Le cantautrici che spaccheranno la musica italiana

Da Ilaria Pastore a Le Pinne, passando per Levante, Alice Paba e Giorgieness: quindici nomi da aggiungere alla vostra playlist (sulla scia di Cristina Donà)

Ciclicamente, un po’ come succede con La Macarena, ti capita di leggere un articolo in cui si parla di donne in musica. In genere, faccenda che ci dovrebbe serenamente far rivalutare la questione dei lemmings che si buttano in massa dai burroni, in questi articoli si fa un riferimento proprio al fatto che musica sia una parola femminile. Comunque, escono questi articoli. Li leggi. Magari ci credi pure. E dopo due giorni ne leggi un altro che parla di Laura Pausini definendola la più grande cantante italiana (in questo caso rivaluti la lobotomia praticata in casa per mezzo di ferri da lana), e capisci che era tutta una farsa. Esattamente come La Macarena.

La questione è ben diversa. Se pensiamo alle cantautrici ci ritroviamo a fissare lo schermo di una televisione sintonizzato in un canale morto, citazione, e il fatto che colei che più spesso viene citata come esempio del genere, Carmen Consoli, abbia deciso di farsi chiamare Cantantessa qualcosa dovrebbe pur dirci. Come dovrebbe pur dirci qualcosa il fatto che La Cantautrice Indipendente per antonomasia, Cristina Donà, venga considerata una giovane promessa oggi, alla soglia dei cinquant’anni e con una signora carriera, almeno a livello di produzione di belle canzoni alle spalle.

Ora, siccome la musica ci piace assai, e anche le femmine, ci è parso logico gettare uno sguardo al mondo del cantautorato femminile un po’ più approfondito. E siccome Nick Hornby ha fatto più danni dello scorbuto, ci ritroviamo impigliati nella più classica delle classifiche. Ecco le dieci cantautrici o gruppi femminili da tenere assolutamente d’occhio, altrimenti vi ritroverete a canticchiare una canzone di Laura Pausini sotto la doccia. Iniziamo.

Se pensiamo alle cantautrici ci ritroviamo a fissare lo schermo di una televisione sintonizzato in un canale morto, citazione, e il fatto che colei che più spesso viene citata come esempio del genere, Carmen Consoli, abbia deciso di farsi chiamare Cantantessa qualcosa dovrebbe pur dirci

Le Pinne. Il loro Avete vinto voi regala alcune delle più strampalatamente fascinose canzoni uscite negli ultimi tempi. Le senti e ti viene il buon umore, ti torna in circolo il sangue. Loro, Le Pinne, sono due cantautrici attive anche in proprio, Airin e Simona Severini, studi musicali seri alle spalle. Insieme danno il meglio di loro, tirando fuori punti di vista ironici e inusitati, mescolando le voci come manco Crosby, Stills, Nash e il loro antico compare Young. Segnatevi questi titoli: Voglio un jet, Tu mi piaci, Centro commerciale e Avete vinto voi. Chi scrive le voterà al Premio Tenco, anche se non saranno in gara. Perché anche usando pochi strumenti, tastiere, chitarre, machine, si possono tirare fuori signore canzoni. Ah, loro sono pure sexy assai. Mistero perché non le invitino dentro la televisione.

Ilaria Pastore. Due album in sette anni. Due album molto ma molto belli, intensi. Una scrittura non semplice, ma che, per uno di quei miracoli che succedono solo nella musica, transfer senza eguali, arriva in maniera quantomai diretta, sfogliandoci l’anima manco fosse un libro. L’ultimo, Il Faro, La Tempesta, La Quiete si candida a essere uno dei migliori lavori di questo 2016, con una vena poetica davvero sconosciuta ai più e alle più. Empatia allo stato puro.

