SindacatiLa crisi del caffè Saeco: Philips taglia 243 lavoratori

Il presidio dei lavoratori va avanti da quasi 40 giorni, con la solidarietà di tutto il paese di Gaggio. Bentivogli: “Così le multinazionali saccheggiano il nostro patrimonio industriale”

Davanti al portone dell’ingresso di via Torretta 240, a Gaggio, vi sono 243 tazzine di caffè, diverse l’una dall’altra, simbolo delle donne e degli uomini che rischiano di restare a casa; vi è inoltre un enorme “grazie” scritto con i chicchi di caffè, riferito alla multinazionale Philips.

Non sono un difensore dell’italianità degli investimenti e neanche un sindacalista ostile a priori alle multinazionali, ma la vicenda Saeco è una vicenda esemplare di come talvolta le multinazionali saccheggino, sotto gli occhi distratti della politica locale e nazionale, il nostro patrimonio industriale.

La Saeco è un gruppo che produce macchine per caffè, e Saeco Vending, altro stabilimento che occupa oggi circa 300 dipendenti, produce distributori automatici di bevande e snack . Viene fondata nel 1981 da Sergio Zappella e da Arthur Schmed, a Gaggio Montano in provincia di Bologna (dove ha sede tuttora), come Saeco S.r.l.. Il nome della società deriva dalle iniziali della denominazione estesa “Sergio, Arthur e compagnia”.

L’azienda cresce rapidamente nei primi anni di attività, tanto che nel 1985 produce e commercializza la prima macchina da caffè automatica. Nello stesso periodo il marchio si afferma nei mercati italiano ed estero, e crea numerose filiali in Europa, nelle Americhe, in Asia e in Australia, e distribuisce i propri prodotti in più di 60 paesi.

Non sono un difensore dell’italianità degli investimenti e neanche un sindacalista ostile a priori alle multinazionali, ma la vicenda Saeco è una vicenda esemplare di come talvolta le multinazionali saccheggino, sotto gli occhi distratti della politica locale e nazionale, il nostro patrimonio industriale.

Nel 1989 escono di scena i fondatori, Saeco viene ceduta al ricco uomo d’affari austro-americano Gerhard Andingler, la cui proprietà dura fino al 1993, quando i vecchi proprietari insieme ad altri partner italiani, riacquisiscono la società. Nel 1995 avvia la produzione dei condizionatori (singolare e sintomatica la pubblicità di questo Natale di Unieuro in cui con l’acquisto dei condizionatori Mitsubishi, la macchina Saeco è in regalo). Nel 1999 acquisisce la Gaggia, altra importante azienda del settore. L’acquisto di questa importante società comporta l’ingrandimento di Saeco che assume la denominazione attuale. Ai tempi d’oro l’occupazione era di 1.500 dipendenti e 500.000 macchine automatiche prodotte; sono gli anni d’oro anche della gloriosa squadra ciclistica di cui fecero parte Mario Cipollini, Ivan Gotti, Gilberto Simoni, Damiano Cunego, Francesco Casagrande, Danilo Di Luca, Michele Bartoli e Paolo Savoldelli che fu sciolta nel 2004, anno in cui il gruppo viene acquisito dalla Pai Partners, una private equity francese, che rileva il 66,85% dell’azienda bolognese.

Nello stesso anno Zappella, uno dei due fondatori, fonderà Caffitaly a pochi chilometri da Gaggio. Dopo cinque anni di gestione disastrosa, Saeco fu acquisita da Philips nel 2009 in grave indebitamento finanziario e in avanzato ripiegamento produttivo e occupazionale. L’azienda oggi è leader nella produzione di macchine da caffè in Europa, dove controlla una quota di mercato del 30%.

Ma nel 2015 i rappresentanti sindacali interni iniziano a verificare delle improvvise dimissioni nei quadri dirigenti aziendali e alla loro richiesta di chiarimento ottengono le rassicurazioni direttamente dalla casa madre in Olanda. Eppure il 26 novembre, l’amministratore delegato annuncia all’improvviso un piano di ridimensionamento aziendale e il taglio drastico di 243 lavoratori considerati esuberi (metà dei 558 dipendenti attuali): senza rispetto per le persone e con grande disinvoltura si smentisce quanto affermato ufficialmente un mese prima.

Il 26 novembre, l’amministratore delegato annuncia all’improvviso un piano di ridimensionamento aziendale e il taglio drastico di 243 lavoratori considerati esuberi

È il colpo di grazia in una vallata in cui le celebri Terme di Porretta passano da un salvataggio all’altro, la Metalcastello è in crisi e la storica azienda di ingranaggi Demm è finita in amministrazione straordinaria. Philips sostiene che allo stabilimento di Gaggio Montano resterà la progettazione, la prototipizzazione e l’altissima fascia ad oggi la Gran Baristo. Una produzione sotto i 90.000 pezzi, contro le 130.000 con cui si chiude il 2015, che difficilmente garantirà la sostenibilità di Gaggio Montano. Dopo il primo incontro in sede ministeriale, i vertici della multinazionale hanno incontrato il ministro e ad oggi vi sono spiragli solo nella durata del ricorso agli ammortizzatori sociali. Sullo sfondo c’è l’utilizzo sempre più intensivo dello stabilimento rumeno di Orăştie, aperto nel 2003, che ad oggi produce oltre 500.000 pezzi.

