Sadiq Khan e gli altri, la carica dei leader musulmani d’Europa

Dal neo sindaco di Londra al conservatore Kamall, passando per le ministre francesi le seconde generazioni conquistano la stanza dei bottoni a forza di messaggi contro l'Islam radicale

«Il nostro obiettivo è riunire le persone in un’unica grande casa». A quattro giorni dall’elezione, Sadiq Khan, il nuovo sindaco di Londra risponde a tono al leader del suo partito- i laburisti – Jeremy Corbyn. «Basta con la dialettica del noi-loro – ha tuonato Khan – Quando il Labour tornerà al potere dovremo parlare e farci capire da tutti». Un monito che suona anche come passo ufficiale verso l’ascesa a capo di un partito che oggi non vive le sue ore migliori. La vittoria di Khan ha portato aria fresca a Londra e nel resto d’Europa. Sadiq Khan, il musulmano moderato, rappresentante di quell’insieme numeroso che nella capitale britannica compone gli immigrati di seconda generazione. Europei, anche loro, e però ancora sotto rappresentati a livello politico.

Figlio di un ex autista di autobus immigrato dal Pakistan, Khan ha lavorato sodo, studiando prima, diventando avvocato difensore dei più deboli della società fino ad approdare poi in politica, eletto alla Camera dei Rappresentanti nel 2005 e poi diventando ministro dei trasporti. Il primo di origine asiatica e musulmana. Un profilo in grado di intercettare secondo l’ultimo censimento degli abitanti di Londra il 12,4, ovvero gli immigrati di seconda generazione e di fede musulmana.

Ecco perché anche tra i conservatori si era fatto avanti, due anni fa, per il posto di sindaco Syed Kamall. Non riuscendo però ad aggiudicarsi la candidatura. Se Kamall avesse vinto le primarie, l’intera campagna elettorale per il sindaco di Londra avrebbe avuto come protagonisti principali due figli di immigrati e musulmani moderati. Originario della Guyana, Kamall siede oggi all’Europarlamento. A 49 anni è Presidente del Gruppo dei Conservatori e Riformatisti europei, ovvero, l’uomo di Cameron a Bruxelles e Strasburgo. In questi mesi di delicatissimi negoziati tra Londra e l’Ue, è spettato a Kamall tenere le fila del discorso pubblico sulla Brexit, indirizzandone i toni e soprattutto spiegando le ragioni della virata compiuta da Cameron, che da promotore del referendum è diventato uno dei principali sostenitori della campagna per il “Remain” ovvero per la permanenza del Regno Unito nell’Ue.

Anche i conservatori avevano pensato di sfruttare il “fenomeno Sadiq”: ecco perché si era fatto avanti, due anni fa, per il posto di sindaco Syed Kamall. Se lui avesse vinto le primarie, l’intera campagna elettorale per il sindaco di Londra avrebbe avuto come protagonisti principali due figli di immigrati e musulmani moderati

Ex analista politico anche Kamall è nato in una famiglia di modestissime origini. La sua ascesa politica è stata segnata dalla volontà di segnare il passo con le politiche centrate sulla paura dell’altro. Una scelta condivisa anche da Khan. Entrambi hanno scelto di aprire la strada all’accettazione degli immigrati, seppure in modo diverso. Kamall ha criticato la scelta di David Cameron di chiudere le porte ai rifugiati ed è stato tra i primi a schierarsi apertamente contro gli autori dell’attacco a Charlie Hebdo. Su un editoriale comparso sul Wall Street Journal a pochi giorni dal massacro nella redazione parigina, Kamall ha descritto la «crisi di identità oggi vissuta tra i musulmani europei» esortandoli però a comprendere che «non esistono contraddizioni tra il vivere la propria fede ed essere buoni cittadini europei».

Lo stesso messaggio è stato pronunciato con toni molto più forti e decisi anche da Ahmed Aboutaleb. Dal 2009 sindaco di Rotterdam, nei Paesi Bassi. È lui il primo musulmano moderato, figlio di immigrati, a esser stato eletto a capo di città europea. Nato in una famiglia proveniente dal Maghreb, Aboutaleb è immigrato nei Paesi Bassi all’età di 15 anni. Ha imparato l’olandese e ha scelto il giornalismo. Dopo una carriera da giornalista televisivo è stato nominato nel 2008 Segretario di Stato per gli Affari Sociali nell’allora Governo di Balkenende. La sua intervista con Cristiane Amanpour, pochi giorni dopo l’attacco a Charlie Hebdo ha avuto una forte risonanza politica.

Aboutaleb si è espresso duramente contro la generazione di radicalizzati che hanno scelto di abbracciare lo Stato Islamico. «Se la diversità spaventa, se preferite imbracciare un kalashnikov – ha spiegato alla CNN Aboutaleb – allora ricordatevi anche che una volta partiti, qui posto per voi non ci sarà più». Un messaggio forte, che il sindaco di Rotterdam ha anche spiegato di aver voluto fare avendone in qualche modo l’autorità. Da musulmano e responsabile politico di una città europea, Aboutaleb, ha anche sentito l’urgenza di spiegare: «Se l’Europa non vi piace perché da spazio a un gruppo di vignettisti, avete perso la ragione».

