Le accuse questa volta arrivano da Londra. E a pubblicarle è il quotidiano inglese The Guardian, secondo il quale l’intelligence italiana nel 2012 inventò di sana pianta un blitz delle forze di sicurezza somale per nascondere il versamento di oltre 500mila dollari per la liberazione di Bruno Pellizzari e della sua compagna.
«Secondo quanto emerge de da un documento ottenuto da un’agenzia di spionaggio sudafricana, l’intelligence italiana aiutò a escogitare una falsa storia sul recupero di ostaggi a opera delle forze di sicurezza somale per nascondere il pagamento di un riscatto», scrive il Guardian.
Bruno Pellizzari e la compagna sudafricana, Debbie Calitz, erano stati sequestrati il 26 ottobre 2010 a bordo della loro barca, assaltata a largo della Tanzania. Vennero rilasciati a giugno del 2012.
Il ministro degli Esteri dell’epoca, Giulio Terzi, negò il pagamento di un riscatto. E il ministro della Difesa somalo, Hussein Ara Isse, raccontò di un blitz delle forze di sicurezza locali grazie al quale i due ostaggi vennero liberati. Ma un documento “riservato” dei servizi segreti sudafricani (datato 6 luglio 2012) citato dal Guardian rivela un’altra verità: il capo dell’intelligence di Pretoria per il Corno d’Africa riferisce che «l’agenzia di intelligenge Aise (ex Sismi) pagò un riscatto di 525.000 dollari». Secondo quanto riporta il Guardian, «per nascondere il pagamento del riscatto, l’Aise, la Snsa (Somalia’s national security agency) e gli ostaggi concordarono di informare la stampa e il pubblico che il loro rilascio era stato il risultato di un’operazione di salvataggio delle forze di sicurezza somale».