Marianne Mirage. Quelli come me è uno strano lavoro. Strano perché arriva dalla Sugar di Caterina Caselli, ma si pone stranamente, appunto, con aspettative assai poco caselliane. Pensate a una cantautrice che voglia flirtare con un mondo acustico di suoni black, un po’ Ben Harper, un po’ Erikah Badu, ma il tutto shakerato e cantato in italiano ma anche in francese e un po’ in inglese. Canzoni piacevoli, pop e alte. Con almeno un paio di potenziali hit come Game over e Quelli come te. L’artista c’è, anche se dovrà lavorare per allontanare da sé certe somiglianze vocali con Malika Ayane. Lei, a differenza della collega di scuderia, ha una poetica molto chiara e precisa, non faticherà a scrollarsi di dosso ipotetici paragoni.

Giorgieness. Giorgieness sono una band. Giorgieness è una cantautrice. Entrambe le precedenti affermazioni sono vere. Quello che è ancor più vero è che Giorgia D’Eraclea, one-girl band dei Giorgieness è proprio talentusosa. Ha una voce sporca da rocker, una penna sporca da rocker, grinta e sensualità che infonde, nota dopo nota, parola dopo parola, nelle sue canzoni. Se K2, il brano con cui si era presentata al mondo, tempo fa, faceva addirittura pensare all’Edda dei Ritmo Tribale, le canzoni del suo album di debutto La giusta distanza ce la presentano come una realtà di tutto rispetto, da seguire e da tenere in conto. Non ballerò, ballad acustica e dilaniante nell’incedere si candida come una sorta di manifesto di certa malinconia grunge che, negli anni dieci di questo millennio, accogliamo ancora con giubilo.

Cassandra Raffaele. Star qui a spiegarvi chi sia Cassandra Raffaele e cercarvi di convincere, nell’arco di poche righe, di come sia una delle realtà fondamentali del cantautorato femminile italico è operazione frustrante e anche avvilente. Cassandra è davvero una delle artiste più poliedriche che il nostro panorama presenti, e proprio per questa sua poliedricità, polistrumentista capace di passare dagli strumenti a corda, chitarre e ukulele, al piano, dai brani acustici a quelli elettronici, passando per certi suoni rockabilly e folk, forse fin qui marginalizzata. Il suo Chagall, di recente uscita, è un concentrato di perle, su tutte la splendida canzone di amore universale Valentina. Se non la conoscete ancora correte ai ripari, perché questo nostro transito terrestre non è eterno e sarebbe bene percorrerlo nella bellezza.

Manupuma. Se vi è capitato, negli ultimi anni, di vedere uno degli spot di Moschino, e vi è capitato, difficile il contrario, di chiedervi «cavoli, fighissima la canzone, chissà di chi è?», bene, stavete cercando il nome Manupuma. Nome che, però, non avrete trovato da nessuna parte, perché quelle canzoni, per motivi che sono imperscrutabili, non sono finite sul nostro mercato discografico. C’è finito, invece, l’album omonimo, ben due anni fa, con dentro canzoni come Il mio zar, o Apocalisse, che non sfigurerebbero nel repertorio di star assolute come una Mina (la Mina del passato, non quella di oggi) o la Vanoni. Manupuma le canzoni se le scrive e, con una voce potente, quasi adeliana, se le canta. E il tutto suona dannatamente bene. Quando si dice che la nostra musica, all’estero non è ben rappresentata si dice il vero, il problema è che quando poi succede che qualche canzone faccia il giro del mondo, come nel caso di Manupuma, non siamo neanche capaci di sfruttare la cosa come dovremmo. Potente.

Star qui a spiegarvi chi sia Cassandra Raffaele e cercarvi di convincere, nell’arco di poche righe, di come sia una delle realtà fondamentali del cantautorato femminile italico è operazione frustrante e anche avvilente. Cassandra è davvero una delle artiste più poliedriche che il nostro panorama presenti, e proprio per questa sua poliedricità forse fin qui marginalizzata

