Uber non paga le multe, i tassisti tornano in piazza

Protesta in Stazione Centrale a Milano contro una nota ministeriale che esenterebbe gli autisti privati dal pagare le multe. L'assessore Granelli: non è così

  

Quando la rivoluzione mobile arriva a toccare certezze consolidate il mondo si spacca sempre in due: da un lato gli entusiasti, dall’altro quell che non ci stanno. E se da un’app dipende il tuo futuro lavorativo, iniziato magari con un mutuo per comprare la licenza, allora scatta la protesta. Parola di tassista. A fine gennaio è successo a Parigi dove, come si vede nel video, circa 2.100 tassisti hanno bloccato la città e i collegamenti per l’aeroporto Orly (con tanto di blocchi stradali) per manifestare contro la “concorrenza sleale” di Uber. La società di San Francisco, attiva dal 2009, offre un servizio di trasporto automobilistico privato. Si scarica l’app, si prenota l’auto e si paga con carta di credito il gentile signore che ti viene a prendere. Perché la vera rivoluzione sta proprio qui: a guidare non sono degli autisti professionisti, ma utenti che come su altre piattaforme (tipo Blablacar o Airbnb) mettono a disposizione la propria quattro ruote e arrotondano lo stipendio. Un business che è arrivato anche a Milano dove mercoledì 4 maggio i tassisti hanno incrociato le braccia e occupato il piazzale della Stazione Centrale. Il motivo? Una circolare interpretativa del Ministero dei Trasporti che sembrava esentare gli autisti Uber dal pagamento delle multe beccate durante il servizio di trasporto. L’assessore alla alla Sicurezza e Coesione sociale del Comune di Milano, Marco Granelli, ha subito smentito dal suo profilo Facebook: «Il Comune e la Polizia Locale continuano a sanzionare Uberpop». D’altronde, il Tribunale di Milano aveva già accolto l’esposto dei tassisti e inibito l’utilizzo dell’app Uberpop. Ma una vittoria non basta, quando l’onda lunga della sharing economy arriva si alzano le barricate.

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