Il deputato agricoltore: «È più faticoso stare in Parlamento che lavorare nei campi»

Braccia prestate alla politica. In Parlamento ci sono metalmeccanici, operai, artigiani. L’idraulico Tripiedi rimpiange il vecchio lavoro: «Quando avrò finito il mandato tornerò in cantiere». L’agricoltore Taricco: «La politica è bella, ma quando vedo un frutteto ben potato mi emoziono ancora»

«La verità? Non ho mai faticato tanto in tutta la mia vita. E le assicuro che quando facevo l’agricoltore non lavoravo meno di dieci ore al giorno». Mino Taricco è un deputato del Partito democratico. Prima di entrare a Palazzo coltivava kiwi e pere (soprattutto Williams) nel cuneese, in Piemonte. La rivelazione che non ti aspetti arriva dopo pochi minuti di conversazione: fare il deputato è più faticoso che stare nei campi. Qualcuno potrebbe non crederci. «Eppure è così – racconta il parlamentare – Se uno lavora con serietà, difficilmente se la sbriga in meno di 60-70 ore a settimana». E le polemiche sulla Casta? «Nei tre giorni che sono a Roma mi alzo alle sei di mattina, vado in commissione, poi in Aula. Non torno mai a casa prima delle dieci di sera». E non è ancora tutto. «Due giornate le trascorro facendo incontri sul territorio e un’altra la dedico ad approfondire i temi all’esame del Parlamento…».

Taricco non è l’unico deputato a conoscere la fatica di un lavoro manuale. Tra decine di avvocati, medici, giornalisti e funzionari di partito, in Parlamento c’è una sorprendente realtà. Rigorosamente bipartisan. Un piccolo manipolo di metalmeccanici, agricoltori, idraulici ed artigiani. Braccia rubate alle proprie professioni e prestate alla politica. La vera rappresentazione di quel “presidente operaio” evocato anni fa da un fortunato slogan politico.

Operaia in un’azienda che produce fibre tessili, la scorsa legislatura la leghista Emanuela Munerato aveva annunciato in Aula la sfiducia al governo in tenuta da lavoro. Tuta arancione e cuffia per i capelli

A Palazzo Madama c’è la veneta Emanuela Munerato. Un passato da leghista, oggi esponente del movimento di Flavio Tosi. Prima di entrare in Parlamento faceva l’operaia alla Contifil, un’azienda che produce fibre tessili. Qualcuno la ricorda ancora per un intervento a Montecitorio durante la scorsa legislatura, in divisa da lavoro. Tuta arancione e cuffia per i capelli, aveva annunciato in Aula la sfiducia alla finanziaria del governo Monti. «Per questioni di tempo non indosso scarpe anti-infortunistica – così davanti ai sorpresi esponenti del governo – e per questioni di comunicazione non indosso i tappi contro il rumore, che qualcuno di voi penserà possano servire per il marito che russa, mentre, invece, servono in fabbrica per non diventare sordi». Al Senato, con lei, c’è il collega operaio Giovanni Barozzino. Esponente di Sinistra Italiana, prima di entrare nel Palazzo lavorava allo stabilimento Fiat di Melfi, in Basilicata. Finito al centro di un caso per il suo licenziamento, prima delle ultime elezioni Sinistra Ecologia e Libertà gli ha simbolicamente offerto un posto un lista.

Tra Camera e Senato sono una decina gli infermieri. Non manca qualche artigiano. Il grillino Claudio Cominardi faceva il disegnatore metalmeccanico. ll deputato dem Antonio Boccuzzi era un operaio nell’azienda siderurgica ThyssenKrupp. Davide Tripiedi, parlamentare del Movimento Cinque Stelle, era dipendente di una piccola impresa di termoidraulica. Oggi in aspettativa non retribuita.

A volte il grillino Tripiedi ha nostalgia di quando faceva l’idraulico: «Certo che tornerò in cantiere. Per noi Cinque Stelle la politica è un impegno civico a termine, mica un mestiere».

Trentaduenne monzese, anche Tripiedi ammette che il lavoro a Montecitorio non è una passeggiata. «Quando facevo l’idraulico – racconta – lavoravo otto ore al giorno, tutti i giorni. Un mestiere faticoso, per carità. Ma adesso so quando inizio e mai quando finisco». La differenza, ancora una volta, è la serietà dell’impegno parlamentare. «Per chi svolge questo incarico con passione e voglia di apprendere, partecipando costantemente ai lavori in commissione, non è facile…». Nessun timore reverenziale. Eppure a volte Tripiedi ha nostalgia del vecchio mestiere. «Mi è capitato di rimpiangere la vita in cantiere – continua – La saggezza dei muratori e dei miei vecchi colleghi è impareggiabile». Tra qualche anno, conclusa l’esperienza parlamentare, tornerà alla sua vecchia vita. Ne fa una questione di principio: «Certo che tornerò in cantiere. Per noi Cinque Stelle la politica è un impegno civico a termine, mica un mestiere».

Del resto il passaggio dalla fabbrica al Transatlantico di Montecitorio non sempre è facile. «L’agricoltore è un’attività molto concreta – racconta ancora il dem Taricco – Decidevo e facevo. Alla Camera invece il mio lavoro è alla continua ricerca di un punto di equilibrio. Di un compromesso». Costretto ad affittare la sua azienda quando è diventato assessore regionale, oggi Taricco ha conservato per passione un ettaro di kiwi. «È una pianta rustica – spiega – dà poco lavoro. Non ha bisogno di tanti trattamenti antiparassitari». Ma il sogno resta quello di tornare alla vecchia attività. Perché la politica è bella, «ma quando vedo un frutteto fiorito e ben potato mi emoziono ancora».

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