Come Khan e Kamall anche Aboutaleb ha preso posizione a favore delle politiche sull’immigrazione, e mostrato apertura sui diritti degli omosessuali e sull’eguaglianza di genere. Temi per i quali hanno sentito la necessità di esprimersi per evitare le facili categorizzazioni degli avversari politici e della stampa. I 16 milioni di musulmani europei, anche se il numero non trova conferme ufficiali a causa dell’assenza di statistiche ufficiali per ogni Paese comunitario, faticano ancora oggi a partecipare alla vita pubblica dei loro Paesi di residenza, e di conseguenza anche la loro presenza attiva nella gestione della sfera pubblica è limitata. Il dato cambia sensibilmente da Paese a Paese, anche sulla base del tipo di politiche condotte negli anni per agevolare l’integrazione linguistica e culturale delle ondate migratorie. Oltre al Regno Unito sono soprattutto la Francia e in misura minore il Belgio a contare tra i propri politici anche personalità cresciute e formate in ambienti musulmani o direttamente praticanti e figli di seconda generazione.

Ahmed Aboutaleb, dal 2009 sindaco di Rotterdam, si è espresso duramente contro la generazione di radicalizzati: «Se la diversità spaventa, se preferite imbracciare un kalashnikov allora ricordatevi anche che una volta partiti, qui posto per voi non ci sarà più»

Nel 2007 la nomina di Azouz Begag a Ministro per le pari opportunità del Governo Villepin sdogana l’ingresso in politica dei cosiddetti “francesi di serie B”, figli delle colonie e oggi una parte importante della società francese. Dopo di lui sarà la volta di Rachida Dati, ex portavoce di Sarkozy durante le presidenziali del 2007.

Un’esperienza da ministro della giustizia nel Governo di Francois Fillon, Dati è la prima donna di origine magrebina a fare l’ingresso in un esecutivo, conservatore, francese. Amata dai media internazionali, definita icone di stile ed eleganza dal 2009 siede all’Europarlamento dove si occupa per lo più di diritti civili e relazioni con il Mediterraneo. Dopo Begag e Dati anche l’attuale governo Valls conta tra i propri ministri personalità espressione della diversità della società francese. E’ il caso ad esempio di Najat Vallaud-Belkacem, Ministro dell’Istruzione. Giovane, brillante e di origine marocchina, la Belkacem è stata al centro di aspre critiche da parte dell’estrema destra francese. «Troppo straniera e troppo musulmana» ha scritto di lei la stampa legata al Front National, la Belkacem ha anche perso la simpatia delle donne musulmane francesi per non aver messo mano alla legge, approvata da Sarkozy, sul divieto di indossare il velo nelle scuole e nei luoghi pubblici. La sua nomina era stata percepita da molte di loro come un passaggio epocale a favore del riconoscimento dei diritti di una minoranza poco ascoltata dalla politica nazionale.

Najat Vallaud Belkacem sembra aver preferito a queste la battaglia per l’emancipazione femminile e per l’affermazione della laicità. Un mix difficile anche in Francia. Ma non è sola in questa battaglia, nello stesso esecutivo siede accanto a lei anche Myriam El Khomri, ministro del lavoro. Anche lei nata in Marocco, anche lei oggi in una posizione difficilissima. La sua firma sulla riforma del lavoro francese le è costata l’opposizione della sinistra francese, dei movimenti universitari e di tutta quella parte della società progressista sulla quale anche la Khomri come Vallaud Belkacem contavano. Senza considerare anche nel suo caso l’opposizione, le critiche e le accuse della destra nazionalista francese, che l’ha accusata di voler fare gli interessi dei musulmani in Francia.

In Belgio, anch’esso terra di immigrazione e di approdi, la politica conta diversi esponenti rappresentanza della diversità culturale che compone e identifica il Paese. Non a livello nazionale, però, dove la scena oggi è occupata per lo più dalla storica divisione tra valloni e fiamminghi. I figli dell’integrazione, delle molteplici ondate migratorie siedono oggi per lo più nei consigli comunali, o guidano alcuni dei 19 comuni della capitale Bruxelles. L’eccezione rappresentata nel 2011 dalla nomina di Elio di Rupo, figlio di immigrati italiani, è oggi poco replicabile nel panorama politico belga. Nonostante questo i due partiti ecologisti del Paese, gli Ecolo (i verdi francofoni) e i Groen (i verdi fiamminghi) hanno scelto di nominare alla loro testa due donne. Si tratta di Zakia Khattabi, origini marocchine, e Meyrem Almaci,di origini turche. Laiche, progressiste, ecologiste e femministe, entrambe figlie della seconda generazione di immigrati arrivati a cercare fortuna in Belgio, entrambe impegnate oggi a difendere al pari delle loro colleghe francesi i diritti di una società laica, sensibile ai diritti delle donne, più inclusiva e attenta all’ambiente.

I casi di politici di estrazione culturale e religiosa diversa a ricoprire ruoli importanti a livello locale o nazionale diminuiscono se ci si sposta verso l’est e sud dell’Europa. Nonostante la grande presenza della comunità turca, in Germania, i rappresentanti politici aventi un profilo rispondente a quello di Sadiq Khan o di Rachida Dati sono pochi e per lo più relegati a funzioni di bassa rappresentanza. Uno studio del think tank Euroislam li colloca in particolare all’interno delle amministrazioni locali. Lo stesso vale per l’Austria, dove soprattutto gli immigrati di fede musulmana hanno sempre avuto un ruolo marginale nella partecipazione alla sfera islamica. Il dato diventa inesistente guardando i Paesi entrati nell’Ue nel 2004, dove la politica resta espressione manifestazione dell’identità nazionale dura e pura.

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