Il valore delle azioni è crollato del 90 per cento. Le perdite affossano quello che fu uno dei motori del boom economico del Nord Est. Miliardi di euro sono stati bruciati. È il dramma che stanno vivendo gli azionisti della Banca Popolare di Vicenza e tutto il territorio vicentino. Eppure, quando già i segni che qualcosa non quadrava si erano manifestati, i soci ricevettero una lettera in cui il presidente della banca si vantava dei successi ottenuti nel far salire il valore delle azioni. Era il dicembre 2014 e quella lettera oggi va riletta.
Lo stratagemma
Il 25 ottobre 2014, riunitosi d’urgenza, il Consiglio di Amministrazione della banca deliberò infatti il riscatto e la chiusura anticipata del prestito obbligazionario “Banca Popolare di Vicenza 5% 2013/2018”, emesso solo un anno prima. Secondo quanto previsto dal regolamento di emissione gli obbligazionisti si ritrovarono in mano il controvalore dell’investimento in azioni, trasformandosi così in soci, partecipi in prima fila del rischio d’impresa della gestione del Cavalier Zonin.
Il presidente Gianni Zonin (che si è dimesso il 23 novembre 2015 dopo quasi 20 anni alla guida della banca, ndr) così commentò: «La conversione di tale prestito pari a 253 milioni di euro, già sottoscritto nel corso del 2013, rientra nelle importanti iniziative di patrimonializzazione per complessivi 1,2 miliardi di euro effettuate dalla nostra Banca nel corso del 2013 e del 2014».
A tutto scapito degli obbligazionisti che avevano dato fiducia alla banca e che vedevano adesso pesantemente ridimensionato il proprio investimento.
Lo stralcio del debito dell’emissione obbligazionaria consentì comunque di patrimonializzare la banca e di tappare quella falla che l’autorità europea avrebbe altrimenti rilevato di lì a qualche giorno.
Il superamento degli stress test fece cantare vittoria all’istituto vicentino nella relazione di fine anno, ove si vantò di essere «stato promosso a pieno titolo fra le 120 più importanti banche d’Europa».
Nell’ottobre del 2014 la Banca Popolare di Vicenza superò gli stress test dell’Eba per il rotto della cuffia, grazie ad uno stratagemma finanziario
In realtà, il superamento dei test avvenne davvero per il rotto della cuffia, poiché, nell’ipotetico scenario avverso tracciato dall’autorità europea, l’eccedenza patrimoniale nel capitale primario di classe 1 (Cet1, ossia il patrimonio di base, composto da capitale azionario, riserve di bilancio ed utili non distribuiti) era valutata in soli 30 milioni, un importo non certo da margine di sicurezza.
Che il superamento sia avvenuto per effetto dello stratagemma della conversione del prestito venne riconosciuto dalla stessa banca in un comunicato del 26 ottobre 2014. «Dall’esercizio di Stress Test», affermò la banca, «emerge una carenza tecnica patrimoniale pari a 223 milioni di euro, più che compensata dalla già deliberata irrevocabile conversione del prestito obbligazionario soft mandatory per 253 milioni di euro». Ecco i 30 milioni di surplus residui nello scenario avverso. In caso di mancato stralcio del prestito obbligazionario, la perdita si sarebbe attestata proprio a 223 milioni ed i test non sarebbero stati superati.
«Dopo che negli ultimi dieci anni i titoli delle banche quotate hanno perso in media il 60% del loro valore mentre quello della nostra azione è cresciuto del 33%, sappiamo che abbiamo avuto ragione e i nostri 110 mila soci ce ne sono grati»
Il riscatto anticipato di un prestito obbligazionario non può certo dirsi indice di salute patrimoniale di una banca, per cui limitarsi a definirla “iniziativa di capitale” come fece il comunicato del 26 ottobre risulta quantomeno fuorviante.
E invero, il deficit emerso nel rapporto tra capitale primario di classe 1 e attività ponderate per il rischio (il c.d. Cet1 ratio considerato dagli stress test) dimostrava quanto poco realistico fosse il valore delle azioni della banca, al tempo ancora attestato ad euro 62,50.
La lettera
Poco più di un mese dopo il presidente Gianni Zonin si rivolse ai soci con gli auguri di Natale.
Bisogna leggerla direttamente , questa lettera, per comprenderne appieno la spudoratezza. Per questo la pubblichiamo.
«Egregio socio, qualche settimana fa la Banca Centrale Europea ci ha promosso in Europa fra i primi 13 più importanti gruppi bancari italiani. (…) Dagli stress test a cui la Bce ha sottoposto i nostri bilanci siamo risultati una banca solida e fortemente patrimonializzata e che tale resterebbe anche di fronte a scenari macroeconomici ancora più avversi degli attuali. (…) Stiamo crescendo non solo in dimensione ma anche in qualità ed ampiezza di servizi. (…) Abbiamo solo bisogno di due cose. La prima riguarda il nostro Paese. La seconda, altrettanto importante, è la fiducia dei nostri Soci in questa banca che vuole aiutarli a proteggere i propri investimenti. Abbiamo tutelato in questi anni il valore dell’azione della Banca Popolare di Vicenza, evitando la quotazione in Borsa del nostro titolo anche quando tanti lo consideravano conveniente. Ora, dopo che negli ultimi dieci anni i titoli delle banche quotate hanno perso in media il 60% del loro valore mentre quello della nostra azione è cresciuto del 33%, sappiamo che abbiamo avuto ragione e i nostri 110 mila soci ce ne sono grati».
Era il 4 dicembre 2014.
Di pochi giorni fa la valutazione attuale di quelle stesse azioni: euro 6,30. Una perdita del 90 per cento
Gli accertamenti
Solo due mesi dopo la Banca Centrale Europea avrebbe avviato un primo accertamento ispettivo a carico della banca vicentina per monitorarne il sistema di governo, di gestione e controllo dei rischi. Accertamento che sarebbe poi proseguito con una nuova verifica nel mese di marzo.
Nel corso di queste verifiche sarebbero emersi profili di anomalia rispetto alle operazioni di acquisto e sottoscrizione delle azioni della banca, ai sistemi di controllo interno, nonché alla normativa Mifid in fase collocamento degli ultimi aumenti di capitale ai soci.
All’assemblea dell’11 aprile 2015, quello stesso presidente che a Natale si felicitava con i soci di un aumento di valore delle azioni di ben il 33%, propose di ridurre tale valore da 62,50 a 48,00.
Di pochi giorni fa la valutazione attuale di quelle stesse azioni: euro 6,30. Una perdita del 90 per cento.
«Sappiamo che abbiamo avuto ragione», diceva beffardo Zonin ai soci il 4 dicembre 2014.
Provi a spiegarlo oggi, il Cavaliere.