Non esistono precedenti, a memoria, ma credo che in questi casi si dovrebbe dire qualcosa come «l’avevo detto, io». Non tanto per vantarsi, perché uno mica ambisce a fare il Mago di Arcella, ma tanto perché, è questo il caso, talenti nei talent se ne vedono così raramente, che quando ne capita uno non accorgersene diventa davvero da polli.
Nei fatti, ieri sera si è conclusa la quarta edizione di The Voice of Italy, rinominato da chi scrive il “talent che non lancia talenti”, e proprio ieri sera, miracolo, ha vinto un talento.
Ma questa non è una passeggera cronaca televisiva, né una critica televisiva, chi scrive non si occupa di televisione e, potendo, neanche di talent. No, questo è una sorta di gonzo reportage di quel che un talent è, dietro le quinte.
Perché succede questo. Come con le tasse la primavera, anzi, l’inverno che sta per diventare primavera porta un ennesimo talent in tv. The Voice of Italy, appunto. Uno non fa neanche in tempo a aver archiviato e presto dimenticato X Factor (qualcuno ha memoria di Giosada o degli Urban Strangers, per dire), che ecco ne inizia un altro. Anzi, due, visto che è partito pure Amici 15. Comunque, sta per arrivare la primavera ed ecco che arriva The Voice. Un talent che, nelle prime tre edizioni, non ha prodotto niente o quasi di interessante. Il quasi è un solo nome, non esattamente tantissimo. Per di più un solo nome che è fiorito e continua a fiorire, per grazia di Dio, fuori da lì. Parlo di Chiara Dello Iacovo, nome che, in questo reportage, tornerà a breve.
I nomi dei giudici arrivano a cavallo tra 2015 e 2016. In un mondo normale me ne sarei bellamente fregato, ma stavolta nel cast sono coinvolti due artisti che stimo, nonché due amici: Dolcenera e Max Pezzali. Questo mi induce, non può essere altrimenti, a seguire il tutto. Vengo invitato alla prima serata tv, che in realtà è registrata, in un contesto piuttosto strano. C’è una sala con un sacco di ragazzi giovani, i cosiddetti influencer. E tra questi cosiddetti influencer ci sono anche io. Che non sono giovane. Passo la serata a chiacchierare prevalentemente coi miei coetanei, a partire dai due nomi fatti prima.
Dolcenera è piuttosto perplessa. La sua prima puntata la sottopone a un fuoco incrociato di critiche sui social. Mi sembra un’ottima cosa e glielo dico, da fine polemista quale sono. Lei sembra dubbiosa. In realtà, la cosa funzionerà alla grande. Sarà proprio lei la vincitrice tra i coach, in virtù di quello che all’inizio le imputeranno come un essere sopra le righe. Io la definirò la “villain” del programma, e così in effetti sarà.
Lancio anche la proposta a La Talpa, la casa di produzione, di non prendere proprio in considerazione i concorrenti e di fare un talent solo coi giudici, ma per ora cade nel vuoto
Dopo questa prima puntata se ne susseguono parecchie altre. La formula del talent in questione funziona così. Ci sono tipo sei puntate di eliminatorie, durante le quali i quattro coach, i due che non ho ancora nominato sono Raffaella Carrà e Emis Killa, scelgono e sono scelti da ventuno cantanti. Questa fase si chiama Blind Audition, perché, come recita il titolo, è la sola voce a influenzare le scelte. Poi ci sono le Battle, in cui i cantanti si sfidano a gruppi, e poi i Knock Out.
Una roba lunghissima. Da cui non mi sembra esca nulla di particolarmente interessante se non i giudici, appunto. Lancio anche la proposta a La Talpa, la casa di produzione, di non prendere proprio in considerazione i concorrenti e di fare un talent solo coi giudici, ma per ora cade nel vuoto. Si arriva alla fase in cui si fanno le squadre vere e proprie che si sfideranno nei live. Considerate questo, circa centossessanta concorrenti in circa due mesi. Zero fidelizzazione sul pubblico. Nessun daily. Quindi, in pratica, questo è un talent che, a differenza degli altri, X Factor e Amici, non prepara una vera fanbase ai concorrenti, non prepara acquirenti ipotetici dei dischi dei vincitori. Lo dico. Lo ripeto. Rompo le palle. Mi pagano anche per questo.
Nel marasma generale identifico una ragazza di diciannove anni, Alice Paba da Tolfa, provincia di Roma. Mi sembra brava. La riascolto. Mi sembra molto brava. La ascolto di nuovo. Mi sembra un talento. Mi illumino. Succede raramente.
Dico a Dolcenera che voglio endorsarla, usando una parola orribile che però oggi è imprescindibile, quando vuoi endorsare qualcuno. Lo faccio.Partono i Live. E qui succede una cosa. Dopo aver sparato a palle di fuoco sul programma chiedo di essere accolto nel backstage. Già di per sé cosa strana. Non mi sembra che la cosa desti entusiasmo. Quindi provo le vie traverse. Passo dalla Universal, casa discografica che poi pubblicherà l’album di chi ha vinto, stando a quanto comincio a dire ovunque, in tutti i luoghi e in tutti i laghi, Alice Paba. La Universal mi mette in lista per gli accrediti. La cosa non passa inosservata. Niente. Un giornalista nel backstage no, non è previsto.
