Bussola cineseDove sta andando la Cina, la mutazione

Quello che viene interpretato come la fase finale della corsa del Dragone, è solo una svolta politica e industriale che proietterà Pechino all’avanguardia per il prossimo secolo. C’è chi lo ha capito (l’Italia non tanto)

La Cina inizia l’anno in una situazione di incertezza dei mercati e vorremmo qui cercare di capire con voi cosa sta accadendo.

Al di là delle considerazioni economiche lette sui media, si avverte l’avvicinarsi di un cambiamento che definisco “spartiacque entropico” che porterà molti cambiamenti in Cina. Negli ultimi 30 anni abbiamo assistito ad accelerazioni improvvise degli eventi, accompagnate da momenti di confusione che paragono ad un incremento dell’entropia di sistema, che sono poi risultati in cambiamenti strutturali.

Nel corso degli ultimi 70 anni si possono registrare tre momenti simili. Nel 1949 con la rivoluzione cinese che ha portato al potere il partito comunista, il 1989 e gli eventi di Pechino che hanno decretato l’avvio delle riforme economiche che hanno permesso al popolo di arricchirsi, fare impresa e a introdurre gradualmente la proprietà privata. Mi azzarderei a indicare il 2016 come l’anno del prossimo cambiamento.

Vorrei cercare di spiegarlo qui di seguito.

Come è evidente dal grafico qui sotto, la borsa di Shanghai ha vissuto un periodo a cavallo tra il 2014 e 2015 di crescita enorme, arrivando quasi a triplicare l’indice borsistico. La discesa repentina come quella a cui abbiamo assistito la scorsa estate era quasi attesa, colpendo prevalentemente i piccoli risparmiatori che si erano incautamente buttati nella febbre del facile guadagno, arrivando persino ad indebitarsi.

Il sistema sembra che stia cercando di trovare un nuovo punto di equilibrio, ridimensionado le aspettative dei risparmiatori, ma anche portando la borsa a rispecchiare maggiormente la realtà industriale che sta soffrendo in questo periodo. I risparmiatori stanno quindi a guardare, qualcuno inizia a considerare anche le borse estere. Il clima è più di attesa che di sfiducia.

Il governo cerca di ristabilire la credibilità nel sistema, non basta la campagna moralizzatrice che cerca anche di combattere la pratica dell’insider trading, ma anche rendere possibili quelle riforme che faciliteranno una transizione più soffice da economia basata principalmente sulla produzione ed esportazione, ad una che favorisca i servizi più evoluti e i consumi interni, nonché l’internazionalizzazione delle proprie aziende. Tutto questo costringerà i grandi conglomerati cinesi ad uscire dalla loro “comfort zone”, per confrontarsi con il mondo.

Se poi ci riferiamo al cambio RMB/USD, non è affatto vero che la Cina stia svalutando la propria moneta da cinque anni, come ho sentito dire a un commentatore del Corriere della Sera. Anzi, abbiamo assistito a una forte rivalutazione rispetto a tutte le valute dal 2005 in poi, che ha messo in crisi le esportazioni cinesi, ma che ha allo stesso tempo reso la valuta cinese più credibile sui mercati.

Dal grafico qui sopra si vede che, da un cambio praticamente fisso per un decennio si è iniziato a rivalutare fino a pochi mesi fa. Si è poi deciso di lasciar adeguare il valore a seconda delle esigenze dell’economia, permettendo al mercato di agire in una situazione di difficoltà per le esportazioni. Così come hanno fatto gli Usa in tempi di crisi rispetto all’Euro.

L’estrema volatilità della borsa cinese dovrebbe essere ben nota ai vari operatori economici, e la Cina ha sempre mostrato di reggere e di sostenere crisi anche ben più gravi, anche in situazioni drammatiche quando tutto il sud est asiatico è collassato nel 1997 con il default delle Piccole Tigri (Tailandia, Sud Korea, Malesia, Indonesia). La Cina ha retto e ha saputo anche aiutare i vicini a riprendersi.

