Il recente provvedimento con cui il Governo ha salvato quattro storiche banche regionali (Cassa di Risparmio di Ferrara, Banca Marche, Banca Popolare Etruria e Lazio, Cassa Risparmio di Chieti) e le relative polemiche e proteste che ne sono scaturite, ha riproposto con prepotenza il rapporto tra banche, credito e impresa. Da un lato conta eccome la dimensione, dall’altro le regole bancarie europee hanno progressivamente drenato risorse degli istituti per rafforzare complicati meccanismi di patrimonializzazione. Un contesto certamente non facile se si considera, come sottolinea Andrea Filtri, analista di Mediobanca Securities, «che in Europa ancora oggi l’ottanta per cento del credito alle imprese viene svolto dagli istituti bancari, mentre negli Usa questa percentuale si riduce al solo venti per cento».
«Ecco che – ricorda Filtri – se fai impresa in America delle banche ti interessa poco, mentre per le banche europee servire l’economia è diventato un mestiere difficile a causa di vincoli ancora molto forti». Le aziende, per crescere, quindi, cercano altre strade. Anche nel nostro Paese, infatti, la quotazione in mercati specifici sta diventando sempre di più un metodo alternativo per l’accesso al mercato dei capitali. Uno degli esempi più interessanti è quello di Aim Italia (l’acronimo sta per mercato alternativo del capitale), il mercato non regolamentato dedicato alle piccole e medie imprese ad alto potenziale di crescita, lanciato in Italia nel 2009 – sulla falsa riga dell’Aim britannico della Borsa di Londra – e gestito da Borsa Italiana. Gli ultimi dati parlano di 68 società quotate, con una capitalizzazione totale di circa 2,76 miliardi di euro. Il quadro dei settori è molto variegato, delle 68 realtà quotate a farla da padrone sono quelle nel settore Ict (14 società), seguite a ruota da quelle nel settore energia (12 società) e nel settore media e intrattenimento (10 società).
Il 2015 è stato un anno di crescita: sono entrate sul mercato Aim Italia realtà come Gambero Rosso, Piteco e Italian Wine Brands
Il 2015 è stato un anno di crescita in termini di inizio negoziazioni, sono entrate sul mercato Aim realtà come Gambero Rosso, Piteco e Italian Wine Brands. Ancora di recente, Borsa Italiana ha salutato l’ingresso in Aim di Blue Financial Communication, casa editrice indipendente specializzata nell’informazione finanziaria. I vantaggi che le piccole e medie imprese riconoscono a questo tipo di mercato sono legati al rafforzamento della struttura patrimoniale, alla possibilità di raccogliere capitali da investitori istituzionali difficilmente raggiungibili altrove e cercare di ridurre l’indebitamento bancario. C’è poi la possibilità di dare un valore oggettivo e trasparente all’azienda e agevolare il passaggio generazionale facilitando le possibili forme di riassetto societario.
In termini di raccolta, però, i margini di crescita sono ancora ampi: circa la metà delle società quotate si colloca sui 5 milioni di raccolta e solo il 17 per cento viaggia oltre i 15 milioni. Anche in termini di flottante – va ricordato che Borsa Italiana richiede come requisito per l’accesso all’Aim una soglia minima di azioni sul mercato in termini di flottante, che deve essere almeno del 10 per cento (suddiviso tra almeno 5 investitori professionali o 10 investitori di cui 2 professionali) – la metà circa delle realtà quotate si colloca nella forchetta più bassa, tra il 10 e il 20 per cento di flottante.
sull’Aim siamo molto selettivi, chiediamo una dimensione minima del flottante molto robusta e che tutte le carte ed i processi interni siano a posto
«Entrare sul mercato Aim è un importante elemento di visibilità», sostiene Andrea Falchetti, che in Banca IMI coordina un team che si occupa di portare soluzioni di finanza straordinaria alla clientela delle Pmi, che poi aggiunge: «sull’Aim siamo molto selettivi, chiediamo una dimensione minima del flottante molto robusta e che tutte le carte ed i processi interni siano a posto». Secondo Falchetti, «pensare all’Aim come alternativa al capitale bancario è sbagliato, bisogna capire le esigenze del cliente, verificarne le qualità e attraverso un approccio scientifico e professionale al credito capire lo strumento migliore da utilizzare tra equity e debito o tra una combinazione dei due. Semmai entrare in un mercato quotato non regolamentato può essere un buon trampolino per fare il grande salto e spostarsi poi sul mercato telematico principale». Insomma il rischio che qualcuno quotandosi possa fare il passo più lungo della gamba c’è.
Per questo, nel 2014, l’advisory board di Borsa Italiana ha imposto parametri più stringenti rafforzando il ruolo Nominated Adviser (Nomad), che accompagna l’azienda alla quotazione, ma allo stesso tempo ha il compito di effettuare tutti i processi di due diligence richiesti. Una stretta che sembra piaciuta a Piazza Affari e che fa ben sperare nella crescita del mercato anche per il 2016.