Il punto di vistaBonus assunzioni, chi assume non ha spazio per “furbizie”

L’uso improprio degli sgravi, licenziando e poi riassumendo personale, sembra improbabile. Oltre a essere poco conveniente a livello aziendale, sarà anche possibile un incrocio dei dati per verificare che non ci siano truffe

L’introduzione dei nuovi incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato da gennaio 2015 ha generato molte inesattezze che hanno prodotto un forte dibattito e polemiche. Attraverso l’analisi in dettagli del Jobs Act, della legge di Stabilità 2015 e della circolare Inps 17 del 29 gennaio 2015, vediamo di chiarire alcuni dubbi.

Innanzitutto l’esonero contributivo riguardava tutti i rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ancorché in regime di part-time, con l’eccezione dei contratti di apprendistato e lavoro domestico. Attraverso l’introduzione del contratto a tutele crescenti, l’intento del legislatore è stato quello di incentivare le imprese verso l’instaurazione di contratti a tempo indeterminato rispetto ad altre forme contrattuali. A ciò si aggiunge il diritto di “precedenza”, ovvero l’obbligo dell’azienda di avviare una stabilizzazione dei lavoratori precari prima di realizzare nuove assunzioni, una sorta di “sanatoria” (rispetto al rischio di eventuali ricorsi) della stabilizzazione dei contratti a progetto.

Spesso però si descrivono comportamenti opportunistici del datore di lavoro in cui si attuano licenziamenti collettivi dei dipendenti, per ri-assumerli con contratti a tutele crescenti ai quali si aggiungono gli incentivi economici (se giovani c’è la possibilità anche di “cumulo” con la Garanzia Giovani). Ma il fenomeno non risulta così esteso. Tuttavia, ci sono molti motivi che rendono questo comportamento sconveniente.

Il primo è che si dimenticano i costi, nettamente maggiori, di liquidare un numero elevato di soggetti. Un licenziamento collettivo richiede tempo per applicarlo e una “serrata” contrattazione con le parti sociali non si realizza in poche settimane in modo da potersi accaparrare le risorse previste dall’esonero contributivo con i nuovi contratti.

A ciò si aggiunge, la non facile possibilità per l’impresa di giustificare licenziamenti di massa (ovviamente per motivi organizzativi/gestionali), per successive assunzioni in medesimi ruoli e funzioni. Fioccherebbero i “ricorsi”. C’è da chiedersi quale datore di lavoro si addentrerebbe in una situazione del genere, per incentivi economici (in molti casi) marginali rispetto alle conseguenze sociali di tali azioni, senza considerare l’eventuale ricadute in termini di reputazione sul mercato (tale comportamento non è certo una bella pubblicità).

L’effetto degli sgravi non sembra certo quello di verificare un possibile aumento del tasso di occupazione, semmai l’unico effetto da misurare è l’impatto netto sull’aumento dei contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli atipici

Questi motivi si accompagnano alle diverse precisazioni presenti nella stessa circolare Inps, ovvero l’esclusione dagli incentivi riguardanti lavoratori licenziati nei sei mesi precedenti, o nel caso l’impresa cambi solo ragione sociale ma in sostanza rimanga la stessa (in termini di personale e funzioni organizzative).

Nella stessa circolare non manca un passaggio “contorto”, ma fatto apposta per lasciare margini di controllo: in estrema sintesi si sottolinea che l’intento degli sgravi contributivi è quello di stabilizzare o assumere nuove risorse, in presenza di comportamenti “truffaldini” l’Inps può contestare l’accesso o meno all’incentivo economico.

In generale, la modalità di questi incentivi si basano su “sgravi” contributivi, non sono soldi che lo Stato consegna all’imprese, le quali comunque devono pagare lo stipendio al lavoratori. Appare molto difficile credere che al termine di questi incentivi le imprese in “massa” licenzieranno i neo-assunti: servirebbe tempo per sostituire i lavoratori, per migliorare le loro competenze e in generale per rimpiazzare la reciproca fiducia costruita durante il periodo lavorativo.

La sostituzione del personale, in presenza di una nuova recessione, sarà possibile solo per alcune professioni poco-qualificate, che precedentemente al contratto a tutele crescenti erano comunque caratterizzate da contratti “precari” con il terrore costante del mancato rinnovo contrattuale.

Infine, i possibili comportamenti elusivi volti alla precostituzione artificiosa delle condizioni utili a godere dell’esonero saranno oggetto di attenzione attraverso l’incrocio delle banche dati esistenti tra le varie istituzioni pubbliche (Inps, Agenzia delle Entrate, Ispettorato del lavoro). L’Inps fornirà a ciascuna direzione territoriale del lavoro la lista delle imprese interessate e, in relazione a esse, saranno esaminate le posizioni lavorative, anche precedenti, del personale per il quale si fruisce dell’esonero. Questo significa che anche se “post-beneficio”, molti soggetti che hanno goduto ingiustamente di tali benefici potrebbero essere sanzionati, senza considerare le eventuali conseguenze civili e penali di aver truffato lo Stato.

L’effetto degli sgravi non sembra certo quello di verificare un possibile aumento del tasso di occupazione, semmai l’unico effetto da misurare è l’impatto netto sull’aumento dei contratti a tempo indeterminato rispetto a quelli atipici. Questo obiettivo probabilmente sarà raggiunto, ma andrebbe verificato se questi nuovi contratti si sarebbero realizzati comunque anche senza gli incentivi.