In Cina si stanno ora preparando grandi riforme che porteranno ad estendere il sistema sanitario ad una massa sempre maggiore di popolazione, il sistema pensionistico dovrà essere anch’esso riformato e tutto il sistema educativo si dovrà adeguare ai tempi che cambiano. Questo porterà l’introduzione di innovazioni delle tecnologie definite 4.0 che il governo ha voluto promuovere e lanciare nel suo ultimo piano quinquennale.

La grande sfida sta nel cambiamento epocale che la Cina è chiamata a compiere. Con il 13esimo piano quinquennale sono state evidenziate le numerose iniziative in programma dalle grandi infrastrutture alla green economy: ci saranno norme sulle emissioni più severe e una maggiore spesa per sostenere lo sviluppo di carburanti non fossili.

Fino ad ora si è prodotto con un’ossessione alla quantità, si doveva crescere a tutti i costi, anche a discapito dell’ambiente e della salute. Ora invece si cerca di sterzare verso un’economia più sostenibile, guardando alla qualità. Per fare questo ci vogliono ingenti investimenti e nuove tecnologie. Ci sono migliaia di insediamenti industriali che non possono essere riconvertiti ma solo abbattuti e riedificati, terreni da bonificare, un intero sistema industriale che deve compiere un upgrade tecnologico e questo, in parte, spaventa.

Dietro a tutto ciò, in Cina ci si aspetta grandi opportunità, specie per le aziende italiane ed europee che hanno il know-how per risolvere i problemi, ma non sempre i soldi per farlo, mentre la Cina possiede capitali e ora ha capito essere costretta al cambiamento.

Assieme a tutto questo, si stanno sviluppando sempre di più i settori dell’intrattenimento e dei servizi correlati. Colossi come la Walt Disney aprirà il proprio parco tematico a Shanghai proprio quest’anno, investendo 5,5 miliardi di dollari. Starbucks decide di aprire ulteriori 1400 negozi nei prossimi 3 anni, già presente in oltre 100 diverse città cinesi con circa 2000 negozi già operativi (dove sono i grandi marchi del caffè italiani? Possibile che in un paese che beve sempre più caffè non si riesca a capire che non bastano più gli approcci timidi, ma che se non si investe non si entra in un mercato simile?)

Resto quindi allibito nel leggere la superficialità con cui i titoli dei giornali internazionali (specie quelli italiani) siano troppo inclini a parlare di crisi e fine della corsa cinese, specie quando non si analizzano i dati e non si abbia idea di cosa stia veramente capitando in Cina.

Ho modo di scambiare opinioni e di discutere ogni giorno di queste tematiche con diversi Ceo di grandi aziende cinesi, che descrivono una situazione in continua evoluzione, una storia diversa.

Esistono numeri fondamentali che non possono essere ignorati. La Cina ha sviluppato la più grande classe media al mondo, superando ormai gli Stati Uniti con 175 milioni di persone e con un reddito pro capite medio di 30 mila dollari. Le proiezioni portano questo numero a superare i 600 milioni di persone entro i prossimi cinque anni.

In una situazione in cui le materie prime sono sempre più economiche, non solo in Cina, che renderà competitivi molti prodotti e creerà un calo dei costi in molti settori, è il momento giusto per agire e cambiare le cose.

Vorremmo quindi tranquillizzare chi ci legge, senza soffermarsi solo sulla Cina, e guardando anche alla situazione globale.

Come ha ben sottolineato l’opinionista del Financial Times, Martin Wolf, nel suo editoriale del 5 gennaio scorso, il mondo non ha mai cessato di crescere negli ultimi 100 anni, nonostante le crisi, le guerre, le depressioni.

Questo grazie alle continue innovazioni che via via hanno fatto evolvere il nostro modo e stile di vita, ma anche le modalità di produrre. Considerando l’incremento della popolazione, il mondo è riuscito a espandere le proprie capacità produttive circa 30 volte nell’ultimo secolo.

