Virginio Rognoni e Riccardo Puglisi sono stati scelti quali vincitori del Premio Ghislieri 2015, dedicato agli alunni del celebre collegio universitario di Pavia. Rognoni è stato deputato per sette legislature, ministro dell’Interno, di Grazia e giustizia, della Difesa e vice-presidente del Csm. Puglisi, professore e ricercatore dell’ateneo pavese, è anche collaboratore de Linkiesta. Pubblichiamo un estratto del suo intervento, in occasione della premiazione avvenuta l’8 ottobre scorso, dedicato all’Europa. O meglio, alla terza via tra l’idealismo di chi crede che l’Europa sia la soluzione a tutti i mali e alla demagogia di chi crede che ne sia in effetti la causa.
Credo che sia il caso di riflettere su che cosa sarebbe successo ai singoli paesi dell’Unione Europea – e in particolare all’Italia– qualora questo progetto di confederazione che tentenna a diventare federazione non fosse mai stato concepito e realizzato. Qui entriamo a piè pari in quella disciplina tra la storia e l’immaginazione che va sotto il nome di “ucronía”,ovvero lo studio del “non tempo”, di ciò che sarebbe successo nel caso in cui qualche evento cruciale sia andato diversamente da come è andato in realtà. Immaginarsi che cosa sarebbe successo e succederebbe senza l’Ue costituisce una sorta di antidoto contro il veleno populistico di coloro che prendono l’Unione Europea come capro espiatorio di tutto.
Chi dà la colpa di tutto all’Europa o all’euro sta impunemente proponendo uno scenario alternativo in cui contemporaneamente non c’è l’Europa e/o l’euro e nel contempo non ci sono gli altri guai che ci capitano addosso, oppure non ci sono i vincoli che anche in assenza di euro e di Europa limiterebbero le nostre azioni. Facciamo qualche esempio: ci si lamenta con forza degli sforzi insufficienti dell’Unione europea rispetto al problema dell’immigrazione clandestina e dell’arrivo dei rifugiati dalle aree di guerra dell’Africa e del Medio Oriente. Che cosa succederebbe senza Unione europea? Vi sono buone ragioni perché un’Italia e una Grecia che non siano membri dell’Unione europea – semplicemente perché essa non esiste – vengano risparmiate da questi flussi migratori? Sotto quale forma di alleanza internazionale alternativa Italia e Grecia troverebbero qualche aiuto esterno?
Di che cosa ha bisogno la mia generazione, di che cosa hanno bisogno le generazioni temporalmente vicine alla mia per credere meglio al progetto dell’Europa federale? L’orgoglio politico del decidere chi sarà il presidente degli Stati Uniti d’Europa?
Oppure pensiamo a temi economici-finanziari: che cosa sarebbe successo senza Unione europea nel 2007-2008, quando iniziò la crisi dei mutui subprime negli Usa? Quale strano modo di ragionare porta a pensare che senza Unione europea e senza euro non ci sarebbe stata nessuna crisi dei mutui dall’altra parte dell’Oceano? Allora la questione diventa quella di immaginarsi la risposta dei singoli Paesi davanti a una crisi finanziaria che sarebbe accaduta comunque, ma in assenza di istituzioni europee confederali (o federali.
Ma il punto è: di che cosa ha bisogno la mia generazione, di che cosa hanno bisogno le generazioni temporalmente vicine alla mia per credere meglio al progetto dell’Europa federale? L’orgoglio politico del decidere chi sarà il presidente degli Stati Uniti d’Europa? L’orgoglio geopolitico di un continente antico e tosto che non si fa schiacciare da Stati Uniti e Cina, e che risponde alle minacce esterne? La possibilità di avere una crescita economica sostenuta, come benessere per se stessi e le future generazioni? Sono queste le domande che mi faccio oggi. Nessuno di noi conosce le risposte, ma credo che sia bello e importante cercarle insieme.