È l’economia che fa vincere il Front National, non gli attentati

Il partito di Marine Le Pen raccoglie voti cavalcando disoccupazione, disagio sociale e xenofobia. Ma questo è solo una parte dei motivi alla base del suo consenso. Le misure insufficienti degli avversari le stanno spalancando interi portoni

Le elezioni regionali francesi si sono abbattute come un ciclone sulle opinioni pubbliche europee e mondiali. L’avanzata di Marine Le Pen, che può essere riassunta dal dato impressionante di una percentuale di voti superiore al 30% in 42 dipartimenti su 95, è stata accolta in modi piuttosto contrapposti, sebbene la tendenza comune sia quella di sorpresa, per un risultato così corposo di una forza che resta di estrema destra populista.

Marine Le Pen non si lascia sfuggire l’occasione di soffiare contro l’Unione Europea e le sue politiche “iper-liberiste” e “mondialiste”. Il Front National evoca apertamente una ricontrattazione della permanenza nell’Unione, chiede di ristabilire in modo permanente frontiere nazionali, una stretta decisa sull’immigrazione e – velatamente, soprattutto la corrente di partito che fa capo alla giovane Marion, nota integralista cattolica – invoca lo scontro di religioni e valori fra comunità che da più di decenni convivono nella Francia laica e repubblicana. Insomma, un mix abbastanza tossico anche per commentatori aprioristicamente non schierati contro il Fn.

Per mettere un poco di ordine alle idee, e cercare, almeno sommariamente, di focalizzarsi sui fattori che stanno spingendo le vele in poppa al partito dei Le Pen, è necessario cercare di porre domande intelligenti ai dati che si hanno a disposizione. È una questione prettamente d’insicurezza dopo i tragici attentati di Charlie e del Novembre scorso? È un malessere diffuso legato in qualche modo all’economia stagnante, braci ardenti su cui i lepenisti hanno facile gioco a soffiare?

I dati presentati provengono dal Ministero degli Interni e da Insee, l’Istat francese, e sono aggregati a livello di dipartimento, in parte corrispondente alle province italiane. Il primo dato macro da citare è, ovviamente, il tasso di disoccupazione medio nell’Esagono. Insee riporta come anche nel terzo trimestre 2015, la disoccupazione sia in aumento, con un tasso superiore al 10% delle forze lavoro in Francia metropolitana, in altre parole escludendo i territori d’oltremare.

La curva, come si vede, è addirittura in impennata, con il Pil che crescerà nel 2015 attorno all’1%, un ritmo, nei fatti, non sufficiente per far aumentare in modo sostanzioso la domanda di lavoro. Che lo stato dell’economia sia in qualche modo correlato con la vittoria storica del Front National è riassunto dal grafico sottostante, che mostra l’associazione esistente fra tassi di disoccupazione dipartimentali e la quota relativa di voti al Fn, nei diversi dipartimenti, nei primi turni delle ultime due elezioni regionali, quelle del 2010 e del 2015.

Prima osservazione, ovvia: si nota l’aumento considerevole nella quota di voti, in ogni dipartimento, mentre la relazione strutturale fra tassi di disoccupazione e quota voti è diventata leggermente più solida e significativa. Inoltre, dall’inclinazione della prima curva, si può notare come a parità di variazione nel tasso di disoccupazione fra dipartimenti, il “premio relativo” di voti associato sia ora più alto, rispetto a 5 anni fa! Secondo messaggio chiaro: la situazione sembra si sia “incancrenita”.

Concentrarsi sulla relazione strutturale potrebbe essere, però, ingannevole. Soffermandosi sulla relazione a breve, cioè sui cambiamenti nei tassi di disoccupazione e nella quota voti al Fn, il terzo grafico mostra come esista una correlazione positiva fra l’aumento della quota voti fra 2010 e 2015 e l’aumento del tasso di disoccupazione, ma solo se il periodo di riferimento per l’aumento del tasso è quello dell’inizio della crisi, l’ormai lontano 2008.

Ovvero, in altre parole, non esiste alcuna correlazione fra aumento dei consensi e aumento della disoccupazione dal 2010, mentre questa relazione è positiva se ci concentra sugli effetti dello shock iniziale. Il consenso al Fn è andato via via aumentando con risposte di politica economica insufficienti, generando insicurezza economica grazie alla quale è facile, poi, lanciare messaggi populisti, in risposta ad altri tipi d’insicurezza, terrorismo in primis?

