Saremo visti come un popolo di cui farsi grasse risate, da dipingere come maschilisti, imbroglioni, truffatori perfino degli amici, come ci descriveva uno spot di Media Markt. Ma a una borsa italiana i tedeschi non sanno rinunciare. Né, a quanto pare, a una caffettieria prodotta nei nostri confini, a mobili da giardino e agli articoli in vetro e porcellana. Non solo: il marchio del Made in Italy è una leva di marketing che viene usata sempre di più come una calamita per attirare i clienti. E farli spendere.
Chi abbia girato anche solo per brevi periodi in Germania sa di che si parla. Non c’è strada che non abbia qualche bar che pubblicizzi “cappuccino” o “latte macchiato”, non c’è rosticceria che non abbia in vendita una “ciabatta caprese” o dell’insalata all’italiana, per non parlare delle gelaterie con “italian eis”. Non c’è isolato senza un ristorante italiano, che solo a Berlino sono 709. Non stupisce, dato che un sondaggio del Forsa-Instituts indicava come la cucina italiana sia di gran lunga la più amata tra le straniere, con il 61% di apprezzamento da parte dei tedeschi.
Cosa ha significato tutto questo in termini numerici lo ha spiegato in un “management report” Messe Frankfurt, la Fiera di Francoforte, che ha visto nella manifestazione Ambiente, dedicata ai beni di consumo, l’Italia come Paese ospite d’onore. Ebbene, se nel 1960 dall’Italia si importavano in Germania merci per un valore pari a 1,3 miliardi di euro, i dati Istat sul commercio estero dicono che nel 2015 la cifra è arrivata a poco meno di 51 miliardi di euro (50,995). Anche se il saldo commerciale scendeva, a causa dell’export monstre tedesco che ha coinvolto anche l’Italia, le nostre esportazioni sono salite dell’1,7%, rispetto ai 50,1 miliardi del 2014 e ai 48,4 miliardi del 2013.
La pubblicità shock di Media Markt nel 2008, che rappresentava attraverso un buzzurro latin lover, truffatore di un amico e imbroglione
Non c’è troppo da stupirsi, perché i consumi sono una delle componenti che più ha spinto la salita del Pil tedesco nel 2015, dopo anni di rallentamento dovuto al “dumping salariale”. Per questo il 2016, ha spiegato il console generale italiano a Francoforte, Maurizio Canfora, durante un incontro ad Ambiente, si preannuncia positivo. «Nei primi nove mesi del 2015 l’interscambio commerciale è stato di oltre 80 miliardi, con una crescita in entrambe le direzioni. In tutto il 2016 probabilmente supererà i 100 miliardi. In una situazione favorevole, in Germania, il design italiano diventa qualcosa di acquistabile da tutti, non solo dalle elite», ha detto a Linkiesta.
Due terzi di tutto l’export riguarda produzioni industriali che hanno a che fare con la meccanica/elettrotecnica, la chimica, i prodotti in metallo e gli autoveicoli, tra cui spiccano le 620 Ferrari immatricolate. Poi ci sono i generi alimentari, arrivati a 3,2 miliardi nel 2014. Ma è nei settori dei beni di consumo che si vede quanto la mania per l’Italia stia diventando un affare più profondo.
Oggi il 40% delle borsette da donna importate in Germania vengono dal nostro Paese. E un quarto dei negozianti di articoli di pelletteria dichiara di avere oltre il 30% di ricavi derivante da prodotti italiani
Prendiamo la pelletteria: solo nel 2010 le esportazioni non superavano i 213 milioni di euro; cinque anni dopo erano arrivate a 448 milioni. Oggi il 40% delle borsette da donna importate in Germania vengono dal nostro Paese. Secondo un sondaggio commissionato da Messe Frankfurt all’istituo Ifh, un quarto dei negozianti di articoli di pelletteria, dichiara di avere oltre il 30% di ricavi derivante da prodotti italiani. Non solo: l’87% di loro ha prodotti italiani in vendita, il 43% mette in evidenza l’italianità dei prodotti nelle vetrine e nei volantini e oltre un terzo di loro utilizza la qualità del Made in Italy come argomento di vendita con i clienti. Tendenza del tutto simile riguarda l’arredamento da giardino: i teutonici amano sempre di più la vita all’aria aperta e associano il relax in giardino al Belpaese.
Una forte crescita l’hanno avuta anche i piccoli elettrodomestici, a partire dalle macchine da caffè. Negli anni i tedeschi hanno cominciato a comprare anche macchinari provenienti da Paesi dove i prodotti costano meno, ma lo spazio per i nostri produttori, soprattutto di alta gamma, è continuato a crescere. Ne sanno qualcosa alla Bialetti. «Nel 2015 l’export verso la Germania è salito del 20%», dice dalla fiera Ambiente Gianfranco De Pietro, export manager del gruppo che ha sede a Coccaglio, Brescia, dopo l’acquisizione del marchio da parte della famiglia Ronzoni, nel 1998. «La Germania è il nostro primo mercato dopo l’Italia – continua – e i tedeschi associano ai nostri prodotti sia una componente di design, sia il valore della storia, che forse è la prima leva che spinge all’acquisto».
Stessa musica si ritrova da Guzzini. «Siamo cresciuti dell’8% nell’export verso la Germania- dice l’export sales manager Fabio Rocchigiani -. Quello tedesco è un mercato difficile, dove si vince se fai grandi investimenti in tecnologia. Per questo è una soddisfazione avere visto due nostri prodotti vincere il premio Design Plus, che alla fiera Ambiente era dedicato all’unione di design e tecnologia». Sui 27 prodotti premiati, sette sono di quattro aziende italiane; tre riconoscimenti sono andati alla Alessi. Nel complesso la categoria degli articoli in vetro, porcellana, ceramica e casalinghi, è tra quelle che sta meglio. «Quando si parla di design, gli italiani parlano tanto ma non comprano – dice Emanuele Castiglioni, pronipote di Achille Castiglioni e sales manager alla Trabo -. Invece un prodotto di alta gamma come il nostro tostapane firmato Gae Aulenti si vende infinitamente di più in Germania».
Non tutte le categorie hanno vita semplice: se si va a chiedere a chi vende bicchieri e padelle, la risposta che si ottiene è che il mercato è saturo, dominato da operatori locali, che spesso sono colossi. Come Zwilling, che nel 2015 ha acquistato uno dei grandi nomi italiani, la Ballarini
Non tutte le categorie merceologiche hanno vita semplice: se si va a chiedere a chi vende bicchieri e padelle, la risposta che si ottiene è che il mercato è saturo, dominato da operatori locali, che spesso sono colossi. Come Zwilling, che nel 2015 ha acquistato uno dei grandi nomi italiani delle pentole, la Ballarini, esistente dal 1889. Ragioni di maggiore di capacità di penetrazione dei mercati internazionali, limite che caratterizza le nostre società in questo e in altri comparti.
Sono stati dolori anche per altre tipologie di merci, con numeri inferiori, come gioielli e piccoli mobili, dove non siamo stati in grado di reggere la concorrenza dei Paesi emergenti. Ma la tendenza è netta: «I tedeschi si stanno italianizzando – dice il console Canfora -. È una tendenza che va avanti da tempo. Rimangono i pregiudizi, in entrambe le direzioni, e questo è un problema. I due popoli nonostante tutto si conoscono ancora troppo poco». Mentre per tutti, autorità o commercianti, le tensioni politiche degli ultimi mesi tra il governo Renzi e Angela Merkel non hanno minimamente cambiato le prospettive dei consumi.