Gorky ParkObama incontra Putin, alla ricerca di un accordo su Siria e Ucraina

Alla vigilia del summit informale tra i due capi di Stato, dalla Germania arrivano segnali di apertura al dialogo

Lunedì 28 settembre Vladimir Putin parla davanti all’Assemblea generale delle Nazioni unite, dopodiché incontra Barack Obama per discutere dei due dossier più scottanti sulla scacchiera politica tra Mosca e Occidente, quello siriano e quello ucraino. Il presidente russo dovrebbe presentare a New York il nuovo piano di pace che da un lato salvi il suo alleato Bashar al Assad, dall’altro rilanci la coalizione contro lo Stato islamico attraverso la partecipazione russa e aiuti a distendere così i rapporti con Stati Uniti ed Europa, inducendo positivi effetti collaterali sulla crisi ucraina, al momento congelata.

Alla vigilia del summit informale tra i capi di stato dei due Paesi che hanno in mano la possibilità di trovare compromessi su entrambi i fronti, è arrivato dalla Germania il segnale che il dialogo è possibile e necessario. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha avanzato l’idea di lasciare la porta aperta per le trattative con Assad, nella prospettiva di un coinvolgimento di tutti i partiti, dall’Iran all’Arabia Saudita, interessati a riportare ordine nel caos sulle sponde del Mediterraneo. La sortita di Berlino, che rappresenta in sostanza uno spostamento della linea tenuta finora in Europa e ancor di più negli Usa, rientra in quella strategia di mediazione che la Germania ha sempre tenuto nel quadro internazionale, sia per quel riguarda la Siria che l’Ucraina.

Frau Merkel, non proprio un’amica di Putin, ha fatto sì il muso duro dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia e ha sostenuto le sanzioni occidentali contro Mosca, ma ha sottolineato come la sicurezza in Europa vada costruita insieme con la Russia e non contro di essa, perché senza il supporto del Cremlino è preclusa ogni sorta di stabilità. Ancora più chiaro è stato il vice cancelliere Sigmar Gabriel che ha affermato come si debba cambiare rotta e ricucire subito i rapporti con Mosca. Le sanzioni comminate in relazione al ruolo russo nel conflitto nel Donbass sono in sostanza inutili e controproducenti e alla fine dei conti non si può tentare di cooperare mantenendole in vigore per sempre. Anche sulla questione siriana la Realpolitik tedesca impone in definitiva di mettersi al tavolo con tutti per tentare di mettere pace dopo cinque anni di una guerra che ha contribuito in larga parte all’emergenza migratoria in Europa.

Quanto la posizione della Germania peserà sugli sviluppi immediati fra Kiev e Damasco è ancora tutto da vedere, ma è chiaro che il ruolo tedesco è fondamentale, sia perché Berlino traina il treno dell’Unione europea, sia perché la Germania è il Paese che più pesa al di fuori del Consiglio di sicurezza dell’Onu e che appunto per questo i cinque membri con diritto di veto non possono ignorare. Le trattative che hanno condotto all’accordo storico con l’Iran sul nucleare hanno visto non a caso la presenza di Berlino nel formato 5+1.

Nella crisi siriana sino ad ora i grandi attori esterni, dalla Russia agli Stati Uniti, dall’Iran all’Arabia Saudita, si sono bloccati a vicenda e il movimento è arrivato solo recentemente, in concomitanza con l’ondata di profughi che ha messo alle strette l’Europa e l’interventismo russo, con Mosca che sta aumentando la propria presenza militare tra Latakia e Tartus preparando in sostanza una spartizione della Siria.

I segnali in arrivo da Berlino e il riavvicinamento inevitabile tra Germania e Russia, simboleggiato nelle ultime settimane dal nuovo accordo sul gasdotto Nordstream, che già collega direttamente i due Paesi passando sotto il Mar Baltico e che verrà potenziato nonostante le proteste dell’Ucraina, indicano che la questione siriana può essere a una svolta. Molto dipende da ciò che Putin dirà alle Nazioni unite e dai colloqui diretti con Obama. Gli Stati Uniti, finiti di nuovo sotto pressione dopo che il Pentagono ha ammesso che armi fornite ai ribelli anti Assad sono finite in realtà nelle mani di militanti di Al Qaeda, non paiono in grado di dettare regole e dovranno in qualche modo scendere a patti in un contesto che non hanno certo sotto controllo.

Un compromesso sulla Siria diventerebbe quindi un buon viatico per uno sull’Ucraina: nell’ex repubblica sovietica il processo di pacificazione è in stallo, ma potrebbe ricevere nuovi impulsi dopo il vertice del 2 ottobre a Parigi, dove il quartetto costituito da Vladimir Putin, Angela Merkel, il padrone di casa Francois Hollande e il presidente ucraino Petro Poroshenko farà il punto sulla situazione. Dal primo di settembre nel Donbass non si spara più e la tregua potrebbe diventare duratura se la cornice politica, non solo tra le repubbliche indipendentiste e Kiev, ma anche internazionale, sarà stabilizzata. Anche in questo caso la sponda tra Mosca e Berlino potrebbe essere decisivo.

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