’O pernacchio“Metro C”, lo scandalo taciuto della metropolitana di Roma nel nuovo libro di Enrico Nocera

Pubblicato da Round Robin Edizioni, il libro-inchiesta di Enrico Nocera ripercorre con attenzione la storia dei lavori della nuova linea della metropolitana della capitale: dagli inizi, quando in Campidoglio c’era ancora Rutelli, a oggi, che siamo alle porte del nuovo Giubileo

Ci incontriamo a Napoli, in pieno centro. Enrico Nocera ci aspetta sotto l’arcata di Port’Alba, sulla soglia di Piazza Bellini. Prendiamo un caffè e una birra, e ci sediamo a parlare del suo libro, “Metro C”: un’inchiesta lunga centoquarantaquattro pagine, edita da Round Robin, in cui viene ripercorsa dettagliatamente la storia del più grande cantiere d’Italia. Una storia che dura da più di 10 anni.

Tra costi sempre più gravosi (dai 2 miliardi e 600 milioni circa iniziali siamo arrivati oggi a più di 3 miliardi e 700 milioni), una politica assente e un intreccio fitto, quasi inscindibile, tra politica e imprenditoria, il progetto della Metro C ha tutte le caratteristiche per essere il prossimo grande scandalo nazionale.

Enrico Nocera, giornalista napoletano, si è trasferito a Roma anni fa per studiare. Ha potuto vivere in prima persona l’odissea della nuova linea della metropolitana. Una metropolitana che, almeno in origine, aveva l’obiettivo di unire il centro con la periferia, di avvicinare e far comunicare le due grandi chiese della cristianità, San Pietro e San Giovanni; e che doveva realizzare uno dei sogni dei romani: potersi spostare anche in piena città a piedi, con la metropolitana.

In realtà, come hanno rivelato la cronaca e le ultime pronunce della Corte dei Conti e le valutazioni dell’ANAC, sia premesse – cioè progetto – che realizzazione – cioè costruzione dell’opera – sono state insufficienti e troppo vaghe: un’idea nata da un proclama politico è rimasta solo un’idea, e di tutti i problemi (i rilevamenti archeologici, l’effettiva sostenibilità delle vecchie tratte per un collegamento) non si è tenuto conto finché non sono cominciate le trivellazioni. Oggi la Metro C è completa per appena la metà e a Roma la mobilità, come ci ha detto anche Enrico Nocera, continua ad essere uno dei problemi più gravi e strutturali.

Ti sei trasferito a Roma quando la Metro C era ancora solo un progetto. Hai studiato lì mentre sono iniziati ai lavori, e ti sei laureato quando quei lavori non erano ancora finiti. Quindi hai deciso, alla vigilia dell’inaugurazione delle prime due tratte, di scrivere un libro. Perché?
Abitandoci per tanti anni, continuando a starci tra l’altro e continuando a lavorarci, mi sono accorto di una cosa: che a Roma è violato proprio un diritto costituzionale, che è quello della mobilità pubblica. È un interessamento quasi umano che io ho nei confronti di quelli che ci abitano, di quelli che ci lavorano, come me, di quelli che per un motivo o per un altro stanno a Roma. Mi accorgo che queste persone vedono peggiorare la qualità della propria vita. Com’èpossibile – e lasciamo stare che si tratta di una capitale europea – che in una città di più di 2 milioni di abitanti, senza contare quelli che vengono dalla provincia e i turisti eccetera, siano trattate in questo modo? Com’è possibile che la qualità della vita sia così scarsa?

Alla fine, però, Marino ha inaugurato la Metro C.
Inaugurato è una parola grossa. La prima Metro C fu pensata a metà degli anni ’90 quando in Campidoglio c’era Franco Carraro, il Franco Carraro che quelli della mia generazione ricordano come Presidente della Federazione Italiana gioco calcio. Poi la cosa è continuata con Rutelli: Rutelli fu il primo ad annunciare ai giornalisti che avrebbero fatto passare una metropolitana sotto il Colosseo per arrivare fino a San Pietro e per congiungere le due cattedrali della cristianità. E adesso la situazione è sotto gli occhi di tutti: siamo quasi nel 2016, con il giubileo di papa Francesco alle porte, sono passati quasi sedici anni e questa metropolitana non ha toccato né San Pietro, né San Giovanni.

