Nessun Aventino, nessun ostruzionismo. Mentre a Palazzo Madama proseguono i voti sulla riforma costituzionale, le opposizioni scelgono la strada della “resistenza passiva”. Lo hanno deciso questo pomeriggio i rappresentati di Forza Italia, Sinistra Ecologia e Libertà, Lega e Cinque Stelle al termine di un’assemblea congiunta. Per protestare contro il governo, che a loro dire non accetta il dialogo sul disegno di legge, le opposizioni decidono di continuare a votare, ma senza intervenire in Aula. «Rimaniamo ostaggio della maggioranza» semplifica il capogruppo leghista Gian Marco Centinaio.
Fallisce dunque il tentativo di confronto. E dire che in mattinata le opposizioni avevano deciso di ritirare buona parte degli emendamenti in cambio di un accordo con la maggioranza. Invano i senatori hanno chiesto un confronto su alcuni dei nodi ancora irrisolti della riforma, dalle modifiche al procedimento legislativo all’elezione del capo dello Stato. Niente da fare. Giunti al momento di votare l’articolo 10 (sulla funzione legislativa di Camera e Senato), il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha espresso parere negativo su tutti gli emendamenti. Rimettendosi all’Aula nel caso degli emendamenti per cui il presidente Pietro Grasso aveva autorizzato il voto segreto. Tanto è bastato per scatenare la reazione delle opposizioni.
Per protestare contro il governo, che a loro dire non accetta il dialogo sul disegno di legge, le opposizioni decidono di continuare a votare, ma senza intervenire in Aula
La protesta è destinata a proseguire. Domani è previsto un nuovo incontro tra le opposizioni, in cui si deciderà se salire al Colle e rivolgersi direttamente al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Intanto la risposta del governo è affidata al sottosegretario alle Riforme Luciano Pizzetti. «Evidentemente – il suo commento in merito alla scelta di “resistenza passiva” – hanno capito che l’Aventino non è una cosa buona per le opposizioni. Comunque è tutta un’azione strumentale». Insomma, non c’è alcuna mancanza di dialogo. Tutt’altro. «La maggioranza parla – prosegue Pizzetti – È l’opposizione che non ascolta. Vogliamo entrare nel merito? L’articolo 1, modificato, recepisce diverse istanze delle opposizioni. L’articolo 2, modificato, recepisce diverse istanze delle opposizioni». Senza dimenticare che altre aperture saranno fatte, così sembra, quando si discuterà dell’elezione del presidente della Repubblica.
Intanto in Aula le votazioni proseguono veloci. Senza gli interventi delle opposizioni, nel pomeriggio il Senato boccia uno dopo l’altro gli emendamenti all’articolo 10 della riforma. Non mancano alcuni momenti di tensione. Come quando il senatore grillino Vincenzo Santangelo, con una metafora calcistica, paragona Grasso all’arbitro Byron Moreno, il protagonista della sconfitta italiana ai Mondiali coreani del 2002. Il presidente non gradisce e non fa nulla per nasconderlo. «È altamente offensivo – alza la voce il presidente di Palazzo Madama – E non credo assolutamente di meritare quell’accostamento».
«La maggioranza parla, è l’opposizione che non ascolta. Vogliamo entrare nel merito? L’articolo 1, modificato, recepisce diverse istanze delle opposizioni. L’articolo 2, modificato, recepisce diverse istanze delle opposizioni»
Nel frattempo la maggioranza supera ancora una volta l’ostacolo dei voti segreti. Anche se i numeri lasciano qualche preoccupazione. Nel primo scrutinio l’Aula respinge un emendamento leghista con 153 voti contrari e 131 a favore. Più tardi viene bocciato anche il secondo emendamento votato a scrutinio segreto. Stavolta i voti della maggioranza salgono a 154, ma crescono anche i numeri dell’opposizione, che arriva a 136. Dalle parti del Pd si ostenta tranquillità: la presenza di alcuni franchi tiratori è fisiologica. Certo è che in diverse occasioni manca la maggioranza assoluta di 161 senatori. «Con il voto segreto la presunta maggioranza è scesa intorno ai 150 voti ed è quindi minoranza rispetto al plenum del Senato – attacca l’esponente di Forza Italia Maurizio Gasparri – Si possono fare riforme costituzionali così?».
A fine giornata la maggioranza può tirare un sospiro di sollievo. Il Senato approva l’articolo 7 del ddl Boschi, relativo ai titoli di ammissione dei componenti del Senato, con 166 voti a favore. E l’articolo 10, sul procedimento legislativo, con 165 sì. Dal Quirinale, dove ha ricevuto i partecipanti al Forum parlamentare tra Italia, America Latina e Caraibi, il presidente Sergio Mattarella segue a distanza il percorso della riforma. Senza nascondere una certa preoccupazione. A chi gli chiede dell’assenza di Grasso, il capo dello Stato ammette con realismo: «Non è qui, deve presiedere una seduta impegnativa al Senato». A fine giornata il diretto interessato conferma. Chiudendo i lavori dell’Aula Grasso commenta: «È stata una giornata intensa, faticosa e carica di tensioni».