Il Parlamento discute di eutanasia. Tra pochi giorni le commissioni Affari Sociali e Giustizia della Camera dei deputati inizieranno a esaminare il tema. È una questione che attende da anni, eppure di grande attualità. Le proposte di legge sono quattro, una è di iniziativa popolare. Nessuno si nasconde: non sarà facile arrivare a una soluzione in tempi brevi. Ecco perché, come spiega la relazione di uno dei provvedimenti all’esame, lo scopo è «aprire un dibattito in Parlamento che possa, nel rispetto delle opinioni di tutti, portare una risposta il più possibile condivisa non solo rispetto a scelte, certo non facili, che molti si quotidianamente a dover fare, ma anche rispetto a un tema su cui il dibattito e il confronto nel Paese sono sempre più attuali».
L’Italia è pronta per una legge sulla dolce morte? La proposta di iniziativa popolare, depositata nel 2013, ha raccolto oltre 100mila sottoscrizioni. Il documento conferma che secondo diverse rilevazioni statistiche “ben oltre la metà degli italiani” è a favore dell’eutanasia legale. Una questione etica, filosofica, religiosa. Un tema diffuso, eppure spesso fuori dal pubblico confronto. «I vertici dei partiti e la stampa nazionale – si legge – preferiscono non parlarne: niente dibattiti su come si muore in Italia, tranne quando alcune storie personali si impongono: Eluana e Beppino Englaro, Giovanni Nuvoli, i leader radicali Luca Coscioni e Piero Welby». Eppure forse il Paese è maturo per affrontare il tema dell’eutanasia, mai discusso prima d’ora in Parlamento. Il merito è di Sinistra Italiana, che ne ha chiesto la calendarizzazione a Montecitorio. «Il diritto di ciascun individuo – così nella proposta di legge a prima firma Marisa Nicchi – di scegliere le modalità di interruzione della propria vita nel caso di patologie non curabili e in fase terminale».
Il medico potrà praticare l’eutanasia solo se ha accertato che il paziente è maggiorenne e, al momento della richiesta, capace di intendere e di volere. Richiesta che non può essere in alcun modo frutto di pressioni esterne, ma «ben ponderata e ripetuta»
La proposta di Sinistra Italiana individua una serie di condizioni particolarmente rigorose per autorizzare la procedura. Il medico curante può praticare l’eutanasia senza essere punito solo se ha accertato che il paziente è maggiorenne e, al momento della richiesta, capace di intendere e di volere. Richiesta che non può essere in alcun modo frutto di pressioni esterne, ma «ben ponderata e ripetuta». Soprattutto, il medico deve accertare che il paziente «è affetto da una patologia con prognosi infausta e in fase terminale, senza alcuna prospettiva di sopravvivenza, e le sue sofferenze fisiche o psichiche sono costanti e insopportabili». La proposta di legge prevede una approfondita fase di confronto tra medico e paziente, che passa attraverso una serie di colloqui periodici. Ma considera anche necessario il consulto con un altro specialista, in grado di confermare il carattere “grave e incurabile” della malattia. Un esperto della patologia, che nella sua indipendenza di giudizio deve redigere un rapporto, esponendo le sue considerazioni sul caso. Il provvedimento è ampio e dettagliato. Si precisa che la richiesta del paziente deve essere contenuta in una dichiarazione scritta, redatta, data e firmata personalmente. Un documento che può essere revocato in qualsiasi momento. Più breve il testo della proposta di legge popolare, composta da quattro articoli, che propone “poche regole chiare” per stabilire con precisione «come ciascuno possa esigere legalmente il rispetto delle proprie decisioni in materia di trattamenti sanitari, ivi incluso il ricorso all’eutanasia».
Anche in questo caso per rifiutare trattamenti sanitari e terapie nutrizionali, il paziente deve essere maggiorenne. La sua richiesta deve essere «attuale e inequivocabilmente accertata». I parenti entro il secondo grado e il coniuge devono essere informati e, con il consenso del paziente, devono avere modo di poterlo incontrare per un colloquio. Ancora una volta le condizioni mediche necessarie per poter richiedere l’eutanasia sono rigorosamente descritte. Non c’è spazio per l’ambiguità. La richiesta deve essere motivata «dal fatto che il paziente è affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi». Come stabilisce la proposta di legge presentata dalla deputata del gruppo misto Eleonora Bechis, i medici non possono dichiarare obiezione di coscienza. Ecco perché sia in questo testo che nella proposta di legge popolare è previsto che il personale medico e sanitario che non rispetta la volontà dei pazienti esercitata secondo la legge, «è tenuto, in aggiunta ad ogni altra conseguenza penale o civile, al risarcimento del danno, morale e materiale, provocato dal proprio comportamento».
Si prevede una dichiarazione anticipata: ogni maggiorenne può affidare a un documento scritto la propria volontà di ricorrere all’eutanasia. Un atto che diventa vincolante qualora il paziente perda la propria capacità di intendere e di volere
Le proposte di legge prevedono anche l’ipotesi di una dichiarazione anticipata. Ogni maggiorenne può affidare a un documento scritto la propria volontà di ricorrere all’eutanasia. Un atto da sottoscrivere sotto determinate garanzie – anche la presenza di testimoni – che possa diventare vincolante qualora il paziente perda la propria capacità di intendere e di volere. Una richiesta chiara e inequivoca, che «non può essere soggetta a condizioni». Oltre all’indicazione di alcuni fiduciari, il documento deve essere accompagnato, «a pena di inammissibilità, da un’autodichiarazione, con la quale il richiedente attesta di essersi adeguatamente documentato in ordine ai profili sanitari, etici e umani ad essa relativi». I vari documenti parlamentari presentano alcune differenze. La proposta di legge a firma Nicchi, ad esempio, considera valide solo le dichiarazioni anticipate compilate «entro i cinque anni immediatamente precedenti la condizione patologica che determina la perdita della capacità di intendere e di volere».
In Parlamento trovare un’intesa non sarà facile. Ma forse, a prescindere dalla sensibilità di ciascuno, il confronto non può più essere posticipato. Il tema divide, ma è opportuno un intervento legislativo. Anche perché oggi, così si legge nel testo sottoscritto da 100mila firmatari e depositato in commissione, «chi aiuta un malato terminale a morire – magari un genitore o un figlio che implora di porre fine alla sofferenza del proprio caro – rischia molti anni di carcere».