Chiara Vidonis. Come si dice in questi casi: Chiara Vidonis l’ho scoperta io. Solo che, non essendo Pippo Baudo, mi sono limitato a parlarne, dicendo che era dai tempi dell’esordio di Cristina Donà che non incappavo in un’artista altrettanto poderosa. Ora che è uscito l’album d’esordio, Tutto il resto non so dove confermo la prima impressione, andando oltre. Chiara Vidonis è una cantautrice che sa maneggiare con talento sia i brani più prettamente cantautoriali che quelli rock, a tratti anche vagamente punkeggianti. Quando odiavo Roma, Comprendi l’odio, Immaginario, Viola e bordeaux sono tutte canzoni che, in una scuola di scrittura musicale andrebbero messe nell’abecedario, esempio contemporaneo di quel che il cantautorato indipendete è e vuole essere. La voce, perché qui non si tratta solo di scrittura, è poi meritevole di un discorso a parte, e non fosse che qui ognuno ha la sua vita privata, ascoltandola non si potrebbe far altro che parlare di amore.

Irene Ghiotto. Irene Ghiotto è la vincitrice dell’ultimo Premio Bianca D’Aponte, che del cantautorato femminile è il massimo riconoscimento nel nostro affranto paese. E lo è meritatamente. Perché Irene Ghiotto ha una scrittura, e un modo di interpretare ciò che scrive, davvero importante. Il suo ultimo lavoro si intitola Pop simpatico con venature tragiche, e già dal titolo tradisce quel tocco di surrealismo beatlesiano che, la sua voce, ammanta di suggestive sfumature auliche. Il che, tradotto in parole povere, non significa niente, se non che Irene è una penna originalissima, in un panorama asfittico, e che le sue canzoni ambiscono, legittimamente, a confrontarsi coi classici. A fianco del suo lavoro solista c’è quello coi Marvis, che la vede al fianco dell’altrettanto classico Fabio Cinti. Insomma, tanta tanta roba. E tanta roba bella.

Simona Norato. Inseme a Serena Ganci ha, per poco tempo, dato vita alle Iotatola, sorta di CocoRosie italiane. In realtà, a parte un certo immaginario “eccentrico”, il paragone non sussiste. Le Iotatola erano una realtà indie-pop molto originale, e il progetto solista di Simona Norato, col suo album La fine del mondo, lo è ancora di più. La Norato si dimostra cantautrice dalla scrittura complessa e assai fascinosa. Il suo mondo, quello la cui fine è raccontata nel titolo, è un mondo di storie, di parole, di note scelte con cura, di chiari e soprattutto di scuri. Un disco evoluto, così viene da dire ascoltandolo. Una cantautrice di classe, dai tratti antichi, non troppo distanti da quelli che il produttore del tutto, Cesare Basile, ci regala con le sue canzoni. Ancestrale.

Roipnol Witch. Rock al femminile. Quante volte lo abbiamo sentito dire, anche a sproposito. Ecco, le Roipnol Witch, permigiane votate a una sorta di femminismo in quattro quarti sono rock al femminile, senza ombra di dubbio. Un rock che flirta col pop, e ci flirta con perizia, ma che ha nell’attitudine un mood assolutamente selvaggio, seppur con grazia e stile. Le sorelle Guandalini, Giulia e Martina, portano da anni avanti l’iniziativa Rock With Mascara, e insieme ad altre epigoni del rock emiliano hanno dato vita a una sorta di movimento Riot Girl. Il loro Starlight è la quintessenza della solarità, del curvilineo, del sensuale. Quello che è sempre stato il rock, appunto.

Mimosa. Ecco lo spazio per quella stramba. Quella strana. Quella che la ascolti e pensi: «Oh, finalmente qualcosa di originale anche nella musica italiana». E in effetti Mimosa è originale, anche come percorso artistico. Lei è un’attrice, riconosciuta per il suo talento, una da Festival di Venezia, per intendersi. Ma è soprattutto una cantautrice, che con il mondo della recitazione non riesce a avere a che fare. Così le canzoni del suo album d’esordio, La terza guerra mondiale, è un album di storie strampalate, di eccessi narrativi e retorici, di canzoni che ti catturano già al primo ascolto. Ora toccherà capire dove questa originalità potrà portarla, perché la paura è che tanto talento sia difficile da imbrigliare sulla lunga distanza, per ora, però, Mimosa è una delle voci più originali in circolazione, godiamocela.

