Caro contribuente,
ho trovato delle carte che mi fanno dubitare della tua fedeltà fiscale. Vieni in ufficio che ne parliamo insieme.
Oppure:
Caro contribuente,
la tua dichiarazione è infedele, paga entro 60 giorni un terzo della maggiore imposta accertata e se ritieni che l’accertamento sia sbagliato proponi ricorso.
Quale delle due frasi preferireste leggere? Difficile qualcuno preferisca la seconda. Eppure è quella che fino a oggi siete abituati a leggere. Perché in Italia, quando si avvia un attività di controllo della fedeltà fiscale di una persona, non si effettua un confronto – o, in termini tecnici, contraddittorio – preventivo con il contribuente.
Anche se l’esito dell’attività accertativa potrebbe portare poi agli stessi esiti nell’uno o nell’altro caso, si capisce bene che la differenza tra la presenza o meno di un contraddittorio preventivo è sostanziale.
Attivando il contraddittorio, il contribuente è informato dell’attività di controllo avviata dal fisco prima che sia emesso nei suoi confronti un atto esecutivo – e quindi lesivo dei suoi interessi patrimoniali – ed è messo in condizione di portare già in quella fase le proprie carte e di chiarire al funzionario incaricato del controllo tutti elementi indice di evasione che sono stati raccolti a suo carico.
Il contraddittorio preventivo consente al contribuente di partecipare in maniera effettiva all’attività amministrativa rendendola più efficiente, e facendo sì che l’avviso di accertamento che ne deriva sia più conforme alla effettiva capacità contributiva dello stesso. Rende inoltre difficilmente impugnabile l’eventuale atto impositivo, diminuendo il numero di contenziosi (e i numeri della giustizia tributaria li conosciamo bene) e favorendo l’immediato incasso delle somme dovute.
Secondo la Cassazione l’obbligo sussisterebbe solo in materia di Iva perché si tratta di imposta armonizzata determinata secondo le regole dell’Unione Europea. Con la conseguenza assurda che se un avviso di accertamento contiene sia richieste di Iva sia di altro tipo di imposte, l’obbligo varrebbe solo per una parte di accertamento.
Insomma, difficile trovare argomenti contro il contraddittorio preventivo. Allora perché non si fa? Perché non è obbligatorio? Le norme non sono chiarissime, su questo punto: nonostante l’obbligo per l’Amministrazione Finanziaria di attivare il contraddittorio costituisca un principio pluriaffermato a livello sovranazionale, in Italia la Suprema Corte di Cassazione ha trattato il tema in maniera piuttosto schizofrenica.
Per dire: a distanza di pochissimo tempo, le Sezioni Unite hanno affermato principi totalmente opposti. La pronuncia delle Sezioni Unite più recente (24823 del 9 dicembre 2015) ha affermato che l’obbligo sussisterebbe solo in materia di Iva perché si tratta di imposta armonizzata determinata secondo le regole dell’Unione Europea, con la conseguenza assurda che se un avviso di accertamento contiene sia richieste di Iva sia di altro tipo di imposte, l’obbligo varrebbe solo per una parte di accertamento.
L’Agenzia delle Entrate, fino ad oggi, ha sempre affermato – sostenendo continue battaglie in contenzioso – che il contraddittorio preventivo debba essere garantito solo quando il controllo è effettuato presso la sede del contribuente e non nei c.d controlli a “tavolino”.
Con la circolare emanata ieri, l’Amministrazione Finanziaria sembra però aver effettuato un importante cambio di rotta sul punto.
Nella circolare si dice espressamente che «il controllo dovrà del pari essere finalizzato alla definizione della pretesa tributaria, garantendo l’effettiva partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento. In quest’ottica il contraddittorio assume nodale e strategica centralità per la “compliance” e, come tale, dovrà essere considerato un momento significativamente importante del procedimento e non un mero adempimento formale. Un’attività di controllo sistematicamente incentrata sul contraddittorio preventivo con il contribuente, da un lato rende la pretesa tributaria più credibile e sostenibile, dall’altro scongiura l’effettuazione di recuperi non adeguatamente supportati e motivati perché non preceduti da un effettivo confronto».
Si tratta di affermazioni importanti su un tema essenziale che dobbiamo accogliere con grande favore. Naturalmente, se alle intenzioni dovessero poi seguire i fatti. Solo questi ultimi ci diranno infatti se si tratta di puro marketing o se davvero si possa scrivere una nuova pagina nei rapporti tra fisco e contribuente. Staremo a vedere.