Collega, invece, le periferie.
Esatto. Collega periferia con periferia. Collega Monte Compatri, che è un altro comune alle porte di Roma, e Piazza Lodi, che sta al Pigneto. Siamo a circa 800-900 metri da San Giovanni.

Benché ogni tanto, a riprese più o meno puntuali, si torni a parlare della Metro C, non è mai diventata un argomento di discussione politica nazionale; secondo te perché?
Per questo ho voluto scrivere questo libro. Bisogna fare breccia in questa mentalità, bisogna far capire – e lo scrivo anche ad un certo punto – che per il pendolare romano è diventato normale mettersi in macchina, lanciarsi consapevolmente nel traffico del grande raccordo e farsi come minimo, se tutto va bene, un’ora e mezza di macchina al giorno. E questi sono i dati ufficiali del CENSIS. Per noi è considerata come normalità. Ma che normalità è? È una cosa che – ti ripeto – inficia sulla qualità della vita delle persone. Quindi non è solo un discorso, tra virgolette, tecnico. Io non ho voluto scrivere un libro sulla metropolitana, su come si fa la metropolitana, anche perché non lo so, non sono un ingegnere trasportista; io sono semplicemente un cronista che ha visto come si vive a Roma, che mentalità hanno i romani e coloro che vivono a Roma. E ho visto che effettivamente c’è una rassegnazione verso il basso.

Io non ho voluto scrivere un libro sulla metropolitana, su come si fa la metropolitana, anche perché non lo so, non sono un ingegnere trasportista; io sono semplicemente un cronista che ha visto come si vive a Roma, che mentalità hanno i romani e coloro che vivono a Roma. E ho visto che effettivamente c’è una rassegnazione verso il basso.

E questo non è solo un fallimento per l’amministrazione locale ma soprattutto per la politica nazionale. E ciononostante è un argomento tabù, che rimane in sordina.
È questo il problema. È evidente che ci siano degli interessi enormi, basta dire che il Consorzio dei Costruttori [quello che ha vinto l’appalto per la costruzione della Metro C, ndr] corrisponde ai nomi di Caltagirone, Ansaldo, Astaldi… Stiamo parlando di uno dei più grandi imprenditori d’Italia, se non il più grande, e di aziende di Stato, delle cooperative che ci stanno in mezzo. Negli ultimi 30-40 anni Roma è cresciuta su un rapporto completamente opaco, su un rapporto indistinto tra imprenditoria e politica. Non si capisce dove inizia una e finisce l’altra. E questo porta a situazioni del genere. Porta a situazioni delle quali tu, cittadino, non ti rendi conto, e che non entrano nell’agenda del dibattito politico nazionale. Quando invece, secondo me, dovrebbero essere in prima pagina, su tutti i giornali. E non lo dico perché io ci ho scritto un libro. Lo dico semplicemente perché le cifre sono quelle che sono: siamo arrivati a 3 miliardi e 700 milioni quando [la Metro C] doveva costare 2 miliardi e 683. Stiamo già parlando di un miliardo in più!

Un altro problema, che viene evidenziato chiaramente dal tuo libro, è la Legge Obiettivo. Con cui, volenti o no, si finisce per giocare al ribasso.
La Legge Obiettivo impone dei termini precisi, certi, non prorogabili e inderogabili. E invece qui si è andato avanti di deroga in deroga e di proroga in proroga. La Metro C doveva essere finita 6-7 anni fa, e noi adesso ci troviamo una metropolitana finita per poco più di un terzo. Che non è adeguata al numero di pendolari che si muovono ogni giorno. Qui, il punto non è solo la quantità, ma la qualità dell’opera”.

