Il nero ai funerali è d’obbligo. Vale per i vestiti dei parenti “dolenti”, per le divise dei necrofori, per i cavalli e le carrozze di chi, come i Casamonica, non rinuncia a un tocco di classe anche nei momenti più tristi. E vale, oltre ogni dubbio, per i pagamenti delle imprese di pompe funebri e per i rapporti di lavoro che queste contraggono.
Basta un giro sulla stampa locale per capire quanto sia esteso il fenomeno. L’ultimo caso a Biella, dove il 22 ottobre sono state scoperte due false agenzie interinali e sono stati denunciati 78 titolari di imprese funebri per intermediazione illecita di manodopera. Casi di evasione fiscale sono stati registrati in tutta Italia: a Palermo il Comune lo scorso giugno ha recuperato tasse per un milione di euro. Ad Acqui Terme (Alessandria) a febbraio l’accertamento era stato inferiore, sui 300mila euro. E andando indietro negli ultimi 2-3 anni, una maxievasione da 2 milioni di euro era stata scoperta a Foligno, una da un milione a Nuoro, e così via, da Larino a Fossano, da Piazzola sul Brenta a Ragusa. Un fenomeno così radicato che Roberto Ippolito, nel suo libro “Evasori: Chi come quanto. L’inchiesta sull’evasione fiscale”, arriva a dire, beffardo: «il settore delle pompe funebri tocca livelli record di evasione tanto che si dovrebbe dedurre che al Nord un morto su due si sotterra con le proprie mani mentre al Sud si sale a due su tre».
Di alibi se ne possono cercare. Se la domanda, suo malgrado, non può sottrarsi – sono 600mila le persone che ci dicono addio ogni anno – i prezzi sono crollati. Soprattutto da Firenze in su, dove, oltre alle offerte di operatori low cost – nemesi delle pompe funebri tradizionali – c’è stata un’esplosione delle cremazioni, ben più economiche delle tumulazioni. Un grafico su Roma fa capire di che si parla.
«Il settore delle pompe funebri tocca livelli record di evasione tanto che si dovrebbe dedurre che al Nord un morto su due si sotterra con le proprie mani mentre al Sud si sale a due su tre»
Al Sud i funerali sono molto più seguiti e partecipati e le spese si sono mantenute più costanti, conferma Carmelo Pezzino, direttore della (bella) rivista di settore Oltremagazine. Un po’ come avviene per i matrimoni, i riti sono presi sul serio. Al punto che ancora, in alcuni piccoli centri del Meridione si trovano, residuali, delle prefiche. «Raramente si fanno pagare, è più un fenomeno di costume», spiega Pezzino. Del fenomeno si è occupato qualche anno fa, il cortometraggio “Stand by me”, ambientato in Basilicata e diretto da Giuseppe Marco Albano.
https://www.youtube.com/embed/cdOoygplyRE/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-ITAlibi o meno, l’evasione impera e il meccanismo è sempre lo stesso: «Oggi è possibile detrarre il 19% delle spese, fino a un massimo di 1.549 euro – spiega Pezzino -. Oltre quella cifra, molte agenzie si vanno pagare in contanti». Vale anche per la fase successiva al funerale, quella che riguarda l’acquisto e la posa delle lapidi.
Visto che il fenomeno è quasi endemico, dice il direttore di Oltremagazine, la mossa più efficace sarebbe quella di aumentare le spese detraibili. È quello che chiedono da anni le associazioni di categoria del settore (la Feniof, la Federcofit, la Efi e molte altre) e di cui si sta discutendo al Senato. Nella XII Commissione, Igiene e Sanità, da maggio si esamina un ddl firmato dal senatore Pd Stefano Vaccari, che in effetti sta introducendo un meccanismo che dovrebbe incentivare a dichiarare molto di più. Ora si considera una spesa complessiva (funerali e lapide) di 7.500 euro, si divide al 50% e su questa cifra si detrae il 19 per cento. Va però aggiunto il 10% di Iva alla spesa iniziale e questo, contesta la Federcofit, di fatto annulla i vantaggi. La differenza è che si incentiva le persone a superare la barriera, quasi mai realistica, di 1.550 euro. Secondo l’Agenzia delle Entrate un funerale medio (lapide a parte) costa 2.500 euro e su questa cifra si applicano gli studi di settore.
Oggi è possibile detrarre il 19% delle spese, fino a un massimo di 1.549 euro. Oltre quella cifra, molte agenzie si vanno pagare in nero
Moltiplicato per le 600mila persone che muoiono all’anno, si arriva a un giro d’affari – teorico – di 1,5 miliardi di euro. Con le lapidi si raddoppia e si arriva a tre miliardi, come stima anche la relazione al Ddl Vaccari. Che è tutta all’attacco: «In questo scenario, sostanzialmente fuori controllo – si legge – si sono radicati ed estesi fenomeni endemici di evasione fiscale a scapito dei soggetti virtuosi che vorrebbero lavorare, invece, in un contesto trasparente e di parità di condizioni concorrenziali. Nello stesso tempo, sotto il profilo dell’utilizzo delle risorse pubbliche, l’assenza di un quadro organico di riferimento, ha favorito comportamenti distorti e opachi all’insegna dell’urgenza».
