Santa SedeVatileaks 2, si riapre la saga dei corvi in Vaticano

Il processo è partito con l’interrogatorio di monsignor Vallejo Balda. Ma più che una storia di corvi, il caso aprirà il capitolo delle riforme portate avanti da papa Francesco e degli ostacoli che stanno incontrando

Il processo in Vaticano è ripreso davvero e già questa in fondo è una notizia: fino a poche settimane fa i media scommettevano su un rinvio sine die, una conclusione a porte chiuse con qualche artificio tecnico; insomma l’idea di massima era che Oltretevere si potesse cercare la strada per un’uscita indolore da un caso complicato dal quale si ricavavano più danni che benefici. Troppa pubblicità, si valutava nei sacri palazzi, avevano ricevuto gli stessi imputati da una vicenda nella quale diventavano eroi o vittime, a seconda dei casi, e finiva in secondo piano ogni altro aspetto.

Così era certamente per i due giornalisti, Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi, la cui imputazione ha destato forti perplessità al di là di un eccesso di retorica sulla libertà di stampa, principio che non poteva ovviamente essere intaccato da un procedimento Vaticano. E tuttavia il senso della loro incriminazione non è ancora del tutto chiaro: che cosa spera di ottenere la Santa Sede chiamandoli direttamente in causa? Questo è un aspetto che forse le udienze in corso aiuteranno a capire.

L’arma di difesa principale utilizzata invece da Francesca Immacolata Chaouqui, è stata quella di una sovraesposizione mediatica condita di dichiarazioni, spiegazioni, riferimenti, dichiarazioni fatte a giornali o su Facebook. Quello che se la passa per ora peggio è monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, ex chierico-manager in forte ascesa, a conoscenza dei delicati gangli economici vaticani che forse, dicono nei sacri palazzi, vista la sua carriera bruscamente interrotta dal papa, ha deciso in qualche modo di vendicarsi passando documenti riservati e segreti ai due giornalisti. Infine c’è il tecnico informatico vaticano Nicola Maio.

Il Vaticano è uscito a suo modo dall’angolo, ha ripreso in mano il processo, a porte aperte, ovvero alla presenza di un pool di giornalisti italiani e stranieri, e ha dato il via agli interrogatori

Tuttavia in un contesto tanto frastagliato, il Vaticano è uscito a suo modo dall’angolo, ha ripreso in mano il processo, a porte aperte, ovvero alla presenza di un pool di giornalisti italiani e stranieri, e ha dato il via agli interrogatori.

Il procedimento penale e non canonico, dunque, è ripartito con la testimonianza proprio del prelato spagnolo, l’uomo chiave di questa storia. E cosa ha detto Vallejo Balda? In primo luogo ha ammesso pubblicamente quello che si sapeva in via informale: ovvero di aver passato documenti segreti e riservati a Nuzzi e Fittipaldi. Ma evidentemente non si è fermato a questo e ha chiamato in causa anche la sua ex complice Francesca Chaouqui e gli stessi giornalisti, in particolare Nuzzi, al quale ha certo consegnato documenti e password segrete. E però, ha spiegato il prelato, pareva che il giornalista già conoscesse il contenuto dei materiali.

Vallejo Balda ha precisato di essersi sentito minacciato. La Chaouqui – la quale gli aveva fatto credere di essere nientemeno che il numero due dei servizi segreti italiani – avrebbe pure evocato contatti con la malavita e la mafia; in una certa misura, ha fatto capire Vallejo, sentiva di dover temere pure per la sua famiglia. Nel complesso, il monsignore ha dichiarato di aver ricevuto pressioni, o anche qualcosa di più serio. Poi ha spiegato che Fittipaldi gli avrebbe detto di come Nuzzi facesse parte dello stesso mondo della Chaouqui, vale dire servizi segreti e zone limitrofe.

Con il lungo interrogatorio dell’ex prelato-manager iniziato lunedì, il processo è entrato decisamente nella fase-feuilleton dalla quale ci sarà da aspettarsi diversi colpi di scena. E sotto questo profilo il secondo round del procedimento vede – per ora – il Vaticano al contrattacco. L’obiettivo della Santa Sede, evidentemente, era anche quello di far emergere il quadro non proprio limpido all’interno del quale si sono svolti i fatti.

Con il lungo interrogatorio a mosignor Vallejo Balda, l’obiettivo del Vaticano è quello di far emergere il quadro non proprio limpido all’interno del quale si sono svolti i fatti​

La storia è nota: la Santa Sede sostiene che il materiale pubblicato e trafugato è frutto del lavoro di una commissione promossa in realtà proprio dal papa, la Cosea, per portare alla luce tutto ciò che non andava nella gestione delle finanze vaticane e correggerlo. Tale punto di partenza in buona parte corrisponde al vero. Il clamore, insomma, non sarebbe del tutto fondato. Dall’altra parte si sostiene che in ogni caso è stata rivelata una realtà poco nota all’opinione pubblica che andava portata comunque alla luce per mostrare cosa avveniva realmente in Vaticano. Di certo la complessa battaglia interna ai sacri palazzi sulla trasparenza finanziaria è rimasta almeno in parte fuori da Vatileaks 2, dove sono emersi più spesso elementi spettacolari o scandalistici pure importanti ma non decisivi.

In tal senso è importante comprendere il ruolo dei due “corvi”, in particolare di monsignor Vallejo Balda, ex alto funzionario vaticano, tornato in cella dai domiciliari per aver violato il divieto di comunicare con l’esterno. Di certo la Santa Sede intendeva punire in modo esemplare – anche a costo di rimetterci sotto il profilo dell’immagine – chi, dall’interno, trasmette documenti segreti o riservati all’esterno (questo spiegherebbe almeno in parte l’allargamento del processo anche a coloro che hanno ricevuto le carte). Il rischio paventato in Vaticano, in questo caso, era che dietro le manovre di palazzo, la fuga di documenti, vi fosse il tentativo di frenare le riforme in campo finanziario o, ancora meglio e più sottilmente, di determinarne gli esiti, i vincitori e i vinti, di orientarne la scelte.

Per questo su Linkiesta abbiamo pubblicato un articolo che ricostruisce la rete di rapporti di cui si avvaleva uno dei due corvi, Vallejo Balda, e in parte anche della Chaouqui, utile a capire quali poteri si muovono intorno al monsignore e quindi agli eventi di questi mesi.

Oltre il romanzo a puntate, infatti, non va perso di vista il contesto di potere nel quale ci si trova, ovvero la complessa rete di rapporti politici, lobbistici, finanziari, che per molti anni ha collegato le due sponde del Tevere; in questo senso non va perso di vista il ruolo di camera di compensazione svolto dal Vaticano sul piano politico-finanziario soprattutto rispetto all’Italia, ma anche nei confronti di settori economici e politici vicini o interni a settori ecclesiali. Da questo punto di vista Vatileaks apparirà qualcosa di più di una storia di ‘corvi’ un po’ improbabili, e si configurerà come un capitolo di una vicenda più ampia, quella delle riforme portate avanti da papa Francesco e degli ostacoli che stanno incontrando.

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