Non è certamente un trend che potrà andare avanti per sempre e a spese del pianeta, stiamo ora consumando più risorse di quelle che abbiamo a disposizione. Dovremmo quindi puntare su quelle tecnologie che ci permetteranno di fare il salto di qualità, utilizzando meno risorse e possibilmente riducendo al massimo l’uso di petrolio e carbone.

Dobbiamo temere le possibili guerre (e ci sono purtroppo diversi segnali all’orizzonte tra Arabia e Iran, India e Pakistan, Russia e Turchia, Nord Corea), ulteriori crisi finanziarie ma anche i disastri naturali. Persino i nazionalismi estremi (Catalogna, Scozia, l’uscita del Regno Unito stesso dall’Eu, per esempio), sono possibili situazioni di crisi. Cause che dovremmo cercare di evitare. Una Europa unita fa più paura e conta molto molto di più di una accozzaglia di stati che da soli “pesano” quanto una media provincia cinese e che non contano nulla di fronte agli Usa, sempre più chiusi in sé stessi, o alla Cina.

Ecco perché vogliamo essere positivi per quest’anno che è appena iniziato.

In Cina l’economia è costituita da diverse sub-aree di settore, ognuna delle quali di enormi, con più di un trilione di dollari in termini di dimensioni. Alcuni settori sono in piena espansione, altri in declino. Alcuni sono competitivi a livello globale, altri adatti per la rottamazione ed è proprio questa la “rivoluzione silenziosa” quella in atto in una Cina comunque in trasformazione. Una rivoluzione ricca di sfide in corso, di investimenti in innovazione e investimenti sulle nuove tecnologie che se ben gestita dal governo cinese sarà da chiave per attraversare questo nuovo “spartiacque entropico” che ci fa ben sperare.

Ma i cambiamenti costano e la Cina si sta preparando a farli.

Nonostante le turbolenze di questi giorni, il retail registra sempre una crescita a doppia cifra, ma nello sesso tempo si punta verso i mercati esteri. C’è quindi esigenza di stringere alleanze e nuove collaborazioni, fondersi con gruppi stranieri che possano crescere assieme in sinergia.

Si sta aprendo una fase importante: di una Cina che matura e che vuole potersi confrontare con il mercato globale, mutando ancora una volta il proprio sistema produttivo.

Questi fattori dovrebbero essere ben presenti e chiari anche in Italia e per la nostra economia e le nostre aziende, parte del mondo avanzato già si è mosso e continua a muoversi intelligentemente.

Se si pensa di far riprendere la nostra economia senza una strategia che consideri le opportunità ancora ben presenti in Cina, sarà ben difficile trovare alternative simili altrove. Gli Stati Uniti sono un mercato maturo e che richiede comunque investimenti ingenti per entrarci, l’Africa è ancora troppo lontana dal dare numeri interessanti, anche se dovremmo iniziare anche qui a impegnarci di più.

La Cina è ancora in molti ambiti un foglio bianco su cui scrivere, con una fame di tecnologia e di innovazione senza precedenti. Se guardiamo, per esempio, al solo e-commerce che è alla portata anche delle piccole e medie aziende, questo toccherà presto il trilione di dollari all’anno.

Esistono opportunità in molti settori come quello della sanità e dei servizi avanzati, del turismo, nel food processing, nelle tecnologie avanzate di bonifica ambientale, nei sistemi per l’edilizia sostenibile, nella robotica e automazione, e lo sviluppo delle nanotecnologie troverà molte applicazioni innovative proprio in Cina.

Tutti settori dove noi siamo dotati di alte competenze ed expertise.

Come dicevo in apertura, gli “spartiacque entropici” sono tutti quei momenti in cui una società, un’economia, un sistema cambia direzione, partendo da una grande confusione e instabilità come una crisi. Un nuovo ordine ed equilibrio si creerà fino alla prossima fase di sviluppo.

Parafrasando Obama nel suo ultimo discorso all’Unione di pochi giorni fa riferendosi all’economia americana, in un contesto cinese, vorrei dire che:

Chiunque dice che l’economia cinese sia in declino, sta vendendo un racconto fantasioso”

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club