Levante. Se dovessimo pensare a un nome che riassuma in sé l’essere cantautrice oggi, e l’esserlo fuori dal circuito riconosciuto come quello ufficiale, quello dei grandi network radiofonici, delle presenze fisse in televisione, ecco, il nome che dovremmo probabilmente fare è quello di Levante. Torinese di nascita, Claudia Lagona, questo il suo vero nome, si è fatta conoscere con la canzone Alfonso, dove si parlava di “vita di merda” e con il recente Abbi cura di te è arrivata alla fatidica terza pubblicazione. Vederla dal vivo, se si riesca a trovare un biglietto, visto che spesso colleziona sold out, è esperienza che ci mostra come il suo modo lieve di fare musica poi tanto lieve non sia, versione aggiornata di quel che Carmen Consoli e in parte anche Cristina Donà sono state circa venti anni fa. Seminale.

Le canzoni di Chiara Dello Iacovo sono originali sia sul piano musicale che dei testi, dimostrano che una speranza per il futuro c’è che la tradizione cantautorale, di quei cantautori che non si nascondevano dietro l’idea di scrivere canzoni d’autore, ma che scrivevano canzoni belle, ha trovato una nuova protagonista. Ecco, dovessimo scegliere un nome, uno solo, è il suo, non abbiamo ombra di dubbio.

Maria Antonietta. La pesarese Maria Antonietta è uno dei nomi che più spesso viene dato come The Next Big Thing, almeno negli ultimi tempi. Tre album alle spalle, stiamo aspettando che esploda per poter dire, un po’ tutti, ve l’avevamo detto. Il suo stile, sporco e naif, con un’attitudine quasi punk che però poi viene esternato in brani che possono tranquillamente essere etichettati come pop, o quantomeno come indie-pop, è di quelli che non si fatica a decodificare. Se un festival come il Mi Ami non fosse così profondamente maschilista, è una come lei che metterebbe in cartellone, scritto ben in grosso e in alto, come headliner. Poi, alla soglia dei trenta si può pure azzardare una previsione non felice, è probabile che Maria Antonietta sia destinata a rimanere artista di nicchia, come in passato è successo alla sua conterranea Beatrice Antolini, da Macerata, ma dovendo fare un nome da seguire, nel cantautorato femminile italiano, non si può prescindere dal suo.

Chiara Dello Iacovo. Poco prima che cominciasse l’ultimo Festival di Sanremo, come un novello Mago di Arcella, ho dichiarato il mio tifo sfrenato per Chiara Dello Iacovo. Il suo Appena sveglia, album d’esordio, ascoltato poco prima della kermesse sanremese, mi era parso di una maturità fuori dal comune, considerando che la cantante piemontese aveva all’epoca appena venti anni. Sulla lunga, un secondo posto onorevolissimo conquistato sul campo, Chiara si sta dimostrando ancora più matura di quanto le sue canzoni su disco non dimostrassero. Il suo tour nei club ce l’ha regalata come intrattenitrice fuori dal comune, capace di reggere il confronto coi suoi più adulti colleghi. Le sue canzoni, originali sia sul piano musicale che dei testi, dimostrano che una speranza per il futuro c’è, che la tradizione cantautorale, di quei cantautori che non si nascondevano dietro l’idea di scrivere canzoni d’autore, ma che scrivevano canzoni belle, ha trovato una nuova protagonista. Ecco, dovessimo scegliere un nome, uno solo, è il suo, non abbiamo ombra di dubbio.

Alice Paba. Troppo facile, dopo l’endorsement andato a buon fine nel corso di The Voice fare il suo nome come prossima cantautrice da tenere d’occhio. E siccome a volte ci piace percorrere percorsi in discesa, senza ostacoli, eccoci a farlo. Segnatevi questo nome, Alice Paba. Poi mi direte se avevo ragione.

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