Rendere pubblico il curriculum e il certificato penale di chi si candida a sedere nei consigli d’amministrazione della partecipate italiane. Prevedere pubbliche audizioni, per permettere a tutti i cittadini di rivolgere domande ai futuri manager pubblici. Se ne discute a Montecitorio, dove due mozioni presentate da Cinque Stelle e Sinistra Ecologia e Libertà puntano a garantire maggiore trasparenza nel mondo delle migliaia di partecipate pubbliche d’Italia. Si tratta di una vera e propria “giungla”, stando alla definizione dell’ex commissario straordinario alla spending review Carlo Cottarelli. Un esercito di almeno 7.500 realtà.
Non è facile fare luce sui dettagli del sistema. «Perché le società – si legge sui documenti parlamentari – sono soggette a frequenti modifiche dell’assetto». Eppure attraverso i dati della Corte dei Conti, le partecipate possono essere così divise: 50 dallo Stato, 5.258 dagli enti territoriali. A cui si aggiungono altri 2.214 organismi di varia natura, come consorzi e fondazioni. Una moltitudine di società che hanno un forte impatto sui conti pubblici, spesso non accompagnato da una corrispondente trasparenza. Prendendo in considerazione le partecipate dallo Stato, secondo i dati della magistratura contabile i pagamenti a qualsiasi titolo effettuati dai ministeri nei loro confronti ammonterebbero a oltre 30 miliardi di euro nel 2011. Una cifra ridotta a 26,11 miliardi per il 2012 e 25,93 miliardi per l’anno seguente. E talvolta si tratta di società che non navigano in buone acque. Basta considerare, come spiega la mozione presentata da Sel, che calcolando le sole partecipate dagli enti locali, almeno un terzo sarebbe in perdita. Più di 1.500 società.
Prendendo in considerazione le partecipate dallo Stato, secondo i dati della magistratura contabile i pagamenti a qualsiasi titolo effettuati dai ministeri nei loro confronti ammonterebbero a oltre 30 miliardi di euro nel 2011. Una cifra ridotta a 26,11 miliardi per il 2012 e 25,93 miliardi per l’anno seguente
Il tema è di attualità. Non a caso nel corso degli ultimi anni più volte si è tentato di intervenire per razionalizzare il settore e provare a ridurre il numero delle società partecipate. Un paio di anni fa era stato chiesto al commissario per la spending review di proporre un piano di razionalizzazione delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali. Un programma che aveva fondato la propria strategia attraverso quattro linee guida. Anzitutto la limitazione dell’azione delle partecipate entro il perimetro dei compiti istituzionali dell’ente partecipante. Ma anche provando a «introdurre vincoli diretti per limitare e/o vietare alcuni tipi di partecipazioni. E promuovendo l’efficienza delle partecipate attraverso l’uso dei costi standard e l’aggregazione tra società che offrono servizi simili». Ultimo passaggio, non meno importante, la richiesta di ricorrere alla trasparenza e alla pressione dell’opinione pubblica, intesa come uno dei principali strumenti di controllo. Le due mozioni in discussione a Montecitorio si muovono proprio in questo contesto.
I documenti depositati alla Camera dei deputati chiedono al governo di adottare ogni intervento necessario per prevedere la pubblicazione online dei curricula di tutti i candidati alle procedure di nomina. In modo che tutti i dipendenti, i clienti, ma anche i semplici cittadini possano farsi un’idea dei soggetti in corsa per un incarico. Ma impegnano l’esecutivo anche a introdurre un sistema di audizioni pubbliche «per la nomina dei candidati dei consigli di amministrazione delle società partecipate dallo Stato e da altri soggetti pubblici», per garantire la massima chiarezza e trasparenza durante l’iter della selezione. I Cinque Stelle vanno oltre. La mozione grillina chiede di coinvolgere maggiormente gli italiani. Si propone un vero e proprio colloquio diffuso: permettendo «ai cittadini di intervenire (sul portale degli enti interessati, ndr) rivolgendo domande ai candidati sui curricula vitae, sulle attitudini e sulle competenze». Non solo. I grillini chiedono di pubblicare, insieme alle esperienze professionali di ciascun candidato, anche il suo certificato penale. «Soprattutto – si legge – al fine di evitare i cosiddetti “poltronifici”, con il conferimento di incarichi a soggetti non meritevoli».