Ragionare sul cervello umano e sull’intelligenza artificiale (AI) oggi è essenziale: l’evoluzione delle tecnologie ci spinge a riflettere in maniera seria, per comprendere gli scenari futuri e – lo diciamo subito – per sottolineare la irriproducibilità di ciò che sta dentro il nostro cranio.
Partiamo da qui perché vale la pena comprendere come l’innovazione possa impattare, da tutti i punti di vista, sulle nostre vite. E vale la pena tenere conto di chi è preoccupato da tutta questa corsa verso il futuro, per analizzare in maniera consapevole ciò che sta accadendo.
C’è chi sostiene che, prima o poi, l’intelligenza artificiale (AI) supererà quella umana e le macchine saranno anche più intelligenti di noi, oltre che più performanti. Quelle che oggi sono soltanto masse di muscoli con poco cervello, buone per fare lavori pesanti e pericolosi, noiosi, ripetitivi, alienanti e inadatti agli esseri umani, si potrebbero trasformare in veri e propri mostri di intelletto e di abilità.
Il rischio, secondo molti, è quello di ritrovarsi orde di “Frankenstein” in grado di dominare il mondo e la razza umana, con la forza, con l’astuzia e con la capacità di ragionare, di calcolare e di prevedere le nostre mosse.
Nell’agosto del 2014, lo scienziato e imprenditore Elon Musk, che ha fondato Tesla Motors e il progetto SpaceX, ha espresso alcune paure in relazione ai potenziali pericoli dell’AI. Gli fece eco l’astrofisico Stephen Hawking, autore della teoria sul Big Bang e sui buchi neri, cui si aggregarono circa 400 studiosi di tutto il mondo. Secondo questi scienziati, l’intelligenza artificiale va controllata.
Il cervello umano è un super “mostro” – in senso positivo – con ben 86 miliardi di neuroni.