Pizza ConnectionNebbia sul dopo Expo

Arexpo, la società proprietaria dei terreni verrà salvata per mano pubblica. Il cronoprogramma per il post evento è ancora incerto, e per i dati economici di Expo occorre aspettare il bilancio.

Senza i rubinetti pubblici aperti Arexpo, la società proprietaria dei terreni su cui è sorta l’Esposizione Universale del 2015, sarebbe in liquidazione. Se Matteo Renzi pensa al 2040, ci sono cose ben più terrene e vicine a cui guardare. Su tutti i soldi da restituire alle banche (315 milioni di euro) prestati per l’acquisto delle aree da Fondazione Fiera Milano e gruppo Cabassi. A pochi giorni dalla chiusura dei cancelli di Expo lo spettro della liquidazione aleggiava sulla società.

I 315 milioni di euro prestati ad Arexpo nel 2015 non erano, e non sono, ancora stati restituiti e denaro fresco ancora non se ne vedeva. A fine novembre il governo si impegna a entrare con 50 milioni di euro per il 2015 in Arexpo, che a oggi è partecipata da Regione Lombardia e Comune di Milano (34,67%), Fiera Milano (27,66%), Provincia di Milano (2%) e Comune di Rho (1%).

«Nelle prossime settimane avremo le modalità specifiche entro le quali ci muoveremo per i prossimi mesi e anni» ha detto il presidente di Arexpo Luciano Pilotti. Con questi 50 milioni di euro, conclude Pilotti «si possono fare tante cose, potrebbe esserci una compensazione sulle quote di Fondazione Fiera, una copertura dei debiti, comunque assicurando una continuità aziendale».

Il governo da parte sua fa sapere che entro il 30 gennaio prossimo si chiuderanno le operazioni per l’ingresso dell’esecutivo in Arexpo, e che parte del progetto per il futuro delle aree sarà pronto entro il mese di febbraio. Lo stesso Ministero dell’Economia però vuole valutare lo stato patrimoniale della società (Due Diligence) prima dell’operazione, quindi fino al mese prossimo non se ne parlerà.

Intanto le banche stanno alla finestra, su tutte Intesa San Paolo, che non solo è stato official banking partner e global partner dell’evento (alla cifra di 180 milioni), ma ha concesso una fideiussione ad Arexpo da 160 milioni di euro per l’acquisizione dei terreni. Una cifra sufficiente da far mormorare a più d’uno che «il vero amministratore delegato di Expo e di quello che verrà dopo è Giovanni Bazoli», oggi presidente emerito di Banca Intesa.

Basti pensare infatti che il capitale sociale di Arexpo, 96 milioni di euro, è inferiore pure al valore dei terreni su cui è sorta l’esposizione, generando il paradosso che i proprietari (Cabassi esclusi), hanno rivenduto i terreni dell’Esposizione a sé stessi, ma nel farlo si sono indebitati con le banche. Insomma, sul groppone del pubblico resta quel milione di metri quadri di terreni non poi così appetibili nemmeno per speculatori e immobiliaristi.

I debiti per il 2015, 9 milioni, sono stati saldati in particolare grazie al posticipo del rimborso nei confronti del socio Fondazione Fiera Milano, ma da affrontare nel 2016 c’è un altro scoglio da 30 milioni. Allo studio c’è anche una nuova governance per Arexpo, così da avere anche un nuovo manager per dirigere i lavori per il post-evento. Il Sole 24 Ore ha fatto il nome di Aldo Mazzocco, presidente di Assoimmobiliare, ma si è sempre nel campo delle ipotesi, così come non è ancora tramontata l’idea di un commissario.

Insomma, il progetto per il riutilizzo delle aree sembra essere ancora in alto mare. Complessivamente il piano, tra opere, aree verdi e centri di ricerca dovrebbe valere 1,2 miliardi di euro, di cui solo una piccola parte dedicata al progetto dell’Iit di Genova che il presidente del Consiglio Matteo Renzi sta sponsorizzando da circa un mese.

Il governo da parte sua fa sapere che entro il 30 gennaio prossimo si chiuderanno le operazioni per l’ingresso dell’esecutivo in Arexpo

Il fatto è che al post Expo non ci ha pensato quasi nessuno in fase di progettazione dell’evento, e oggi il cronoprogramma appare meno certo di quanto messo nero su bianco dal dossier di metà anno di Cassa Depositi e Prestiti (dove da qualche mese ha fatto il suo ingresso nel board anche lo stesso Giuseppe Sala, ad di Expo). Dossier che trova una chiave di volta nel cosiddetto “Sblocca Italia”: poteri straordinari per la realizzazione del progetto e individuazione di un unico attuatore. L’obiettivo è quello di avviare l’attività cantieristica, dopo l’attività di smantellamento, entro 14 mesi dalla conclusione del 31 ottobre 2015, cioè entro gennaio 2017.

Inoltre per quanto riguarda la valorizzazione dei beni nella disponibilità di Università e Pubblica Amministrazione entrerà in gioco anche il Ministero per i beni e le attività culturali riguardo gli iter urbanistici e la rimozioni di vincoli storico-artistici per il riutilizzo degli spazi degli enti sul mercato privato. I 315 milioni del valore dei terreni rimangono però uno scoglio importante.

Intanto continuano a essere un fantasma i dati economici dell’esposizione, che con tutta probabilità troveranno spazio solo nel bilancio che verrà depositato nella primavera del prossimo anno. Al momento si hanno i dati degli ingressi, ma ancora non sono noti i prezzi medi dei biglietti venduti, vero “termometro” del successo dell’esposizione. Dati che in molti si sarebbero aspettati di vedere poco dopo la chiusura dei cancelli, visto l’interesse pubblico di quei numeri, dato dagli investimenti pubblici per la realizzazione dell’evento e per la partecipazione al 40% del Ministero dell’Economia alla società Expo Spa.

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