Il premio “simpatia” delle primarie di Milano va a quegli elettori che spiegano che «il voto è segreto», dall’alto della loro cattedra in diritto costituzionale. Medaglia d’argento per i presidenti di collegio convinti che domandare le intenzioni di voto «sia illegale»
Terzo gradino del podio per la minoranza etnica svizzera: perché alle 15:30 di domenica, in via Giusti – zona Paolo Sarpi, la China Town meneghina al centro delle polemiche del weekend, dove «i Wu parlano il milanese meglio dei Fumagalli» – un intero collegio s’arrende al panico. Il motivo? La presenza di uno svizzero con residenza a Milano da 50 anni. Ci vuole una mezz’ora prima che la “centrale rischi” del Partito democratico confermi la presenza dell’extracomunitario su suolo italico. Che nel frattempo attende rispettosamente sotto la pioggia, fissato con sguardo di disapprovazione dai cinesi. E i pensieri corrono agli accordi fra Italia e Confederazione elvetica per lo scambio di informazioni bancarie. Prossimo step: un trattato bilaterale fra uffici anagrafe.
Pioggia e scontro di civiltà alle primarie di Milano. Per il voto dei cinesi? No, per quello degli svizzeri
Cinquecento metri più in là si consuma lo scontro fra elettori e scrutinatori: alla libreria di via Albertini – che non è dedicata né all’ex sindaco né al “metronomo” del Milan – un militante del Pd rivolge insulti pesanti alla presidente del collegio che reagisce con una lezione di storia: «Il voto agli analfabeti è garantito dal 1946». La polemica riguarda il fatto che alcuni dei cinesi venuti a votare non sapessero scrivere. Gli articoli del Fatto Quotidiano hanno surriscaldato questa fredda domenica milanese, anche quando si tratta di mettere una “X”.
La giornata è strana: l’affluenza totale è di 26mila elettori alle 12:30 suddivisi fra le decine di circoli, librerie ed esercizi commerciali che hanno dato la loro disponibilità: sono 170 in vi Mompiani (Corvetto), 300 in via Maestri del Lavoro (Fulvio Testi), 240 alla libreria Open di viale Montenero, dove si racconta che scheda e matita l’abbiano imbracciata anche i genitori di Pierfrancesco Majorino e tre persone di cognome Pisapia – non è chiaro con quale grado di parentela.
Alla libreria Open: 240 elettori alle 12:30. Sputano anche tre cognomi Pisapia e i genitori di Pierfrancesco Majorino
Dopo pranzo l’onda si arresta per un paio d’ore: la pioggia non aiuta, i balbettii del Milan al Meazza fanno il resto. E al bar “DVerso” di via Casati – vicino al quartier generale di Beppe Sala – è più facile avere gli occhi incollati sul maxischermo che riprende il rettangolo verde di San Siro, che non assistere a fiotti di elettori.
Si fa pieno pomeriggio, escono i primi exit poll che saranno di fatto confermati dallo spoglio delle 20. Alle 16:30 le agenzie di stampa provano a ringalluzzire l’ambiente: 44.000 elettori, in linea con il dato delle primarie di cinque anni fa e che poggiarono la prima pietra della “rivoluzione arancione”. Ma anche i numeri possono ingannare: nel 2010 i seggi avevano aperto solo per una giornata. E infatti a tarda sera arriva il dato definitivo: 60mila persone, 6-7mila in meno dello scontro Pisapia-Boeri-Onida.
Ultima tappa al circolo Pd “Caponnetto” di via Gran San Bernardo – via Cenisio, le colonne d’Ercole della zona 8. Dove nella raccolta dati sul voto sono impegnati gli studenti di Scienze politiche dell’Università Statale. Il professor Fasano ha fatto raccogliere loro 3mila questionari. Lavoro non semplice: «Signora posso farle una domanda?» chiedono i ragazzi. «Sì certo» rispondono le sciure intenerite dalla giovane età e dal fuoco della politica. «In realtà le domande sono 20». Arrivederci e grazie.
Via Cenisio, le colonne d’ercole di zona 8. Dove gli elettori sfuggono alle domande degli studenti universitari, che hanno raccolto 3000 questionari per un progetto con il professo Fasano
Si fermano volentieri solo gli elettori di Majorino – sia reali che potenziali. Perché un ragionamento sul voto utile alla fine lo hanno fatto quasi tutti. «Sa quanto è bravo quel “ragazzo”, solo che se gli candidano contro un Salvini o un Del Debbio rischia di perdere. Quindi puntiamo tutto sul democristiano (Beppe Sala ndR)». Le notizie della candidatura di Parisi a destra non è ancora arrivata a molti elettori del centrosinistra. Del resto non si può biasimarli: solo raccapezzarsi sui vari equilibrismi delle primarie, è stata impresa ardua.
Alle 20 la giornata è finita. Abbracci di cortesia al teatro Elfo e applausi a mezzo braccio per Giuliano Pisapia – nello stesso teatro in cui, nel 2011, timpani e corde vocali vibravano per lui.
Ora rimane da ricucire i pezzi, perché le ferite di una campagna elettorale a tratti scorretta, non si lavano con la pioggia della domenica. E comunque vada a finire a giungo, Milano sarà amministrata da un manager: Sala, Parisi o Passera. Come se le primarie le avessero fatte tutti gli schieramenti, con le schede stampate su carta copiativa.