È la sera della viglia di Natale e Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi è felice. Ha chiuso l’anno parlamentare con due eventi che non possono che rallegrarlo: il ministro delle riforme Maria Elena Boschi ha superato con un ampio margine di voti la mozione di sfiducia individuale presentata dal MoVimento Cinque Stelle per il “salvataggio” di Banca Etruria, e la sua seconda Legge di Stabilità è stata definitivamente approvata dal Senato. Nella quiete di Palazzo Chigi Renzi assapora con soddisfazione questa sequenza di eventi, e nel contempo si compiace del proprio attacco contro la cattiva Germania, colpevole di avere avvolto in una dannosa austerity l’economia europea.
Rilassandosi su una poltrona e scorrendo i tweet di amici, nemici, nemici diventati amici e amici diventati amici Renzi finisce per soffermarsi – come a volte fa, senza dirlo a nessuno, nemmeno al suo spin doctor Filippo Sensi – su quanto scrive il suo precedessore Enrico Letta:
È automatico per Renzi interpretare questo messaggio come qualcosa di indirizzato a lui. Ed è ancora più automatico scrollarsi di dosso questa sensazione di stizza e di fastidio con una lettura amena e alternativa: l’ultima sua intervista rilasciata a Maria Teresa Meli: un’intervista come si deve – pensa – dove ha potuto dire quel che voleva!
Dopo poco Renzi si assopisce, o crede di assopirsi, e si accorge della presenza nel suo studio di una figura evanescente ma ritta, che assomiglia a qualcuno di noto: è Enrico Letta, ha in mano un campanellino, e lo guarda con fare severo, corrucciato: «Ti saluto Matteo: già mi tradisti una volta, e su questo potrei persino averti perdonato. Tuttavia non ti perdono per il fatto di tradire il progetto dell’Europa, nascondendo i tuoi errori politici dentro la furba casacca del populismo. Ma hai ancora tempo per pentirti»
Renzi lo guarda, stranito. Letta prosegue.
«#StaiSereno: questa notte verrai visitato da tre fantasmi. quello dell’Europa passata, quello dell’Europa presente e quello dell’Europa futura. Ascolta quel che ti diranno, e cambia strada, se puoi!»
Renzi ascolta con un sorriso stupito e beffardo quel che gli dice Letta, che nel frattempo scompare, lasciando il posto a una stanza vuota.
Il fantasma dell’Europa passata: Erasmo da Rotterdam
Dopo qualche ora di un dormiveglia non esattamente #sereno Renzi viene destato dall’improvvisa apparizione di una figura rinascimentale, con indosso un cappello scuro e una giacca altrettanto scura, ma dai ricchi risvolti di pelliccia. La figura si avvicina a Renzi e si presenta: «Sono Erasmo da Rotterdam, e sono il fantasma dell’Europa passata. Non solo perché rappresento uno dei primi esempi di intellettuali che hanno viaggiato e dato un’impronta culturale unitaria al nostro Vecchio Continente, ma anche perché tu possa rammentarti, caro Matteo, delle migliaia di volte in cui hai nominato la “generazione Erasmus”, quella dei giovani che hanno visitato i tanti paesi dell’Unione Europea grazie allo scambio tra università che porta il mio nome. Te la ricordi ancora questa immagine, Matteo? E ti ricordi di quando sostenevi che le riforme strutturali in Italia si fanno per il nostro benessere e per il benessere delle generazioni future, e non “per fare i compiti” che ci chiederebbe l’Europa? Dov’è finita oggi quell’Europa».
Il sorriso beffardo con cui Renzi aveva accolto l’apparizione di Enrico Letta non c’è più, sostituito da uno sguardo tra il malinconico e l’impaurito. Erasmo si aggiusta il collo di pelliccia, si volta, si allontana e scompare.
Il Fantasma dell’Europa Presente: la Clausola di Salvaguardia
Il presidente del consiglio si assopisce di nuovo. Nel cuore della notte viene svegliato da un’altra apparizione: una donna vestita da benzinaio e che assomiglia vagamente ad Angela Merkel si accosta a lui, gli tocca una spalla e così lo sveglia. Appena Renzi apre gli occhi, la donna inizia a parlare: «Ben svegliato Matteo: io sono la Clausola di Salvaguardia, e rappresento l’Europa del Presente. Perché mi guardi così? Sì lo so, non ti sono simpatica, perché rappresento quel che l’Italia dovrà fare se non realizza le riforme strutturali promesse, e soprattutto se non taglia la spesa pubblica corrente. Volete abbassare le tasse? Volete spingere le imprese a investire e i consumatori ad acquistare beni durevoli? Volete nel contempo ridurre il vostro debito pubblico? Per tenere a bada i vostri conti pubblici qualora non vogliate o non riusciate a ridurre la spesa intervengo io, la Signora Clausola di Salvaguardia, e vi costringo ad alzare IVA e accise sulla benzina».
Renzi è infastidito e mentre la osserva, cerca qualcosa da scagliarle addosso. Una abat jour, una ciabatta, qualcosa. La prima cosa che trova è la copia di un libro scritto da un tale Carlo Cottarelli, che si intitola “La lista della spesa”. Per un attimo, Renzi si chiede cosa ci faccia ancora lì, quel libro. Poi lo scaglia contro il Fantasma dell’Europa presente. Il libro la attraversa. Lei non si scompone e continua a parlare.
«Dici che vi sono stata imposta dall’Europa? No, Matteo, sei tu che mi hai creata e mi hai vestito così, da benzinaia. Niente ti impediva di tagliare un po’ di spesa pubblica improduttiva per farmi un vestito migliore. Chi è causa del suo male, pianga se stesso». Detto ciò, la teutonica Clausola di Salvaguardia gira i tacchi e se ne va, lasciando Renzi sgomento e il libro di Cottarelli a terra.
«Volevi che non fossi il volto della noia? Che non fossi più austero? Ecco, ci sei riuscito. Ma io oggi non so più dove andare, non so più cosa fare e ho tanta paura. Tu mi sai aiutare? Oppure devo aspettare qualcun altro?»
Il fantasma dell’Europa Futura: un Arlecchino pazzo
È quasi mattino, e Renzi si rigira sul divano dove prova, invano, a prendere sonno. E dove, per la terza volta, è svegliato da un bagliore. Di fronte a lui, stavolta, c’è una figura variopinta, un Arlecchino che volteggia nella stanza parlando in molteplici lingue, come il frate Salvatore del Nome della Rosa: «Ahahahaah Penitenziagite Matteo, sono il fantasma dell’Europa del futuro. Parlo tante lingue diverse come i colori del mio vestito. Non so più chi sono, le altre aree del mondo mi stanno schiacciando, sono un vaso di coccio multicolore in mezzo a grossi vasi di ferro, americani, cinesi, russi, indiani».
Il fantasma continua a ridere ma è una risata amara: «Volevi che non fossi il volto della noia? Che non fossi più austero? Ecco, ci sei riuscito. Ma io oggi non so più dove andare, non so più cosa fare e ho tanta paura. Tu mi sai aiutare? Oppure devo aspettare qualcun altro?»
Con queste parole il fantasma dell’Arlecchino si dilegua danzando, triste come un Rigoletto alla ricerca della figlia. Renzi guarda e tace. Fuori dalla finestra le campane suonano a festa, la neve ha cominciato a cadere su Roma e il prefetto Tronca ha già dichiarato lo stato di emergenza. Renzi sospira, mentre guarda fuori dalla finestra. «Auguri», sussurra.