E in effetti, ora, chi sta costruendo si ritrova davanti a errori strutturali. Come per l’interscambio tra la Metro A e la Metro C.
Questa è un’altra di quelle cose che non si capisce come non abbiano costituito uno scandalo di carattere non nazionale, no, ma internazionale. Stiamo parlando di un punto di interscambio nella stazione di San Giovanni, che doveva essere completato nel 2011 e per cui sono già state fatte varianti per circa 50 milioni di euro e per cui dovranno farne altre perché non si trovano con gli incroci e i tunnel. Condizione necessaria e sufficiente a che ci sia lo scambio, per intenderci, tra Metro C e Metro A è rinnovare la Metro A, perché è troppo vecchia, è già intasata di pendolari e perché la Metro C, arrivando a San Giovanni, si prevede possa trasportare 24-25 mila pendolari all’ora. Paolo Omodeo Salé, il presidente di Roma Metropolitane, la società del comune che ha dato in appalto i lavori, ad agosto, quando tutti erano in vacanza e nessuno pensava alle problematiche della città, rilasciò delle dichiarazioni a Repubblica che finirono in un trafiletto marginale, in cui ammise candidamente che non era possibile fare lo scambio sotterraneo tra le due linee perché i vigili del fuoco gli avevano dato lo stop: come pretendete voi, gli avevano fatto notare, di scaricare 24 mila pendolari all’ora su una tratta già intasata? E lui l’ha ammesso così, candidamente. Servirebbe ammodernare la linea A e la linea B. E servirebbero altri 800 milioni di euro. Ma fino ad ora che cosa hanno fatto? I primi lavori sono cominciati nel 2007, quasi dieci anni fa. Se ne accorgono adesso, alle porte del Giubileo, che la linea A è troppo vecchia.

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Intesa San Paolo, Gallerie d’Italia – MESSAGGIO PROMOZIONALE

Appare piuttosto chiaramente dal tuo libro che il progetto della Metro C, prima ancora di essere un progetto ingegneristico, è stato un proclama politico: un tema su cui fare campagna elettorale.
Non a caso uno dei paragrafi del libro si intitola proprio Parole, parole, parole, dove ripercorro tutte le promesse che la politica romana e nazionale hanno fatto prima che le trivelle cominciassero a scavare. La Metro C è politica. È politica al livello più basso del termine.

Ma secondo te, poi, perché non di questa responsabilità politica non abbia chiesto conto l’elettorato?
La Metro C continuerà ad andare avanti. I lavori continueranno ad andare avanti. Questi signori continuano a fare il bello e il cattivo tempo, nonostante ci siano gli esposti alla Corte dei Conti e gli esposti all’ANAC, che è stata chiarissima: ha lamentato a Roma Metropolitane [società appaltatrice, ndr] la mancanza di trasparenza, al consorzio dei costruttori [che ha vinto l’appalto, ndr] inadeguatezza. Non voglio dire sempre la solita frase, che in un paese normale certe cose non succederebbero; però è così.

La Metro C ha tutte le caratteristiche per essere un altro scandalo di portata nazionale. Pronto a scoppiare.
È così. Oramai non ci si può più nascondere dietro i discorsi di rito o il politichese. Di chi negli anni non ha fatto altro che promettere. I nodi sono venuti al pettine. Perché una volta che l’Autorità anti-corruzione si pronuncia in una maniera così forte non puoi fare altro che prenderne atto. E a questo punto penso che anche i magistrati della procura di Roma dovrebbero attivarsi. Non voglio insegnare il lavoro a nessuno, io sono un cronista; ma posso formulare almeno un augurio, cioè che finalmente i magistrati della procura di Roma capiscano che c’è qualcosa che non va.

Non voglio insegnare il lavoro a nessuno, io sono un cronista; ma posso formulare almeno un augurio, cioè che finalmente i magistrati della procura di Roma capiscano che c’è qualcosa che non va.

