Il bazooka è stato ricaricato con quattro bombe, ma ora le munizioni sono finite. Come dire, o la va o la spacca. Questo è emerso dalle decisioni della Banca Centrale Europea. Nella riunione di giovedì 10 marzo, sono quattro le misure decise, tutte pesanti: la Bce ha esteso il programma di acquisto di bond a 80 miliardi di euro, 20 miliardi di euro in più rispetto ai 60 miliardi precedenti. Il consensus si aspettava un incremento di 10 miliardi. Il tasso sul deposito scende ulteriormente a -0,4% da -0,3%, in linea con le previsioni. Vale a dire un ulteriore aumento della tariffa per il parcheggio della liquidità a Francoforte. Il tasso di rifinanziamento principale, a partire dal 16 marzo, scende a zero da 0,05 per cento. Non era mai accaduto. Infine sono state deliberate quattro nuove operazioni di rifinanziamento (TLTRO), della durata di quattro anni, che saranno avviate a partire da giugno.
La risposta dei mercati è stata immediata: lo spread Btp/Bund si chiude bruscamente a 105 punti base mentre il rendimento del BTP 10 anni scende a 1,27 per cento. I titoli bancari italiani sfiorano aumenti del 10 per cento.
Mario Draghi ha già salvato due volte l’economia europea, una prima volta nell’estate del 2013 con il “Whatever it takes”, una seconda a inizio 2015 con il varo del piano di acquisti mensile da 60 miliardi di euro. Per salvarla una terza volta, un incremento degli acquisti a 70 miliardi di euro, come prevedeva il consensus, avrebbe potuto non bastare: c’era il rischio che il solo incremento della potenza di fuoco venisse interpretato come la riproposizione di una terapia che fino a oggi non è stata in grado di allontanare la minaccia di deflazione.
Per ottenere una risposta positiva dai mercati finanziari, Draghi doveva tirare fuori dall’arsenale, come ha fatto, un’arma già utilizzata con successo in passato, un nuovo maxi finanziamento a condizioni agevolate da mettere a disposizione delle banche: un nuovo Tltro a condizioni più vantaggiose di quelle in essere. Sempre di immissione di liquidità si tratta. Ma, incanalandola verso gli istituti di credito, la Bce risolve il problema della carenza di titoli acquistabili, sempre più scarsi proprio a causa degli effetti del Qe.
Incrementando la quantità di acquisti in un alveo di disponibilità sempre più ridotto, l’istituto centrale avrebbe potuto provocare effetti distorsivi sui prezzi, con il rischio di destabilizzare il mercato delle obbligazioni.
Con un nuovo Tltro, le banche possono diventare un braccio operativo del Qe, possono essere loro ad andare sul mercato a rastrellare titoli di Stato e altra “carta”, senza i vincoli ai quali deve sottostare la Bce
Con un nuovo Tltro, le banche possono diventare un braccio operativo del Qe, possono essere loro ad andare sul mercato a rastrellare titoli di Stato e altra “carta”, senza i vincoli ai quali deve sottostare la Bce. Formalmente, le risorse messe a disposizione da Francoforte agli istituti di credito dovrebbero essere girate alle famiglie e alle imprese, ma alla fine, anche se in modo meno diretto, si arriva allo stesso risultato. Il Tltro prevede che le banche, per poter partecipare all’asta, presentino come collaterale obbligazioni di vario genere, governative, bancarie e corporate.
Draghi a questo punto non ha più munizioni, o quasi: ad esempio avrebbe potuto fare anche di più: uno degli annunci che il consensus non si aspettava, ma che qualcuno aveva preso in considerazione, riguardava la possibile inclusione negli acquisti della Bce di titoli sotto il livello investement grade, o di subordinati emessi dalle banche. In questo modo, ci sarebbe un immediato effetto positivo sulle banche: essendo grandi detentrici di questa classe di bond, sarebbe per loro possibile dismetterne una parte con una plusvalenza.
Un passo di questa portata sarebbe impegnativo in quanto esporrebbe la banca centrale al fuoco delle critiche, soprattutto dei tedeschi, ma c’è qualcosa che Draghi, in questo ambito potrebbe dire.