L’Italia brucia sul tempo alleati e concorrenti. Oggi e domani una delegazione guidata dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è in visita in Iran. Si tratta del primo governo occidentale a mettere piede nella Repubblica Islamica dopo l’accordo sul nucleare e la conseguente fine delle sanzioni internazionali. Non solo. La visita italiana segue quella del presidente iraniano Hassan Rohani a Roma lo scorso 25-26 gennaio (quando ci fu la polemica per le statue di nudi coperte ai Musei Capitolini), prima tappa del suo viaggio europeo.
I settantacinque giorni passati da un incontro all’altro sono un tempo straordinariamente breve nella diplomazia e, secondo diversi osservatori, questo è un segnale chiaro del grande interesse che ciascuno dei due Paesi nutre nei confronti dell’altro.
Altri Stati europei direttamente coinvolti nel negoziato del 5+1 (i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, più la Germania), da cui invece l’Italia era rimasta esclusa, sono stati battuti sul tempo.
Se i francesi pagano un’eccessiva vicinanza all’Arabia Saudita, grande rivale sunnita dell’Iran sciita, e gli inglesi lo stesso (e forse lo schiacciamento sulle posizioni statunitensi), i tedeschi invece, diretti rivali di Roma, sono stati semplicemente anticipati. Ora si specula sulle possibili ricadute favorevoli, a livello economico-commerciale, per l’Italia.
L’Iran rimane un paese in cui, in tema di diritti umani, ci sono molti punti oscuri e criticabili, ma che, non dimentichiamolo, è il principale presidio regionale nella lotta contro lo Stato Islamico
Questo successo non è nato all’improvviso. Le relazioni commerciali con l’Iran – storicamente buone durante il regno dello Scià di Persia, raffreddatesi durante la prima fase della Repubblica Islamica (durante la guerra con l’Iraq Roma vendeva armi all’alleato Saddam Hussein), e ripresi con maggior vigore negli anni ’90 – sono state un fiore all’occhiello della diplomazia italiana a inizio XXI secolo.
Nel 2005 l’Italia è stato il terzo più grande partner commerciale di Teheran con uno scambio pari al 7,5% di tutte le esportazioni iraniane e, a inizio 2006, Roma era il primo partner commerciale dell’Iran nell’Unione europea. Gli scambi commerciali ammontavano a 6 miliardi di euro nel 2008 e promettevano di crescere.
Poi, però, la battuta di arresto. Le sanzioni legate al programma nucleare iraniano – inaspritesi costantemente durante la presidenza del conservatore nazionalista, Mahmud Ahmadinejad, specialmente tra il 2008 e il 2010 – hanno azzoppato la partnership economica tra Italia e Iran. Ma sottotraccia i contatti non son mai venuti meno. Anzi, pur esclusa dal gruppo negoziale del 5+1, l’Italia è riuscita anche nella fase del disgelo – seguito all’elezione del moderato Rohani e all’avvio delle trattative internazionali – a marcare la propria vicinanza con l’Iran. Che rimane un paese in cui, in tema di diritti umani ci sono molti punti oscuri e criticabili (2.214 persone giustiziate dal luglio 2013 a oggi), ma che, non dimentichiamolo, è il principale presidio regionale nella lotta contro lo Stato Islamico.
Emma Bonino, nel 2013, è stato il primo ministro degli Esteri di un Paese Occidentale a visitare la Repubblica Islamica (poi, a valanga, la seguirono altri 17 suoi colleghi europei) e Federica Mogherini, subentratale nell’incarico nel 2014, ha proseguito la stessa linea, anche una volta divenuta Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune della Ue.«Roma ha uno spazio politico di manovra maggiore, rispetto ad altre capitali europee, per prendere misure coraggiose nei confronti dell’Iran», spiega Ellie Geranmayeh, analista dell’European Council on Foreign Relations. «A parte alcune perplessità da parte di Israele, l’Italia non ha a suo tempo ricevuto pressioni significative da altri Stati per aver ospitato Rohani. Per altri Paesi membri dell’Ue sarebbe stato più complicato, dovendo mediare tra la volontà di avviare i rapporti con l’Iran e la difesa degli interessi dei propri alleati tradizionali, in particolare l’Arabia Saudita, che si oppone al riavvicinamento tra occidente e Iran. Gli interessi economici giocano ovviamente un ruolo determinante nel guidare i legami tra Italia e Iran. Ma con Roma Teheran condivide anche somiglianze di carattere culturale che possono agevolare i negoziati politici ed economici». E qui, probabilmente, sta il vantaggio competitivo dell’Italia rispetto alla Germania, sua più accanita concorrente in Europa nel voler penetrare il mercato iraniano.
Per altri Paesi membri dell’Ue sarebbe stato più complicato, dovendo mediare tra la volontà di avviare i rapporti con l’Iran e la difesa degli interessi dei propri alleati tradizionali, in particolare l’Arabia Saudita, che si oppone al riavvicinamento tra occidente e Iran
«Una diplomazia basata sui rapporti interpersonali è stata promossa tanto dal lato italiano quanto da quello iraniano», prosegue Ellie Geranmayeh. «Sia in iniziative accademiche, che artistiche, che intra-religiose. Ora, quello che sta facendo Rohani sembra ricalcare quanto fece il presidente riformista Khatami nel 1999, quando accettò un invito da Roma, facendo dell’Italia il primo Paese occidentale visitato da un leader iraniano dopo la Rivoluzione Khomeinista del 1979».
Fu in seguito a quell’iniziativa che il lavorio diplomatico e commerciale di ambo le parti portò agli straordinari risultati di inizio anni Duemila (anni in cui la competizione tra Roma e Berlino per il primato nel mercato iraniano ingrassava le casse di Teheran). Il viaggio di Renzi in Iran sembra dimostrare la volontà di tutti di far rivivere quella stagione.
Nella speranza che, stavolta, a una fase di apertura non segua un altro arroccamento della Repubblica Islamica, magari spaventata di perdere la sua purezza ideologica nella contaminazione con un Occidente visto ancora da diversi pezzi di establishment come il “Grande Satana”.