Con le dimissioni di Marino, ora Roma è commissariata. E paradossalmente questa potrebbe essere l’occasione migliore anche per affrontare questo problema.
Il Commissario Tronca è stato messo lì per altri motivi… E fino ad ora non ha speso una parola nei confronti non solo della Metro C, ma della mobilità in generale a Roma. Che è uno dei suoi problemi più gravi. Anche il Commissario dovrebbe rendersi conto che esiste una situazione di disagio che tutti vivono ogni giorno. Ma anche in questo caso si fatica molto a parlarne.

Mettiamo da parte per un momento i “vecchi” politici. Secondo te perché anche le forze nuove, che oggi siedono in consiglio comunale come il Movimento 5 stelle, non hanno fatto di questo argomento, della mobilità romana e della Metro C, un punto del loro programma? Ma c’è l’interesse di affrontarlo? Non voglio rispondere a una domanda con una domanda, ma effettivamente c’è, oppure no, l’interesse ad affrontare questo problema? Dalle amministrazioni romane, questo è percepito come un problema? Durante la stesura di questa inchiesta, mi è parso di capire una cosa fondamentale: che a parte qualche voce isolata nei vari consigli comunali che si sono succeduti, come Riccardo Magi o Enrico Stefano, c’è sempre stato un silenzio assoluto. Come se il problema non esistesse. Parlare di Metro C significa avere in risposta una faccia stupita. L’equivoco sul quale si è marciato è: se parli male della Metro C, sei uno per l’incremento del traffico metropolitano. Eppure se ne dovrebbe parlare, perché quello della Metro C è il cantiere più grande d’Italia ed è un problema che riguarda tutta l’Italia. I soldi arrivano da tutti i cittadini.

Quindi come si giustifica? Possibile che ci sia chi, in consiglio comunale, ne sia completamente all’oscuro? Non c’è una completa ignoranza del problema. Non c’è mai stata. Anche perché i cantieri sono ben visibili e la gente se ne accorge. È impopolare fare le pulci al progetto: chi lo fa viene immediatamente identificato dalle opposizioni come uno che vuole un aumento, e non una soluzione, del problema mobilità. La Metro C nasce come un progetto di metropolitana del centro storico, e risolve quello che è il sogno di molti romani: andare in centro con la metropolitana. E di questo molti personaggi hanno approfittato. Indicando automaticamente come untori quelli che si pronunciavano contro. E hai voglia, poi, a dire che non è il progetto in sé, l’idea, il problema, ma come viene realizzato. Come viene gestito. Credo che anche queste nuove leve della politica, neoelette, abbiano capito che non gli conveniva parlarne. Perché i problemi, come dice il cittadino medio romano, ‘so’ artri’. Sono i problemi di ordine pubblico, sono i problemi legati ai campi ROM, sono i problemi legati al traffico. Queste nuove forze politiche non hanno fatto nulla, secondo me, perché semplicemente intervenire è considerato come impopolare. Meglio che abbozziamo, avranno pensato. Tanto quest’opera continuerà ad andare avanti.

Qual è, insomma, il fallimento più grande della Metro C?
Una cosa che i romani e gli italiani tutti devono sapere è che è questa Legge Obiettivo, all’origine di tutto, ad essere un fallimento totale. Non solo nel caso della Metro C ma per tutte le opere pubbliche. Doveva creare un canale preferenziale, ma così non è stato. E, come dice Ivan Cicconi, è la stessa Legge Obiettivo che non permette la fine dei lavori. Per semplificare: secondo la Legge Obiettivo, il costruttore realizza i lavori e poi consegna l’opera finita all’ente appaltatore. Quindi il costruttore non è coinvolto nella gestione dell’opera. Non gli interessa come la realizzano. Perché poi la dà al comune. Il che significa che una volta finiti i lavori saranno finiti i guadagni; che il costruttore non ha nessun interesse a una buona qualità dell’opera, perché non deve gestirla lui. Al costruttore conviene che i lavori durino il più a lungo possibile, perché solo durante i lavori verrà pagato.

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