Morto dopo cinque ore di agonia a causa dell’incuria e della negligenza del personale medico in servizio al Pronto Soccorso dell’ospedale di Baggiovara, a Modena. Questo, perlomeno, è quello che credono i parenti di Mario Monduzzi, che hanno presentato un dettagliato esposto alla Procura della Repubblica di Modena per capire cosa sia realmente accaduto in quelle cinque ore. La dirigenza dell’ospedale, ovviamente, difende il proprio operato, precisando che tutto il possibile è stato fatto. Quale la verità? Ecco il punto: difficilmente lo sapremo, dato che la stessa Procura ha chiesto l’archiviazione del caso al giudice per le indagini preliminari. Eppure il video – dalle immagini molto forti e che Linkiesta pubblica in esclusiva – sembra parlare chiaro: è evidente un continuo malessere e un progressivo disturbo nel respiro di Monduzzi. Insomma, come ci dice Rocco Politi, il genero della vittima, «il dubbio che qualcuno non abbia fatto appieno il suo dovere è molto forte». E il dubbio aumenta se si considera che «la Procura ha chiesto l’archiviazione senza vedere i video che pure erano allegati all’esposto. Né ha chiesto o visionato la cartella clinica di mio suocero».
QUATTRO INTERMINABILI ORE DI ATTESA
Ma, per capire cosa sia accaduto, bisogna partire da principio. Secondo quanto si legge nell’esposto, di cui Linkiesta è in possesso, Monduzzi (che avrebbe compiuto 61 anni ad agosto) era residente in una struttura per anziani sin dal 2007. I parenti gli avevano fatto visita per le festa pasquali. «Era sereno, scherzava e rideva tranquillamente, come sempre», racconta la figlia Fiorella. Nessuno mai si sarebbe immaginato che due giorni dopo sarebbe successo l’inverosimile. La mattina del 7 aprile, alle 12 circa, Monduzzi, infatti, viene ricoverato d’urgenza all’ospedale di Baggiovara, uno dei più forniti e moderni dell’azienda sanitaria di Modena, perché «aveva l’addome gonfio». Ed è da qui che comincia l’inferno per Monduzzi, un inferno che lo condurrà fino alla morte, come si evince dal video.
Dopo essere stato classificato come “codice giallo” (e, dunque, non grave), la figlia nota che il padre, col passare dei minuti, respira sempre peggio. «Constatando che più passava il tempo e più la situazione si aggravava – si legge ancora nell’esposto – (Fiorella, ndr) si è recata in guardiola dall’infermiere riferendo al suddetto che le condizioni del padre stavano peggiorando, essendo oltremodo evidente il fatto che il signor Monduzzi respirava male e sempre peggio». Ma niente da fare: l’infermiere «ha risposto, con aria scocciata, di star tranquilli, che sarebbe arrivato subito e che non c’era nulla da preoccuparsi dato il fatto che Monduzzi, ormai, era in ospedale». Bisogna aspettare, dunque. Difficile, però, dirlo ad una figlia che vede dinanzi a sé il padre in quello stato. Ma alle continue pressioni dei parenti, il personale medico risponde che bisogna pazientare. Si è in ospedale, d’altronde: non c’è nulla da temere, dicono.
Intanto le ore passano, tra richieste di soccorso inascoltate. Finalmente, però, qualcosa si muove: i medici dispongono prima una radiografia e poi una tac. Sono convinti che il problema, dicono al Pronto Soccorso, dipenda da un blocco intestinale o, peggio, da una perforazione ai polmoni. Al termine delle visite, però, nulla di fatto: i medici scongiurano sia l’una che l’altra ipotesi. Si sarà allora intervenuti altro modo? No. Secondo i parenti, Monduzzi viene posizionato su un lettino e lì fatto attendere ancora, mentre il respiro continua vistosamente a peggiorare. Nessuno interviene. Ma non c’è da temere, dicono: è tutto sotto controllo.
