TaccolaLa Lombardia ha una strategia e si chiama manifattura

Nel piano #Lombardia2030 gli industriali della regione hanno provato a mettere in piedi una strategia per riconquistare 100mila posti di lavoro e ritrovare competitività. L’idea forte è che si debba ancora puntare sul manifatturiero. E che sia ora di dare concretezza ai nuovi “cluster tecnologici”

Gli industriali lombardi hanno presentato nei giorni scorsi un documento chiamato #Lombardia2030. È un piano strategico e se vi aspettate previsioni e grafici come quelli che si possono trovare in un lavoro come “The Global Economy in 2030” del Centre for European Policy Studies (CEPS) rimarrete delusi. I grafici si riferiscono per lo più al presente e le simulazioni su quello che accadrà tra 15 anni vanno prese con le pinze. Né ci sono indicazioni operative, rimandate a futuri piani di azione. Però i suoi dieci capitoli vale la pena di leggerli, perché una notizia c’è: esiste una visione di come stanno cambiando le cose, di dove si vuole andare e con quali strumenti. Non è poco, perché a livello nazionale una visione del genere manca e perché bisogna attrezzarsi davanti a tempi duri. Studi come quello della Oxford Martin School predicono che il entro il 2040 il 46% dei posti di lavoro saranno sostituiti dai computer e non è chiaro quali nuovi lavori si creeranno.

La prima idea forte alla base della strategia è che tra 15 anni il manifatturiero avrà ancora un ruolo centrale. Sarà un’industria di nuova generazione, definita interconnessa o Industria 4.0 (dal nome di un programma tedesco di collaborazione tra pubblico e privato). Definito in vari modi (il più semplice dei quali è “l’internet delle cose applicato alle fabbriche”), questo nuovo modello industriale ha diverse implicazioni sulla personalizzazione della produzione e sull’aumento della produttività. Secondo gli industriali questa trasformazione potrà essere cavalcata dalla Lombardia e avrà benefici per gli altri settori dell’economia: «riguarderà l’artigianato, i servizi e genererà un’occupazione qualificata aumentando l’occupabilità», si legge nel documento, perché si creerà «un vero e proprio ecosistema dell’innovazione che faccia da traino per tutta l’economia di un territorio», prevede il piano strategico.

La prima idea forte alla base della strategia è che tra 15 anni il manifatturiero avrà ancora un ruolo centrale

Gli industriali lombardi pensano che un ruolo in questo cambiamento possano averlo le aree in via di dismissione dell’Expo. «Bisogna portare nelle aree di Expo un centro di manifattura 4.0, che si integrerebbe perfettamente con gli altri progetti creando sinergie che rappresenterebbero un acceleratore per la competitività di territori e imprese», si legge in un decalogo collegato allo studio. Nell’area Expo Confindustria vuole anche portare il World Manufacturing Forum, il più grande evento mondiale del settore manifatturiero.

La seconda idea forte è che la competizione globale sarà incentrata sulla capacità di attrarre capitale umano e imprese innovative. «Il numero e la forza degli hub dell’innovazione, di un Paese o di un territorio, ne decreteranno la fortuna o il declino – è scritto -. E quindi la valorizzazione dei talenti, degli innovatori e delle forze migliori, nativi o stranieri che siano, avrà altrettanto peso rispetto all’attrazione». Bisognerà lavorare molto perché sulla capacità attuale di valorizzarli dicono tutto i dati impressionanti sugli expat italiani.

