“Ma cos’è la destra, che cos’è la sinistra…” cantava Giorgio Gaber. Ed è quanto, forse, anche noi elettori europei ci chiediamo in questi mesi. Da Parigi a Roma, passando per Bratislava e Atene, sul Vecchio Continente soffia in queste settimane un vento a dir poco conservatore. Per gli esecutivi del centro sinistra al comando sono mesi difficili. Forse è per far fronte all’attacco dei populismi, delle estreme destre di piazza, degli euroscettici fai da te, che in alcune capitali si attuano riforme o si usano toni che un tempo tutti noi avremmo dichiarato essere francamente destrorsi.
Il caso più eclatante, di cui poco si è parlato in Italia, è stata la proposta avanzata dal Governo francese della cosiddetta “decadenza della doppia nazionalità”. Un provvedimento figlio dei 3 mesi di Stato di emergenza e degli attacchi di fine novembre, ma anche del clima di paura e insicurezza generalizzato che oggi regna in Francia. Cavallo di battaglia del Front National, la decadenza di nazionalità colpisce di fatto la sola comunità franco-magrebina, aprendo a stigmatizzazioni sociali che negli anni passati la Repubblica Francese aveva cercato di evitare.
Alla base del provvedimento vi è, infatti, la proposta di ritirare la cittadinanza francese a persone che si sono macchiate di crimini contro lo Stato o a sfondo terroristico. Francois Hollande, da acclamato Presidente della porta accanto, ha registrato sin dai primi mesi all’Eliseo una perdita costante di consensi. Il risultato delle elezioni regionali, che ha visto il Front National diventare il primo partito francese, deve aver rappresentato per il socialista Hollande un brusco risveglio, al punto da averlo fatto virare verso politiche impensabili per i socialisti francesi.
Richard Youngs del think tank Carnegie Europe parla a proposito del ritorno del cosiddetto “conservatorismo sociale”. Termine che si riferisce per lo più a una estesa difesa dei valori e atteggiamenti considerati tradizionali di una società, con particolare attenzione a religione e identità nazionale. Un fenomeno che Richard Youngs riconosce in aumento non soltanto in Europa, ma a livello globale.
Richard Youngs del think tank Carnegie Europe parla a proposito del ritorno del cosiddetto “conservatorismo sociale”
Nessuna sorpresa, dunque, se sotto la pressione di nuovi problemi al sistema bancario, tra i primi provvedimenti del neo esecutivo portoghese ci siano stati nuovi tagli al welfare pubblico a favore di un ingente trasferimento di denaro a sostegno degli istituti di credito del Paese. Così come nessuno nel Gruppo dei Socialisti Europei ha battuto ciglio davanti alle esternazioni del Premier slovacco Robert Fico, che nei giorni più intensi della crisi migratoria ha dichiarato pubblicamente di voler accettare entro i propri confini soltanto migranti di fede cristiana.
Non va meglio nemmeno alla Grecia di Tsipras. Svuotato dell’ala radicale, l’esecutivo Tsipras, sotto minaccia della sospensione del terzo piano di aiuti, ha di fatto detto addio già da mesi al rivoluzionario programma elettorale che lo scorso gennaio ha portato Syriza al potere nel Paese. Atene è anche finita all’interno di un rapporto di Medici Senza Frontiere nel quale le autorità greche sono accusate di non aver saputo creare un sistema di accoglienza in grado di rispettare i diritti umanitari delle migliaia di profughi in arrivo, ma anche di aver impedito alle Ong e ad altre organizzazioni internazionali di farlo al posto loro. Una situazione sicuramente lontana anni luce dai mesi della campagna elettorale del 2015.
Resta ora l’incognita del prossimo, si spera, Governo spagnolo. Se mai i Socialisti di Pedro Sanchez riusciranno a mettersi d’accordo con Podemos e Izquierda Unida si vedrà che tipo di politiche Madrid sarà pronta a portare avanti.
L’Italia in questo scenario non fa eccezione. Vicino a importanti scadenze elettorali anche Matteo Renzi ha alzato i toni dello scontro con Bruxelles
Il conservatorismo sociale è, invece, ormai realtà in Paesi fino a poco tempo fa modello per le politiche liberali. Tra questi la Danimarca, dove il Governo conservatore del Premier Lars Lokke Rasmussen è finito sui giornali di mezza Europa per aver annunciato un progetto di legge che autorizza la confisca dei beni ai migranti in arrivo nel Paese. Misura giustificata come necessaria per far fronte all’aumento delle spese affrontate dal Paese scandinavo per accogliere un altissimo numero di profughi e rifugiati.
Stesso scenario anche in Finlandia e in Polonia. Varsavia vive in queste settimane una profonda lacerazione interna. L’arrivo al potere di Beata Szydlo, delfina del potente Jeroslaw Kaczynski, è stato seguito da una serie di riforme finite nel mirino della Commissione Ue che per la prima volta nella storia comunitaria ha aperto un’indagine per valutare il rispetto dello Stato di diritto nel Paese.L’Italia in questo scenario non fa eccezione. Vicino a importanti scadenze elettorali anche Matteo Renzi ha alzato i toni dello scontro con Bruxelles. Nemico numero uno fino a ieri di Lega, Cinque Stelle e di una parte di Forza Italia. Il conservatorismo sociale oggi sembra premiare alle urne, così come il populismo e l’euroscetticismo. Poche speranze per radicali, progressisti e liberali di veder tornare a breve di moda le loro idee.