Bisogna attendere le 16,30 prima che venga disposto il trasferimento nel reparto di geriatria. Circa quattro ore dopo l’arrivo in ospedale e dopo una serie interminabile di richieste di aiuto, rimaste inascoltate, secondo la denuncia della figlia. Quelle ore di attesa, però, potrebbero essere state letali. La situazione, infatti, nel giro di un’ora precipita: «alle 17,07 un altro dottore del reparto – racconta Fiorella – ci ha comunicato che mio padre era entrato in coma. Dopo alcuni altri ulteriori minuti, lo stesso dottore è uscito nuovamente dalla stanza e ha comunicato a me e a mio marito che mio padre aveva avuto una crisi cardiocircolatoria e che, nonostante i tentativi di rianimarlo, non c’era stata alcuna possibilità. Mio padre era morto». Con una incredibile smorfia di dolore in viso: «il fatto che l’abbiano consegnato in quel modo – commenta sconsolata Fiorella – testimonia la completa sofferenza di un uomo che avrebbe voluto vivere e la negligenza dei soccorsi». Ma non è finita qui: oltre al danno la beffa. «Nonostante le nostre pressioni, ci hanno impiegato più di due mesi per restituirci il corpo». Il funerale è stato celebrato il 10 giugno. Sebbene Mario sia morto il 7 aprile.
LA PROCURA ARCHIVIA MA I DUBBI RESTANO
Una vicenda incredibile, dunque, con troppi punti interrogativi. Talmente tanti che, come detto, la famiglia Politi ha presentato un esposto per omicidio colposo. Lapidario, quanto afferma l’avvocato Brunetta: i medici «non hanno preso in modo accurato in considerazione il fatto che il sig. Mario Monduzzi stava morendo perché non riusciva a respirare, nonostante gli evidenti e progressivi peggioramenti respiratori e le continue richieste di aiuto dei familiari». Ma, a quanto pare, non è così per la Procura della Repubblica di Modena che ora vuole archiviare il caso. Legittimo ovviamente, a patto che tutti i documenti siano stati analizzati. E così non pare, tanto che il legale della famiglia, il dottor Nevio Brunetta, ha presentato ricorso alla richiesta di archiviazione. Le ragioni? Presto detto: «in primo luogo – scrive Brunetta nell’atto di opposizione – è doveroso sottolineare che le uniche dichiarazioni rese al P.M., tramite la Polizia Giudiziaria, sono state solo quelle della figlia Monduzzi Fiorella. Nessun altro familiare è stato sentito». E, soprattutto non è stato sentito Politi che «ha interpellato medici e persino la direzione sanitaria, registrando i colloqui».
Ma c’è di più. Secondo lo stesso Politi, «i filmati nemmeno sono stati visti dalla Procura. Perché, mi chiedo allora, archiviare un indagine per omicidio colposo senza i dovuti accorgimenti?». E, se i video non sono stati analizzati, stessa sorte è toccata anche alla cartella clinica: «Nemmeno la cartella hanno visto in Procura – denuncia Rocco – Dopo la richiesta di archiviazione, ho visionato l’intero fascicolo. Ebbene, non c’era dentro né la cartella né una qualche richiesta del pm all’ospedale per averla. Nulla di nulla». Un particolare non da poco, se si considera che, come fa notare il dottor Brunetta nell’opposizione, il pm «avrebbe dovuto, avvalendosi di un proprio consulente tecnico, valutare sulla base delle cartelle cliniche acquisite se lo stato fisico pregresso di Mario Monduzzi (ossia ictus e neoplasia colica trattata chirurgicamente negli anni passati) potesse o meno aver inciso in modo negligente o imperito nella omessa diagnosi effettuata dai sanitari».
Non finisce qui: «Tra le carte ci aspettavamo di trovare almeno la trascrizione di un’ora di conversazione che io ho registrato con la direzione sanitaria». Una conversazione importante, secondo quanto racconta il suocero della vittima: «Ho parlato col direttore responsabile del Pronto Soccorso che a un certo punto mi ha detto: ‘signor Politi, può darsi anche che al Pronto Soccorso non abbiano capito nulla’». Un dubbio che resta. Nella speranza che, un giorno, venga dissipato.