Sono mille gli scandali che hanno attraversato il settore. Uno dei più odiosi è il procacciamento abusivo di clienti, con i raggiri messi in atto da operatori sanitari o dalle imprese funebri ai danni delle famiglie di chi muore
Chiarissimo il riferimento ai mille scandali che hanno attraversato il settore. Uno dei più odiosi è il procacciamento abusivo di clienti, con i raggiri messi in atto da operatori sanitari o dalle imprese funebri ai danni delle famiglie di chi muore. Per risolverli il Ddl prevede dieci azioni, dalla creazione di ambiti territoriali ottimali più ampi dei comuni alla costituzione di società miste pubblico-private. C’è anche la creazione di una nuova figura, l’agente monomandatario, con lo scopo di istituzionalizzare una prassi lasciata oggi nella zona grigia. Le associazioni di categoria contestano tanti punti della riforma, tra cui la nuova figura di agente, perché si andrebbe a rendere ancora più polverizzato un mondo già fatto di micro-imprese. Oggi le aziende che con varie specializzazioni hanno come oggetto sociale i servizi funebri sono circa seimila. Nella stragrande maggioranza dei casi sono Pmi con 3-4 dipendenti. Come ha ricostruito l’Agenzie delle Entrate in una ricognizione del settore del 2014, sono solo 66 le imprese di onoranze funebri di grandi dimensioni, che vantano una media di 16 addetti, 4-5 carri funebri e 3 furgoni. Arrivare a dimezzare gli operatori è uno degli obiettivi esplicitati dal Ddl (che ha provocato l’ira di Confartigianato in Senato). Già oggi comunque, se si andasse a fare una scrematura delle vere imprese funebri, se ne conterebbero 2.500, spiega Pezzino.
Oggi le aziende che con varie specializzazioni hanno come oggetto sociale i servizi funebri sono circa seimila. Solo 66 sono di grandi dimensioni
La riduzione delle imprese dovrebbe passare anche dalla certificazione della qualità e dall’aumento della formazione del personale. Oggi, dice il direttore di Oltremagazine, per soddisfare i requisiti minimi per un servizio funebre – quattro persone che portano la bara, un direttore tecnico, più il carro funebre – molte aziende ricorrono a personale non formato e non inquadrato («si arriva a prendere quattro vecchietti al bar»). Bastano in media (con variazioni in base alle leggi regionali) 16 ore di formazione per un necroforo, 24 per un direttore tecnico e 36 per un addetto a trattare gli affari. Ci sono altri corsi avanzati, come quelli per i tanato-trattori, cioè chi si occupa della cosmesi dei morti, e quelli per i maestri di cerimonia.
A Milano l’“Outlet del funerale” promette funerali a 1.500 euro. Una strategia che paga: dai 562.994 euro del 2014 si è saliti ai 698.809 euro del 2014
Gli operatori classici vedono come fumo negli occhi le recenti liberalizzazioni che hanno aperto la strada «a tutti quelli che pensano che arricchirsi con le pompe funebri sia semplice». Gli operatori low cost, inevitabilmente, vengono visti come un problema, perché «a quelle cifre un servizio funebre non si può fare», commenta Pezzino, a partire dalla qualità delle bare (che in termine tecnico si chiamano “cofani”), sempre meno lavorate e con legno sempre più economico. “Quelle cifre” sono, per esempio, i 1.499 euro che l’“Outlet del funerale” promette a Milano, con pubblicità anche gigantesche sparse per la città. Dando un’occhiata al bilancio 2014 della società che vi è dietro, O.D.F. srl, sembra che la strategia abbia pagato: dai 562.994 euro del 2014 si è saliti ai 698.809 euro del 2014, che salgono a 830mila se si tiene conto di incrementi di immobilizzazioni per lavori interni conteggiati nel valore della produzione. I costi del personale si fermano a 105.510 euro (45mila nel 2013) e la gestione è in perdita (per 13mila euro), soprattutto a causa di quasi 200mila euro di costi per ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali.
A Bologna – vero epicentro degli operatori funebri italiani – c’è una fiera chiamata Tanexpo che viene considerata la più importante e prestigiosa al mondo
L’Outlet del funerale ha tra le possibili formule il franchising, ma questa non è una strada battuta. Il settore è ancora abbastanza tradizionale e gira attorno a delle fiere che sono molto radicate. A Bologna – vero epicentro degli operatori funebri italiani – c’è una fiera chiamata Tanexpo che, rivendica Pezzino, «è la più importante e la più prestigiosa al mondo». Linkiesta nel 2012 con Paolo Stefanini la visitò. Vi sono ovviamente bare e accessori. Si scopre che «il prodotto italiano – continua Pezzino – è considerato un’eccellenza mondiale, per il design e i materiali». Le imbottiture da bara sono il nostro fiore all’occhiello e di “cofani” ne esportiamo molto. Così come mandiamo all’estero i carri funebri, soprattutto quelli usati. Un carro funebre nuovo costa tra i 130mila e i 150mila euro e i nostri operatori funerari considerano uno status symbol avere dei carri nuovi fiammanti. Così, dopo un paio d’anni, vengono venduti all’estero. Ci sarebbe molta domanda anche in Brasile, spiega Pezzino, ma visti i dazi molto alti la destinazione è quasi sempre l’Europa dell’Est.
Le fiere sono inoltre i luoghi dove si intercettano le nuove tendenze. Che oggi sono soprattutto di due tipi: la creazione di “case funerarie”, adatte a società multireligiose e adatte anche ai non credenti; e la crescita del business dei funerali degli animali, in parallelo con l’aumento dei cimiteri degli animali.
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