Mi propongono il pubblico. Dico, «a casa ho un divano comodissimo». Aggiungo, «ho anche le birre». Idea, chiedo a Dolcenera di accreditarmi come suo ospite. Lo fa e ho accesso al backstage. Ecco, da quando partono i live ho modo di assistere al programma dai camerini, girando per il backstage, cagando il cazzo come è mio solito fare. Un po’ di più del solito, perché a cagare il cazzo è, nel backstage, quello che in genere caga il cazzo in rete, quindi preceduto dalla sua fama. In realtà la produzione è molto carina con me. Del resto sto continuando a dire che vincerà Alice Paba, facendo una sorta di campagna elettorale senza precedenti, nei talent. Perché, diciamocelo, nessuno usa più esporsi. A che pro?
Se uno poi sbaglia arriverà qualcuno a rinfacciarglielo. E se invece ci azzecca si troverà confuso nel carro dei vincitori. Forse. Perché stavolta la faccenda prende pieghe un filo più impegnative. Praticamente prendo la residenza fiscale nel camerino di Dolcenera. Assisto agli psicodrammi delle dirette, con la scelta della coach, del suo manager-fidanzato Gigi Campanile, del suo vocal coach Cristian Milani di chi eliminare tra i ragazzi. Questa è un’altra diavoleria di The Voice. Una volta fatte le squadre, durante i live parte un concorrente per squadra a puntata. E a farlo partire è il resto della squadra. I ragazzi si sfidano all’interno del proprio team, senza incrociare quelli dei team avversari.I tipi della produzione, che inizialmente mi guardavano con diffidenza, ormai mi vedono come a una presenza fissa. Che so?, una cicatrice che ci si è fatti da piccoli, antiestetica e tutto, ma dopo un po’, dopo anni che ci passi sopra le dita per sentire l’irregolarità della pelle, finisci per volerle bene
Questo consente a tutti i coach di portare un concorrente in finale, è vero, ma presenta situazioni davvero bizzarre per cui, magari, i più bravi si trovano tutti in una o due squadre e se ne devono andare per lasciar posto a ragazzi decisamente meno portati. Succede anche quest’anno.
In finale arriva Alice Paba, magari un pochino anche grazie al mio endorsment. Arriva Elya Zambolin, belloccio e cesarecremoniano, per la squadra di Max Pezzali, arriva Charles Kablan, ragazzo di colore dalla voce femminea, per la squadra di Emis Killa, e arriva Tanya Borgese, per la squadra di Raffaella Carrà. Ecco. Io a quest’ultima impedirei anche di accedere ai karaoke di paese, ma sono opinioni, eh. Alice continua a sembrarmi nettamente superiore agli altri, e lo dico. Nel backstage, però, succede davvero di tutto, e devo dire che uno finisce quasi per affezionarsi al format. Quantomeno non è palloso come seguire la cosa in tv. Ci sono gli ospiti, che nella semifinale sono addirittura nove.
Alcuni li conosco, come gli Zero Assoluto, amici, come Fragola, come Annalisa. Altri no, e continuo a non conoscerli, come Alessio Bernabei. Ci sono i discografici, che invece conosco bene. Qui, nello sbrago del dietro le quinte, ci si lascia andare a considerazioni che, fossimo a microfoni accesi, mi potrebbero far svoltare. Ma ci si rilassa, e figuriamoci se voglio rompere le palle a gente che si rilassa. C’è pure Japino, per dire, che riconosco come tale alla terza puntata dei live. Non apre mai bocca, ma è sempre alle tue spalle, tipo la morte. Ti giri ed è lì, che ti guarda. I tipi della produzione, che inizialmente mi guardavano con diffidenza, ormai mi vedono come a una presenza fissa. Che so?, una cicatrice che ci si è fatti da piccoli, antiestetica e tutto, ma dopo un po’, dopo anni che ci passi sopra le dita per sentire l’irregolarità della pelle, finisci per volerle bene.Ogni volta che Alice Paba passa il turno, e passa sempre il turno alla prima occasione, vengono da me e mi danno il cinque, come se fossi un suo parente o parte del suo staff. La cosa mi sfugge di mano. Continuo pesantemente nel mio endorsement, e come fossi il personaggio di un fumetto di Alan Moore, comincio a lanciare moniti alla Universal: occhio che starò qui a controllare che, se vince lei, facciate un buon lavoro. Vi è sfuggita Chiara Dello Iacovo l’anno scorso, eliminata in semifinale, lasciata libera di andare altrove (chi partecipa ha un’opzione per svariati mesi con la Universal) e poi è andata a Sanremo ed è uscita assai bene.