I dati paiono non scartare questa ipotesi, soprattutto prendendo in considerazione il fatto che la quota di voti al Fn, nelle ultime regionali – come mostrato dal grafico 4 – non sembra essere correlata né alla quota parte di stranieri nella popolazione (ovvero non aventi diritto di voto), né a quella propriamente d’immigrati, di seconda o terza generazione. Per di più, non pare esistere correlazione fra l’uso a livello di dipartimento, del famoso “aiuto all’immigrato” il reddito minimo, che nelle parole della Le Pen è uno degli strumenti con cui la Repubblica favorisce gli immigrati rispetto ai cittadini francesi. Non pare dunque che i votanti del Fn siano corsi alle urne perché stanchi di vedere qualche “faccia grigia o nera” in part-time volontario sussidiato, o senza lavoro, ricevere aiuti di stato e poi starsene nel bar di una delle tante cittadine transalpine.

Si è spesso sostenuto, che il Fn raccolga più consensi fra le fasce basse della popolazione, più inclini a “risposte di pancia” di fronte a problemi complessi come quelli economici o terroristici. L’intuizione è confermata dal grafico 5, che mostra la correlazione fra voti nel 2015 e quota parte nella popolazione di lavoratori altamente qualificati (manager, quadri, professionisti) e con basse qualifiche (operai e impiegati). Come si nota, le correlazioni hanno il segno atteso ma non paiono spiegare la varianza del fenomeno osservato, quindi non sono di certo l’unico fattore per comprendere il boom di voti del partito di Marine Le Pen.

Molti commentatori hanno anche sollevato la questione dell’origine “rurale” e “poco urbanizzata” del consenso al Fn. Oltre a ricordare come Marine Le Pen sia nata nel comune più aristocratico e ricco di Francia, Neuilly-Sur-Seine, roccaforte dei Sarkozy, mentre il padre Jean Marie abita tranquillo nella cittadina di Saint-Cloud, anch’essa nel ricchissimo dipartimento dell’Hauts-De-Seine, nota zona di “privilegiati” politici e imprenditoriali, il grafico 6 potrebbe forse spiegare meglio l’arcano mistero: non vi è alcuna correlazione fra densità abitativa dei dipartimenti e quota di voti al Fn.

L’aneddotica, difficile da mostrare analiticamente con questo livello d’aggregazione dei dati, suggerirebbe piuttosto che il consenso al Fn sia un fenomeno urbano periferico, con tutte le cittadine nei dintorni dei grandi agglomerati urbani pesantemente sbilanciate verso il Frontismo, almeno nella sua variante “settentrionale”. In Nord-Pas-De-Calais, regione storicamente operaia e industriale, che la crisi ha pensatemene colpito, nel 2010, al primo turno socialisti, verdi, comunisti vari e eventuali totalizzano più del 50% dei voti, sebbene in liste separate. Ora sono, globalmente, al lumicino. Si sono trasformati tutti in pericolosi fascisti? Lasciatelo dubitare.

A questa dinamica sfugge per ora solo Parigi, anche se nei dipartimenti, dove si situano le periferie più “calde”, il consenso al F è in aumento considerevole, con percentuali di voto vicine o superiori al 20%. Per di più, esiste un chiaro effetto “rimbalzo”, mostrato dalla correlazione positiva fra la quota di voti nelle Regionali 2010 e i guadagni in punti percentuali nel 2015. Più il Fn era radicato nei dipartimenti, più ha guadagnato voti. Un messaggio preoccupante per il Governo Valls, alle prese con una situazione economica stagnante, cui ha risposto, sinora, con misure inesistenti, almeno nella loro efficacia, per combattere la disoccupazione, e braccato da un’opinione pubblica spaventata e stanca.

Se il consenso dei francesi continuasse a scivolare verso i finti nuovi aristocratici lepeniani, inizierebbe seriamente a essere un pericolo per la stabilità dell’Unione Europea, al netto di prese di coscienza e processi di “moderazione”, sempre possibili una volta che da puri oppositori di sistema si diventa governatori d’importanti regioni francesi.

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