Occident Ex-PressQuarto Cagnino, la periferia milanese che vuol farsi repubblica

Cosa accade se un quartiere ha una sua bandiera, un'economia e un codice penale? Un gioco che comincia a prendersi sul serio

Per fondare una nazione ci vuole una bandiera. A Quarto Cagnino, nella periferia ovest di Milano, si sono portati avanti con il lavoro e ne hanno creata una lunghissima, realizzata con cinquanta tovaglie cucite insieme, su cui ogni famiglia ha disegnato il proprio simbolo. Lo stendardo ha sfilato per il chilometro e mezzo di via fratelli Zoia in due occasioni – l’ultima a fine settembre, durante la seconda edizione della ‘‘Festa in Borgo’’ – la festa di quartiere assieme alle cascine, alla banda jazz ‘‘Figli di Pulcinella’’ e agli inquilini dei caseggiati popolari. Festa e parata sono state finanziate col crowdfunding.

Una nazione, o comunque un borgo indipendente, ha bisogno anche della propria spina dorsale: cioè di un’economia. E allora a Quarto Cagnino si raccoglie il riso (l’area è per tradizione dedita alla risicoltura), lo si stipa in alcuni silos nelle scuole e lo si ridistribuisce durante l’inverno alle famiglie meno abbienti.

Il terzo pilastro di una nazione è la legge, da far rispettare in un luogo in cui non sempre è questa l’abitudine. E allora c’è una donna di nome Mara, che ha stilato un breve e chiaro codice penale sui generis, per gli adolescenti dei caseggiati di via Fleming – strada nota alle cronache, sopratutto nere, della città. Queste leggi orali non coincidono con quelle scritte nei codici utilizzati dalle procure della Repubblica italiana, ma per alcuni dei ragazzi che abitano qui è il miglior modo per non fare dentro-fuori dall’Istituto Beccaria – il carcere minorile di via Calchi Taeggi, che si trova poco distante.

Cosa accade se un quartiere di Milano si inventa una bandiera, un codice penale, un’economia?

Ovviamente, nessuno pensa di dichiarare davvero l’indipendenza del quartiere, perché, anche se è stata creata una bandiera, nessuno ha ancora pensato a un esercito (che è la quarta e ultima condizione per la nascita di una nazione). Si tratta invece di riflettere sul fatto che la periferia, ormai, si consideri sempre più un luogo a sé, come a una cittadella dentro la città, e provveda da sola ai bisogni degli abitanti, troppo spesso sono abbandonati a loro stessi.

È iniziato tutto nel 2013, quando un collettivo di artisti, architetti e designer, con passate esperienze internazionali nella riqualificazione di aree degradate – dalla Transilvania, negli ex quartieri operai anni ’70 del regime di Ceausescu, fino agli arsenali militari abbandonati di Taranto – ha fondato un’impresa sociale di nome Mare Culturale Urbano. È registrata alla Camera di Commercio e ha lo scopo di fare a Milano quello che è stato tentato con successo in altre città europee: per esempio a Madrid, con il recupero del Matadero, l’ex mattatoio chiuso nel 1996 dove oggi esiste un enorme centro artistico e culturale.

Non è nemmeno un sogno da fricchettoni, o almeno non è questo ciò che pensa l’Università Bocconi, che ha addirittura studiato questo fenomeno di sostenibilità e riconversione urbana, all’interno del proprio master in Management delle Imprese Sociali, Non Profit e Cooperative.

Il Comune di Milano ha concesso di utilizzare il giardino della ex scuola Manara di via fratelli Zoia, durante i tre mesi della stagione estiva. La ex scuola Manara è famosa perché è stata una delle prime strutture del capoluogo lombardo dove sono stati accolti i siriani in fuga dalla guerra civile.

Per tutta l’estate si sono organizzate attività ricreative, cineforum e laboratori per gli adolescenti (e meno adolescenti) che abitano fra Baggio, Quinto Romano, Settimo Milanese e San Siro. Fra questi spicca il progetto del F***ing good talent: un format che ricorda nel nome i talent televisivi, ma nella sostanza è tutta un’altra cosa. La competizione qui non è fra singoli individui con particolari abilità nel canto, nella danza o nella recitazione, bensì fra gruppi di ragazzi che devono pensare a un futuro lavorativo nel luogo dove vivono. Si tratta di creare un’impresa o un servizio che si regga potenzialmente sulle proprie gambe e che, allo stesso tempo, migliori la vita nel quartiere. Che abbia una sua funzione sociale.

Hanno vinto ex-aequo due progetti, che ora devono spartirsi 5mila euro, per portare a compimento il proprio business plan entro dicembre. Uno dei due progetti vincenti si chiama ‘‘Megafonina’’, rappresentato da una sorta di icona pop, una supereroina cantante con tanto di megafono. ‘‘Megafonina’’ deve diventare un’agenzia di comunicazione di Quarto Cagnino, per far sapere al mondo esterno cosa accade dentro la neonata Repubblica di quartiere.

La stagione estiva è finita e in queste settimane sta avvenendo il trasloco in altri due spazi vicini alla scuola Manara: la cascina Torrette di Trenno, che è in fase di restauro e aprirà nella primavera del 2016, e il civico 75 di via Novara. Spazi che sono stati ottenuti tramite bando del Comune e in comodato d’uso. Quando le attività entreranno a regime, ci sarà lavoro per circa settanta persone. Figure professionali nel mondo della musica, dello spettacolo, del co-working o della ristorazione. All’inizio tutte selezionate e formate fra gli abitanti del quartiere.

Perché se Repubblica deve essere, allora vale la pena di tutelare i posti di lavoro per i cittadini residenti – un po’ come ha fatto la Svizzera negli ultimi anni. Ma è la periferia, sempre meno milanese, di Mlano.

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