Al secondo anno di economia si spiega agli studenti che il conto corrente bancario è composto da due sezioni: il dare e l’avere. Nella parte “dare” si registrano le operazioni legate alle uscite di conto corrente, gli addebiti, come bollette del gas, della luce, del telefono, pagamenti con la carta di debito (pos) al supermercato, in farmacia, all’Ikea per un tavolo da pranzo, oltre agli addebiti mensili di tutti i pagamenti effettuati con la carta di credito. Nella sezione “avere” si registrano le entrate: lo stipendio principalmente poi eventuali rendite finanziarie (cedole su obbligazioni o dividendi su azioni) oppure immobiliari (affitti), oppure incassi da collaborazioni, consulenze, prestazioni di qualunque tipo. Esiste un soggetto speciale, unico nel suo genere che ha la fortuna di avere un conto corrente che funziona solo nella sezione “avere”, ossia senza alcun addebito in conto corrente. Si tratta del senatore Roberto Formigoni, per vent’anni presidente di Regione Lombardia, ora senatore di Area Popolare nonché presidente della commissione parlamentare Agricoltura e produzione agroalimentare».
La testimonianza del ristoratore Claudio Sadler: «Pagava sempre Daccò anche quando Formigoni veniva da solo. Formigoni, anche quando veniva senza Daccò, non si preoccupava affatto del conto. Ordinava peraltro con libertà, bevendo solo champagne»
Secondo i magistrati della Procura di Milano Laura Pedio e Antonio Pastore, che indagano sulle tangenti nella sanità lombarda, tra il 2002 e il 2012 dai conti di Formigoni non esce un euro «neppure per comprare un vestito», un regalo, una cena al ristorante. Nel processo è emerso che Formigoni – che per una vita ha predicato la sobrietà e il messaggio di Cristo – usava cenare sontuosamente al ristorante stellato Sadler di Milano con vini e champagne da migliaia di euro. Formigoni aveva una cantina personale che veniva rifornita da Pierangelo Daccò (già condannato a 9 anni per concorso in bancarotta fraudolenta e appropriazione indebita nel processo per la bancarotta del San Raffaele, ora in carcere).
Questa la testimonianza del ristoratore Claudio Sadler: «Pagava sempre Daccò anche quando Formigoni veniva da solo. Avevamo ricevuto personalmente da Daccò la disposizione che i conti del presidente fossero a suo carico. Formigoni, anche quando veniva senza Daccò, non si preoccupava affatto del conto e, una volta finita la cena, andava via. Ringraziava e andava senza neppure chiedere quale fosse l’importo. Ordinava peraltro con libertà, bevendo solo champagne del quale è particolarmente appassionato».
I pubblici ministeri nella loro arringa di venti ore hanno parlato di una «corruzione sistemica gravissima», che ha inquinato per lustri il sistema sanitario lombardo: «Uno scempio del sistema economico, con due enti allo sfascio, come la fondazione Maugeri e l’Ospedale San Raffaele, che per anni hanno pagato tangenti ai vertici del Pirellone». Al vertice c’era Formigoni, definito «capo e promotore di una associazione a delinquere» formata da «corrotti e corruttori».
Le ricostruzioni dei movimenti bancari di Formigoni sono sempre molto interessanti. Come sosteneva Giovanni Falcone, per capire il metodo criminoso bisogna seguire i movimenti di denaro. Il processo Spatola sul finire degli anni Settanta fu condotto da Falcone solo sulla base di documenti bancari. «Follow the money» era il motto del formidabile magistrato siciliano.
Secondo l’accusa, Formigoni è il primo responsabile di un’associazione a delinquere, facendosi corrompere con almeno 8 milioni di euro in benefit, tra cui l’uso di meravigliosi yacht a sua completa disposizione, mazzette e proprietà immobiliari
Francesco Rota, direttore della sede di Milano della Banca Popolare di Sondrio, ha testimoniato come stavano le cose: «Mi capitava di recarmi al Pirellone, di essere ricevuto da Formigoni e di ricevere dallo stesso somme in contanti per importi variabili, compresi tra 5 e 20mila euro — aveva messo a verbale Rota, durante le indagini — I soldi mi venivano consegnati personalmente da Formigoni negli incontri a quattr’occhi che avevamo al Pirellone. Il taglio delle banconote erano generalmente da 500 euro». Il 21 gennaio 2015 Rota confermò in aula che «Formigoni aveva nella propria disponibilità denaro contante» che non proveniva dai conti correnti direttamente riconducibili a lui. E racconta che per due bonifici a Emanuela Talenti, ex fidanzata del “Celeste” (12mila euro nel luglio 2003, una somma simile un anno dopo), Formigoni avrebbe dato indicazione a Rota, di non fare partire il bonifico dal proprio corrente, ma da uno di transito, in modo che l’ordinante restasse anonimo, al fin di eludere in tal modo la normativa antiriciclaggio.
Nella sua deposizione in aula, Rota ha riferito che Formigoni, ai tempi in cui era presidente della Regione, sarebbe stato per la banca di Sondrio «un cliente privilegiato». Mario Brusa, avvocato difensore di Formigoni, chiese al teste se a quel tempo la banca avesse qualche rapporto istituzionale con Regione Lombardia e Rota diede risposta affermativa: l’istituto rientrava fra quelli che avevano in deposito parte dei fondi della Regione.
Secondo l’accusa, Formigoni è il primo responsabile di questo «cancro», facendosi corrompere con almeno 8 milioni di euro in benefit (tra cui l’uso di meravigliosi yacht a sua completa disposizione) mazzette e proprietà immobiliari, e per questo la Procura di Milano ha chiesto per Formigoni una condanna a 9 anni di carcere. Per Pedio e Pastore sono risultate «risibili e offensive» le spiegazioni date da Formigoni, nello «sproloquio di quattro ore in ha sempre mentito» in particolare quando ha sostenuto di aver usato per le spese correnti i contanti ereditati da sua madre. Nelle prossime settimane la parola passerà alla difesa, che dovrà anche spiegare per quale motivo l’ex presidente di Ferrovie Nord Milano, Norberto Achille, comprava dipinti di valore con risorse societarie per poi regalarli a Roberto Formigoni.
Riceviamo e pubblichiamo la seguente replica all’articolo, del sen. Roberto Formigoni
Gentile direttore,
è un vero peccato che nel pezzo di oggi Beniamino Andrea Piccone si limiti a fare il copia e incolla delle accuse che sono state lanciate contro di me tre anni fa, senza nemmeno dar conto di come io stesso e numerosi testimoni abbiamo provveduto, nel corso di due anni di dibattimento, a smontarle pezzo per pezzo. In particolare l’articolista prende per buone alcune delle affermazioni più clamorose dei PM nel corso della loro requisitoria. Una su tutte, quella che ha dato il titolo all’articolo: in dieci anni avrei vissuto a zero euro. Questa bugia è smentita dalle carte processuali (prodotte al Tribunale dagli stessi PM) che documentano come in ciascuno di quegli anni, io abbia versato dal mio conto corrente dai 50 mila ai 70 mila euro (ribadisco ogni anno) all’amministratore della comunità in cui ho vissuto e vivo. E queste somme confluivano in un fondo da cui ho prelevato il necessario per ogni esigenza di vita. Verificare di persona e non affidarsi ai PM resta ancora una virtù.
Cordialmente
Sen. Roberto Formigoni