I quattro pilastri

Sulla base di queste due idee, arriva la strategia per il 2030, basata su quattro pilastri. Il più originale è quello di accrescere lo stato di sviluppo dei cluster tecnologici regionali. I cluster sono l’evoluzione dei distretti, ma non coinvolgono le sole aziende: sono aggregazioni di imprese, università, centri di ricerca e altri soggetti pubblici o privati attivi. Forse non tutti lo sanno, ma i cluster sono qualcosa di formalizzato, con un’associazione alle spalle e un consiglio direttivo. In Lombardia ce ne sono nove, in altrettanti ambiti: Fabbrica intelligente, Agrifood, Aerospazio, Energia, Mobilità sostenibile, Chimica verde, Smart cities and communities, Ambienti di vita e Scienze della vita. Si affiancano – come avviene in altre regioni – a quelli di carattere nazionale istituiti nel 2012. Queste realtà devono diventare più incisive e per farlo l’idea della Confindustria è di promuoverle, facendo salire il numero di imprese partecipanti (nei nove esistenti variano da una dozzina a un centinaio) e coinvolgendo imprese “àncora” in grado di trainare la filiera. La strategia prevede che l’associazioni degli industriali partecipi alla gestione, anche “adottando” uno o più cluster di riferimento.

I quattro pilastri della strategia #Lombardia2030: lo sviluppo e il rinforzo dei cluster lombardi;
la promozione di una nuova cultura d’impresa; capitale umano e formazione professionale; internazionalizzazione e network europei

Gli altri pilastri della strategia sono più tradizionali: la formazione, l’internazionalizzazione e la diffusione della “cultura d’impresa”, combattendo il presunto strapotere della “cultura anti-impresa”. Ci sono però delle scelte non scontate dietro queste parole d’ordine.

Sul fronte dell’internazionalizzazione gli industriali chiedono di mettere un punto: basta disperdere i fondi su tante piccole iniziative delle Camere di Commercio, della Regione e di agenzie speciali; meglio, dicono, mettere le singole iniziative a sistema. Ma c’è anche un chiaro segnale di apertura sul Ttip, il trattato di libero scambio transatlantico in discussione in questi mesi tra Europa e Usa.

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Intesa San Paolo, Startup Initiative – MESSAGGIO PROMOZIONALE

Nella strategia c’è anche un chiaro segnale di apertura sul Ttip, il trattato di libero scambio transatlantico in discussione in questi mesi tra Europa e Usa

Poi c’è la formazione: gli industriali si dicono disposti a realizzare una rete di laboratori didattici (FabLab/corner), per mettere i laboratori già presenti sul territorio lombardo (presso aziende, università, centri di ricerca) a disposizione di istituti tecnici e professionali. Poi va presa di petto la nuova alternanza scuola-lavoro, che con la Buona Scuola manderà da quest’anno gli studenti degli ultimi tre anni di superiori (licei compresi) nelle aziende o negli enti. Non saranno stage da poche ore: 200 per i licei e 400 per gli istituti tecnici.

Previsioni (sulla sabbia)

Dove si arriverà seguendo questa strada? Le simulazioni vanno prese con le pinze. L’obiettivo occupazionale che si otterrebbe mettendo in atto le varie azioni è di 100mila posti di lavoro. Il numero è fissato prendendo in considerazione l’ipotesi che si salisse di almeno un gradino nelle classifiche internazionali del valore aggiunto in 17 settori. A questi livelli di occupazione si arriverebbe se le imprese lombarde fossero state nel frattempo in grado (grazie alle misure prese) di aumentare l’export del 3% medio annuo fino al 2030. Ciò comporterebbe un progresso del valore aggiunto manifatturiero dell’1,6% annuo, con un conseguente incremento di Pil intorno allo 0,7% aggiuntivo all’anno. La quota del valore aggiunto manifatturiero si attesterebbe al 23,8%, in aumento di 3,3 punti rispetto a quella del 2011 e tornando a un valore analogo a quello del 1999. In altri casi le simulazioni dicono quello che succederebbe se si raggiungessero i livelli dei primi della classe in Europa, sul fronte dell’occupazione femminile (+4,1% del Pil lombardo), del livello di istruzione medio (Pil +19,6% entro il 2030) e della forza lavoro occupata in attività legate a scienza e tecnologia: in questo caso il Pil crescerebbe del 10,9% entro il 2030.

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