Un’altra lunga battaglia parlamentare è andata in scena ad Atene. L’ennesima che si è conclusa con l’approvazione di un nuovo pacchetto di misure di austerità. Decisivi i voti della maggioranza: Syriza e la destra degli Indipendenti greci. Contrari, come da copione in un Paese che ha visto in pochi anni cambiare il ruolo e la posizione dei politici, i socialisti di Pasok, i conservatori di Nuova Democrazia e poi l’estrema destra di Alba Dorata.
Nello scorso maggio erano stati approvati gli aumenti dell’Iva e ulteriori ritocchi alle pensioni della classe media, con i quali Atene puntava a risparmiare 5,4 miliardi di euro l’anno nel tentativo di raggiungere gli obiettivi indicati nel memorandum annesso al terzo programma di salvataggio. E cioè un surplus primario pari nel 2018 pari al 3,5% del Pil, ritenuta la soglia minima dalla quale partire per rendere l’enorme debito sostenibile nel lungo periodo. Al fine di essere qualcosa di più di un altro obiettivo scritto nero su bianco, però, c’ra bisogno di altri tagli per 3,6 miliardi. Quelli su cui il Parlamento greco ha deciso domenica notte.
Il pacchetto approvato dall’assemblea nella notte preannuncia un nuovo aumento delle tasse per gli undici milioni di cittadini greci, l’introduzione di un fondo per le privatizzazioni e quella di un meccanismo di contingenza. Qualora l’esecutivo ellenico non dovesse riuscire a rispettare gli obiettivi di bilancio indicati nel memorandum firmato con i creditori, si attiverebbero automaticamente tagli alla spesa pubblica
Il pacchetto approvato dall’assemblea nella notte preannuncia un nuovo aumento delle tasse per gli undici milioni di cittadini greci, l’introduzione di un fondo per le privatizzazioni e quella di un meccanismo di contingenza. Ed è soprattutto quest’ultimo che ha suscitato l’ira della popolazione, in base a tale meccanismo, infatti, qualora l’esecutivo ellenico non dovesse riuscire a rispettare gli obiettivi di bilancio indicati nel memorandum firmato con i creditori, si attiverebbero automaticamente tagli alla spesa pubblica.
I cittadini ritengono che con tale clausola Tsipras stia di fatto ipotecando il futuro del Paese e delle generazioni a venire.
Secondo chi conosce bene il governo di Atene, però, l’obiettivo del Premier greco è ora di evitare lo scontro diretto con i creditori internazionali, in particolare con il Fondo Monetario Internazionale e i falchi dell’Eurozona, in modo da garantirsi l’accordo sulla ristrutturazione del debito.
La riunione tra i ministri delle finanze dell’Eurozona che si apre martedì a Bruxelles. L’ obiettivo è sbloccare un’altra tranche del piano di aiuti da 86 miliardi potrebbe anche avviare formalmente i negoziati sul debito greco giunto oggi al 177% del Pil. Prodotto interno lordo che in sei anni è diminuito del 25%, lasciando il Paese in una profonda recessione senza via d’uscita. Ecco perché da Washington, il Fondo monetario internazionale continua a chiedere di affrontare il nodo del debito. Il Presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, considerato tra i duri dei Ministri delle Finanze dell’Eurozona ha lasciato intendere che i tempi sono pronti per aprire i negoziati.Dei 215 miliardi complessivi dei tre piani di salvataggio approvati per la Grecia meno del 5% è finito nelle casse del Paese. Il 95% è stato usato per ripagare i prestiti e interessi
Sul tavolo dei Ministri delle finanze della zona euro martedì dovrebbero esserci due proposte: quella delle istituzioni Ue e quella del Fmi. Nel primo caso si parla della possibilità di consentire alla Grecia di veder ristrutturare gli interessi sui pagamenti per i prestiti concessi dagli altri Paesi europei, a partire però dal 2018. Dal 2019 Atene risparmierebbe l’11% della spesa per ripagare il debito, vedendo progressivamente aumentare la percentuale di risparmio annuale (stimata al 31% entro il 2050). Il Paese resterebbe comunque ancorato al rispetto di pesanti pagamenti, pari al 30% degli introiti nazionali.
Per il Fondo Monetario Internazionale la proposta europea non è abbastanza ambiziosa, ma soprattutto non risolve il problema di fondo: non riconosce che l’attuale debito ellenico è insostenibile. Il Fondo di Washington suggerisce dunque di fissare gli interessi dell’attuale piano di salvataggio all’1,5% e di posticipare il pagamento di questi al 2040. Tra il 2023 e il 2040 Atene potrebbe in questo modo riuscire a risparmiare tra i 6 e i 9 miliardi di euro l’anno che potrebbero essere destinati alla ripresa e a creare incentivi per la crescita.
Un anno dopo il controllo dei capitali e lo spettro dell’uscita del Paese dalla moneta unica, la Grecia resta lontana da una soluzione alla propria crisi. Con lo spettro dei nazionalismi che si aggirano per il continente anche i falchi più irriducibili sembrano aver compreso la necessità di ammorbidire la mano nei confronti di Atene. Per il network europeo su debito e sviluppo Eurodad l’unica salvezza della Grecia passa da un taglio del debito. «E’ comprensibile che l’Eurozona voglia tutelare i soldi dei contribuenti» spiega Bodo Ellmers, Coordinatore di Eurodad «Ed è per questo che i soldi andrebbero recuperati dalle banche che in questi anni finanziando il ripiegamento de debito hanno in realtà beneficiato dei diversi piani di salvataggio». Secondo la Scuola Europea di Tecnologia e Management di Berlino, infatti, dei 215 miliardi complessivi dei tre piani di salvataggio approvati per la Grecia meno del 5% è finito nelle casse del Paese. Il 95% è stato usato per ripagare i prestiti e interessi.