La vicenda delle quattro banche fallite rappresenta forse la maggiore minaccia per la popolarità del premier e del suo governo. Getta, infatti, il sale su parecchi nervi scoperti. In primis, il rapporto con l’Europa, dove la retorica del “cambiare verso” sembra infrangersi contro posizioni sempre più inflessibili, e la narrazione di un Italia in procinto di trasformarsi nel faro economico della ripresa continentale, grazie alle riforme realizzate da Matteo Renzi. In tutto questo, la questione del conflitto d’interessi del ministro Boschi, sollevata da Saviano e poi ripresa da molti esponenti dell’opposizione, appare il solito polverone all’italiana. Non si capisce in che modo il ministro Boschi abbia favorito il padre e, se c’è una colpa che il governo Renzi ha, non è per quello che ha fatto ma per quello che non ha fatto rispetto al mondo del credito e del risparmio. Concentrato sull’ossessione della crescita “zero virgola”, il governo ha mostrato interesse esclusivamente al lato “business” dell’attività bancaria. Spendendo, anche con l’Europa, enormi energie politiche su un tema come quello della bad bank. Ma senza prestare la giusta attenzione al tema della protezione del consumatore/risparmiatore, che invece in Europa è di importanza fondamentale.
Non si capisce in che modo il ministro Boschi abbia favorito il padre e, se c’è una colpa che il governo Renzi ha, non è per quello che ha fatto ma per quello che non ha fatto rispetto al mondo del credito e del risparmio
Dalla Mifid alla Mifid 2: il governo sa quel che fa?
Se è vero che l’impiegato di Banca Etruria inquadrato dalle telecamere di Piazza Pulita ha ammesso candidamente di non sapere cosa significa il termine Mifid, siamo sicuri che i big boss dell’Esecutivo siano a conoscenza del fatto che è in corso di recepimento in tutti i Paesi della Ue, Italia compresa, la Mifid 2? E che abbiano la minima idea di come le lobby italiane la stiano riscrivendo?
Il cambiamento in corso non è da poco. La proposta della Banca d’Italia di vietare la vendita dei “subordinati” alla clientela retail, ad esempio, sarebbe una forzatura nel contesto attuale della Mifid 1, ma sarebbe assolutamente giustificato nel contesto della Mifid 2.
La Mifid 1 è infatti ancora impregnata dell’ideologia economicista per cui il problema è solo quello della trasparenza e dell’informazione. Una volta che il consumatore è informato correttamente, le autorità non possono interferire con il diritto alla libertà di scelta dell’individuo. L’esperienza di questi ultimi 20 anni ha invece insegnato che forse i nostri padri e i nostri nonni non avevano poi così torto quando imponevano normative stringenti, che qualcuno definì “paternalistiche”, nei casi in cui il rapporto tra venditore e cliente è caratterizzato da una asimmetria non solo informativa ma anche di conoscenza e di capacità di comprensione.
E, a ben vedere, chi esenterebbe il medico dalle conseguenze, penali e deontologiche, del prescrivere una medicina sbagliata al paziente, perché il bugiardino spiega già tutto? Un bugiardino peraltro è infinitamente più semplice di un Prospetto informativo di un’emissione senior.
L’esperienza di questi ultimi 20 anni ha invece insegnato che forse i nostri padri e i nostri nonni non avevano poi così torto quando imponevano normative stringenti, che qualcuno definì “paternalistiche”
Mettere un freno ai conflitti di interesse
Il paragone con le professioni più nobili, come quella del medico o dell’avvocato, ci aiuta a capire anche la differenza abissale che le separa dalla “consulenza finanziaria” e la novità che Mifid 2 vorrebbe introdurre per colmare tale gap, ma che invece starà ai singoli Paesi europei declinare. L’Italia non sembra voler essere tra i Paesi che si distingueranno in tema di protezione del consumatore.
Cosa direste se il vostro medico si fa pagare dalle case farmaceutiche in base alle medicine che vi prescrive, al loro costo e alla loro quantità? Sareste indignati. E, infatti, se un medico viene scoperto a fare una cosa del genere, viene radiato (e penso anche che venga incriminato).
Cosa direste se il vostro medico si fa pagare dalle case farmaceutiche in base alle medicine che vi prescrive, al loro costo e alla loro quantità? Sareste indignati. È però quello che succede nella consulenza finanziaria
Cosa direste se il consulente finanziario (il direttore della banca o il promotore) a cui vi rivolgete per un consiglio sui vostri investimenti venisse pagato dalle case d’investimento che confezionano i prodotti che lui vi fa comprare? E tanto più è alto il costo tanto maggiore sono i profitti che fa la banca?
Questo è quello che accade oggi con la Mifid 1 e che la Mifid vorrebbe eliminare. Ad esempio, la consulenza finanziaria, nella normativa comunitaria, potrà essere definita “indipendente” solo se il consulente viene pagato esclusivamente dal cliente e non percepisce alcuna remunerazione dai soggetti che gestiscono o emettono i prodotti che lui consiglia al cliente. Come detto, nel mondo delle professioni “normali” questo sarebbe un prerequisito per l’esercizio della professione stessa.
In Inghilterra, il problema dei conflitti d’interesse della consulenza finanziaria era come in Italia. Ma si è deciso di tagliare la testa al toro. E senza troppi sofismi o artifici semantici, si è deciso di separare nettamente la “consulenza” dalla “produzione”. Un soggetto che si definisce consulente finanziario potrà essere remunerato solo e soltanto dal suo cliente. Proprio come un consulente sanitario o un consulente legale.
Cosa sta combinando il Parlamento italiano? Leggete l’articolo che ha scritto Raffaele Zenti poche settimane fa per Linkiesta. Prima della vicenda delle quattro banche, l’argomento aveva la stessa probabilità di interessare al Governo di Solvency 2.Comunque, se volete capire quanto ci costa questo scherzetto, leggete qui. Altro che i 3 miliardi di euro che gli azionisti e gli obbligazionisti. E soprattutto altro che gli 80 euro. Questi sono soldi che in larga parte prendono le strade per il Lussemburgo, l’Irlanda o Londra.