di 100 studi appartenenti a due campi di ricerca specifici: psicologia sociale e scienze cognitive. Quelli, in sostanza, più scivolosi. I 100 studi erano stati pubblicati tutti nel 2008 ed erano apparsi nelle più importanti riviste scientifiche del mondo.
Ebbene: come è andata? Molto male. Il 50% delle scoperte in scienze cognitive non hanno potuto essere replicate. Cioè, non erano vere. Per la psicologia sociale il risultato è ancora più alto: il 75% degli studi del 2008 non ha trovato nessun riscontro. A questo punto il dubbio è diventato consistente. Come è possibile?
“Ci sono diversi motivi”, spiega Alan Kraut, dell’Associazione Psicologi, interrogato dal Guardian. La sua sembra una difesa di categoria, ma è in qualche modo illuminante. “Non esistono studi riproducibili al 100%. Le uniche scoperte che possono essere replicate in modo perfetto, sono quelle già evidenti e perciò inutili. Tipo: è impossibile insegnare a leggere a soggetti morti, ad esempio”.
Considerazioni corporative? La verità è che, forse, quando si ha tra le mani una scoperta scattano meccanismi psicologici fortissimi. “Lo scetticismo è al cuore del nostro metodo, dobbiamo accettarlo. Se la prova è troppo bella, bisogna rimetterla in discussione”, scpiega Brian Nosek, uno dei ricercatori autori dello studio in questione. “Dobbiamo essere noi i nostri primi critici”. Questo non è semplice, quando il sistema ti valuta anche sulla base di ciò che pubblichi, e di quanto pubblichi.
In fondo, è tutto qui: lo studio mette in luce il lato meno gradevole della ricerca scientifica accademica, che fa pressioni sui ricercatori: più visibilità, più reputazione = più crediti, anche economici. È un vecchio problema: su quali ricerche si deve investire? Su quali scienziati? Su quali team? Il sapere dovrebbe essere gratuito e libero, la ricerca anche. Ma i risultati sono invece importanti per l’umanità – e per chi finanzia laboratori e scienziati. A ragione, chiede conto dei suoi investimenti. E quando i risultati non ci sono, vengono “aggiustati”, per far tornare i conti. È il grande non-detto della ricerca.
“Se voglio essere promosso e ottenere una borsa, devo scrivere molti paper. Ma scrivere molti paper e fare molti esperimenti non garantisce risultati solidi” spiega Marcus Munafo, psicologo all’Università di Bristol. Lo sanno tutti, lo fanno in tanti. Le ricerche non sono affidabili, dice una ricerca. Perché non è affidabile l’intero sistema.