Dalla cucina di un appartamento condiviso tra giovani adulti nel centro di Varsavia a quasi il 4% di voti raccolti in pochi mesi. Razem, che in italiano significa “Insieme”, punta a diventare nei prossimi mesi il Podemos polacco. Una sfida non da poco in un Paese abituato negli ultimi anni ad assistere all’alternanza tra i Cristiano Democratici di Piattaforma Civica e gli ultra conservatori e nazionalisti del Partito “Diritto e Giustizia” (PIS).
In quella che la stampa internazionale ha definito la “tigre europea” per i ritmi di crescita economica simili a quelli asiatici, la crescita delle disuguaglianze economiche e sociali ha raggiunto livelli altrettanto unici in Europa. A fronte di una borghesia cittadina che ha visto crescere redditi e miglioramenti di vita, oltre la metà delle famiglie polacche non dispone di risparmi bancari e vive con stipendi medi che si aggirano attorno ai 400 euro mensili.
È in questo contesto che si sono svolte le elezioni dell’ottobre scorso, alle quali ha votato poco più del 50% degli aventi diritto di voto, sancendo la vittoria dei nazionalisti del Pis. Il partito di Jarosław Kaczyński, l’eminenza grigia che pure in assenza di incarichi politici è a oggi l’unico uomo al comando del Paese, con quasi il 40% delle preferenze controlla tutto e punta a demolire le strutture democratiche nel Paese.
«Non ci stupiamo del fatto che il Pis abbia vinto le elezioni – spiegano a Linkiesta Kuba Danecki e Marcelina Zawisza del Comitato Politico di Razem – Nelle case di metà delle famiglie mancano i soldi per il riscaldamento. Nell’entroterra si chiudono le mine, gli stipendi medi sono sotto il livello di povertà e la maggioranza dei nuovi occupati nei centri cittadini lavora con i cosiddetti contratti a “zero ore”. Sono strumenti iper flessibili che non garantiscono l’accesso né alla sanità pubblica né a nessun altro tipo di sussidio. I nazionalisti del Pis conoscono la realtà della gente comune. Molto bene. Hanno vinto perché hanno promesso cose concrete. E se il prezzo da pagare per la Polonia è consegnare nelle loro mani il potere assoluto, le persone accetteranno».
«Nelle case di metà delle famiglie mancano i soldi per il riscaldamento. Nell’entroterra si chiudono le mine, gli stipendi medi sono sotto il livello di povertà e la maggioranza dei nuovi occupati nei centri cittadini lavora con i cosiddetti contratti a “zero ore”»
«È stata l’assenza di opzioni a spingerci a creare Razem – continuano Kuba Danecki e Marcelina Zawisza – Il nostro modello sono Podemos e Syriza. Non ci definiamo, però, un partito di sinistra radicale, preferiamo definirci Socialdemocratici. In Polonia la sinistra non è praticamente mai esistita. Anche Solidàrnosc, dopo aver esser nato come movimento a favore della classe operaia ha abbracciato la lotta contro i gay e sposato cause che definire di estrema destra è ancora poco».
Con un programma politico centrato principalmente sulla redistribuzione della ricchezza, innalzamento dello standard di welfare e sostegno ai lavoratori Razem ha compiuto negli ultimi mesi un piccolo miracolo. Creato soltanto lo scorso maggio da un’accesa discussione nella cucina di Marcelina Zawisza, il movimento è riuscito in pochi giorni a raccogliere le 100.000 firme per potersi candidare alle elezioni legislative. Nonostante la quasi totale assenza sui media tradizionali il partito ha raccolto mezzo milione di voti alle elezioni di ottobre. Insufficienti a garantirgli la presenza in Parlamento, ma abbastanza da garantirgli il finanziamento pubblico. Soldi che il partito ora vuole utilizzare per creare delle sezioni- centri di coordinamento in tutto il Paese. «Abbiamo paura, però – spiegano Kuba e Marcelina – che i finanziamenti non arriveranno mai. Il ritmo con il quale il PIS sta procedendo alla riforma del sistema istituzionale nazionale ci lascia pensare che dopo la Corte Costituzionale e i media saranno toccati anche i finanziamenti ai partiti».
Al contrario di quanto accaduto in Spagna e Grecia con Podemos e Syriza, dove le manifestazioni di piazza hanno garantito ai due partiti una crescita esponenziale di sostenitori e di copertura mediatica tradizionale, Razem è figlio della rete. Il suo logo e il suo programma sono diventati virali. La viralità del movimento entusiasma i suoi fondatori, ma li preoccupa anche: «Il nostro obiettivo è essere presenti in ogni singola protesta di lavoratori nel Paese – spiega Marcelina – Dobbiamo garantirgli una copertura mediatica. La Polonia contemporanea non è abituata a scendere in piazza né tantomeno alle proteste di piazza. Ecco perché quello che sta accadendo in questi giorni, con il Comitato a difesa della Democrazia (KOD) che ogni settimana porta in piazza migliaia di persone in difesa dello Stato di diritto può essere definito storico».
«Il ritmo con il quale il PIS sta procedendo alla riforma del sistema istituzionale nazionale ci lascia pensare che dopo la Corte Costituzionale e i media saranno toccati anche i finanziamenti ai partiti».
«Stiamo supportando la battaglia di KOD, perché condividiamo l’urgenza di difendere le nostre libertà, i nostri diritti e la democrazia. La nostra alleanza, se così possiamo definirla, si limita però a questo – spiega ancora a Linkiesta Marcelina Zawisza – I sostenitori di KOD sono elettori della Piattaforma per la Democrazia, è la classe borghese che vorrebbe soltanto tornare alla situazione precedente. Non vuole un cambiamento reale della situazione, che è quello che noi chiediamo ed è la stessa ragione che ha portato i nazionalisti al potere».
Retto da un comitato centrale composto da nove persone, i cui membri saranno rieletti in occasione del primo congresso nazionale a maggio, Razem segue una via simile a quella del Movimento Cinque Stelle nella definizione delle politiche da seguire. La democrazia diretta via social media è un fattore determinante del gruppo, che però a questo aggiunge anche la cooperazione con ricercatori ed esperti a cui spetta il compito di correggere le proposte provenienti dagli iscritti al partito. Con duemila membri ufficialmente registrati, Razem conta di riunire in primavera almeno centomila sostenitori. Mentre si allarga la base di simpatizzanti a livello nazionale, soprattutto tra i cosiddetti millenials, il comitato centrale sta procedendo anche ad allargare le alleanze a livello europeo. Uno degli obiettivi di Razem è, infatti, arrivare anche a colpire l’interesse e la fiducia degli espatriati nelle altre capitali europee e di poter fare l’ingresso in politica magari proprio alle prossime elezioni europee del 2019.