In questi anni la multinazionale non ha rispettato gli accordi aziendali, secondo i quali solo il basso di gamma sarebbe stato prodotto in Romania. Nell’accordo si affrontavano le criticità relative a qualità, produttività e assenteismo. A settembre l’azienda stessa rendiconta il successo del piano, che aveva dimezzato l’assenteismo, migliorato la qualità, nonostante gran parte delle difettosità derivino da fornitori sempre meno qualificati, raggiungendo l’obiettivo di efficenza (89%), introducendo il sistema produttivo Lean, parametri che hanno consentito di ottenere il terzo posto per competitività fra tutti gli stabilimenti Philips.

Dal 27 novembre è iniziato lo sciopero con presidio, una parte dei lavoratori garantisce la produzione con grande compostezza e responsabilità.

Cosa fare per risolvere la vertenza?

Occorre intanto del tempo per il rilancio: utilizzare i contratti di solidarietà per almeno tre anni e il percorso di mobilità volontaria incentivata e di accompagnamento alla pensione.

Nel frattempo bisogna lavorare ancora su efficienza e qualità ma soprattutto recuperare lavoro attraverso il back reshoring di produzioni che sono migrate da Gaggio verso lo stabilimento Rumeno (Sogeco), come le produzioni di Pico Baristo, Moltio, Incanto, macchine di alta gamma che dovevano essere costruite a Gaggio Montano.

Occorre intanto del tempo per il rilancio: utilizzare i contratti di solidarietà per almeno tre anni e il percorso di mobilità volontaria incentivata e di accompagnamento alla pensione. Nel frattempo bisogna lavorare ancora su efficienza e qualità ma soprattutto recuperare lavoro attraverso il back reshoring di produzioni che sono migrate da Gaggio verso lo stabilimento Rumeno

Occorre poi riqualificare professionalmente i lavoratori, con formazione finanziata (governo, regione), di parte dello stabilimento con altri prodotti Philips; creare un centro assistenza e riparazione mondiale di eccellenza e ricambi, dedicato esclusivamente al prodotto macchine super automatiche; richiedere infine un piano industriale, che preveda la realizzazione di nuovi prodotti di medio – alta gamma, con una maggiore valorizzazione e sostenibilità del marchio Saeco, Made in Italy (con operazioni di marketing abbinata ad alcuni brand storici di alta rilevanza, come Ducati, Lamborghini, Ferrari), da produrre esclusivamente in Gaggio Montano.

Come accade nelle multinazionali, in cui la rete commerciale è accentrata altrove, bisogna rivedere e riorganizzare l’attuale area commerciale e vendite, che deve essere dedicata al prodotto macchina super-automatica e non deve ricadere nelle rete commerciale del consumer care di Philips, non in grado di una valorizzazione dedicata. A Gaggio Montano si dispone di un impianto di verniciatura di ultima generazione, con processi di verniciatura a polvere e a liquido: bisogna estenderne la possibilità di utilizzo non solo per i prodotti di produzione interna.

Ora tocca alla Saeco, nel cuore del sistema Emilia che generalmente previene, gestire. E invece lo scenario è lo stesso e la politica passa dalla disattenzione alle minacce, roboanti quanto tardive e inutili. E al sindacato dei metalmeccanici, quello più impegnato nella sala macchine della crisi, viene scaricata tutta la responsabilità. Sarebbe utile che questa politica si rendesse conto, una volta per tutte che quello che proponiamo da anni e che è arenato in Parlamento, la partecipazione dei lavoratori alle gestioni strategiche d’impresa, aiuta la salute di imprese e lavoratori, impedisce i fulmini a ciel sereno e consente di aprire l’ombrello per tempo e minimizzare l’impatto sociale e industriale delle crisi industriali e come in questo caso degli errori strategici manageriali. Nel frattempo si è acceso qualcosa nella valle, a Gaggio siamo al trentottesimo giorno di presidio, giorno e notte, per difendere la loro fabbrica.

È una gara di solidarietà, tipica della gente di montagna, delle associazioni, delle pro-loco, dei singoli che portano da mangiare e spesso cucinano per le ragazze e i ragazzi in presidio. A volte, come in questo caso, le prove più dure, riaccendono la speranza e l’energia migliore delle persone, anche a ribadire che questa storia non può finire così. Non sarà nulla per una multinazionale ma in attesa del 18 gennaio, data del prossimo incontro, spero significhi qualcosa per il nostro Paese.

Nel frattempo si è acceso qualcosa nella valle, a Gaggio siamo al trentottesimo giorno di presidio, giorno e notte, per difendere la loro fabbrica. È una gara di solidarietà, tipica della gente di montagna, delle associazioni, delle pro-loco, dei singoli che portano da mangiare e spesso cucinano per le ragazze e i ragazzi in presidio

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