Chiara Dello Iacovo, appunto. Ieri, anche nel pezzo uscito qui che prediceva, manco lo avesse scritto il Mago Othelma, la vittoria di Alice, la citavo. Era un po’ un modo per mettere le mani avanti (se perdi, Alice, potresti sempre seguire la strada della tua quasi coetanea Chiara, dicevo), un po’ un augurio sincero alla cantante di Tolfa, perché davvero Chiara ha fatto il salto nel mondo reale della musica, col suo Appena sveglia. Siccome ieri, appunto, c’era la finale, ho deciso di forzare la mano. Dopo aver costretto la produzione, nella persona della squisita Maria Grazia, a farmi incontrare a più riprese Alice, per interviste e chiacchierate, ieri ho forzato ulteriormente la mano.
Ho chiesto che con me ci fosse proprio Chiara Dello Iacovo. Mi sembrava un gesto carino, per Alice, e mi sembrava anche che fosse cosa buona e giusta per il programma. Un’artista finora è uscito di qui, un’artista riconosciuta come tale dagli altri, Chiara, chi meglio di lei per testimoniare che il programma non è solo fuffa? Dopo peripezie degne di un saltimbanco riesco nell’impresa, e ieri sera Chiara si è trovata a fare da endorsatrice a Alice. Questo prima di venire rapita dai ragazzi che si occupano dei social. Nel mentre, Emis Killa scatenava le armate della notte, chiamando a raccolta i vari Balotelli, Saturnino, Elisa, Selvaggia Lucarelli. Il backstage, per la finale, è stato assai animato.C’era la Universal, innanzitutto, e già la cosa è degna di nota, visto che sarà appunto la multinazionale in questione a pubblicare il lavoro del vincitore (della vincitrice, vabbeh, tanto sapete che ha vinto proprio lei, Alice Paba). Graziano Ostuni e Brando seguono il programma con attenzione, con me che gli sfracasso le palle dicendo quanto è brava Alice, ma loro già lo sanno. C’è Francesco Facchinetti, Claudio Cecchetto, Pierpa Peroni, tutti legati al team di Max Pezzali, c’è un via vai di discografici Sony, qui per la Michielin, ospite insieme a One Republic (registrati la domenica) e Jain. Ci sono nani e ballerine. E ci sono io.
Che non si capisce bene che ruolo abbia. Alice passa il turno, e tutti in qualche modo mi danno il cinque. Alice vince, e la gente lì dietro mi abbraccia. Mi sono candidato a essere il Pigmalione della ragazza, e in qualche modo credo stia succedendo. Per questo, preso atto che, per una volta, cosa rara, una ragazza di talento ha partecipato a un talent, è stata identificata come ragazza di talento, è stata endorsata, è arrivata in finale e ha vinto, nonostante le armate della notte che sui social spingevano altrove. Preso atto di tutto questo, prima di prendere parte all’after party finale, per poco, che poi alle sei e quaranta suona la sveglia che ci sono i bambini da portare a scuola.
Messi in archivio gli incontri fatti, tipo quelli con Giorgio Moroder, che un po’ sembra Nonno Simpson, e che dopo aver fatto una foto di rito con me, Cristian Milani e altri della produzione ci dice “siete belli”. Dopo aver incassato un tot di “stai diventando troppo buono”. Dopo aver bevuto un numero considerevole di vodka tonic usciti dal bar del camerino di Dolcenera. Dopo la vittoria finale di Alice, durante la conferenza stampa cui hanno avuto accesso anche gli altri giornalisti, quelli che il programma se lo sono visti in tv o nella sala stampa, ho buttato lì una proposta in conferenza stampa, proposta che ora formulo a chi di dovere, sempre con i gradi di “cagacazzo” conquistati sul campo.Ho buttato lì una proposta in conferenza stampa, proposta che ora formulo a chi di dovere, sempre con i gradi di “cagacazzo” conquistati sul campo
Ecco, quindi.
«Caro Carlo Conti, The Voice of Italy è il talent musicale della RAI. È giunto alla quarta edizione e finora l’unica artista di un certo rilievo uscita di qui è passata proprio nel tuo Sanremo, sezione Giovani, ottenendo un ottimo secondo posto e soprattutto venendo riconosciuta da critica e pubblico come un’artista, appunto. Ora, questa l’idea, perché non prendi in considerazione di accogliere direttamente Alice Paba nel cast del prossimo Festival? Così, d’ufficio, proprio in quanto vincitrice del talent della RAI? Lei è brava, se non hai avuto modo di sentirla fallo, io garantisco per lei. Potrebbe essere un’ottima occasione per una ragazza di talento, e potrebbe anche dare un senso a un programma che, altrimenti, corre il rischio di ridiventare incentrato prevalentemente sui coach. Distinti saluti, Michele Monina».
Detto questo, e andando a chiudere, lo posso dire serenamente. Io ve l’avevo detto. In tempi non sospetti. Vince Alice Paba. Ha vinto. Mi sono candidato a farle da Pigmalione. Lo ribadisco. Perché io ve l’avevo detto. Dai tempi dei tempi. Non è che ora voglia farvelo pesare. Però. In fondo. Magari. Che dire. Voi che pensavate mi stessi sbagliando. Voi che aspettavate per dirmi, almeno impari a esporti. Voi. Sucate.